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Scritto da nel Numero 38 - 1 Maggio 2008, Politica | 1 commento

Con questa Sinistra non vinceremo mai

Nel lontano 2002, il saccente Nanni Moretti sbraitava dal proprio megafono al popolo dei girotondi: con questa sinistra non vinceremo mai. Dal momento che il regista di Brunico era senz'altro un cineasta di fama internazionale, mentre come capopopolo era quantomeno deficitario, molti gli consigliarono non a torto, di occuparsi della materia che meglio conosceva.

Da questo antefatto, e dal mai sopito snobismo intellettuale di cui Moretti si fece portabandiera, si possono trarre alcuni spunti di riflessione su quella che potremmo definire per la sinistra italiana la nuova Caporetto, inscenata con le consultazioni del 13 aprile 2008.

Le ragioni della sconfitta sono molteplici, variegate e difficili da ripercorrere nelle loro sfumature, riepilogando per sommi capi: il paese ha avuto una percezione altamente negativa della litigiosità insita nel governo Prodi (a prescindere dai risultati che questo ha saputo raggiungere), la sinistra radicale è stata per la prima volta esclusa dal parlamento italiano, in parte a causa del voto utile, ma in larga misura a causa della politica anacronistica perseguita da numerosi parlamentari e ministri (Ferrero, Giordano e Turigliatto in testa), ed infine, l'allarme sicurezza (vero o presunto che sia) legato al fenomeno di un'immigrazione totalmente indiscriminata, se per il PDL ha rappresentato un cavallo di battaglia durante la campagna elettorale, non ha invece rivestito il minimo interesse per la sinistra radicale, la quale ha continuato utopicamente ad interrogarsi sulle matrici sociologiche del disagio, piuttosto che su una credibile soluzione del problema.

Quello che serviva, dopo il disastro, era una forte e seria presa di coscienza sugli orizzonti angusti di una politica incapace di convogliare gli umori del elettorato e rivolta alla memoria piuttosto che all'innovazione. Essere di sinistra nel 2008, non dovrebbe significare ragionare per categorie marxiane vecchie di un secolo e mezzo, e nemmeno sbandierare la propria presunta superiorità morale nei confronti dell'elettorato di segno opposto.

Sono rimasto letteralmente basito, nel costatare come questa elementare consapevolezza, rappresenti invece una difficile conquista anche per quella che potremmo definire la moderna intellighenzia.

Giovedì 17 aprile, ad Anno Zero accanto agli illuminanti pareri dell'eterno Sartori, e alla pungente ironia bipartisan del solito Travaglio, l'architetto Massimiliano Fuksas ha dato vita ad un autentico sproloquio: Quello che manca in Italia è la cultura. Chi di voi sa chi era Euclide e perché è stato importante? Quanti sanno che l'algebra è stata importata in Europa nel 1200? Per poter votare si dovrebbero conoscere queste cose. Chi vota Bossi e Fini è un mentecatto. Ha poi proseguito imperterrito, sotto gli occhi divertiti di un noto editorialista del Giornale, sostenendo che una citazione attribuita da Berlusconi a Cesare, fosse in realtà di Cicerone. Premesso che la citazione in questione, presa dalle Vite parallele di Plutarco era effettivamente di Cesare, dobbiamo soltanto sperare che l'illuminato Fuksas non conosca l'architettura come dice di conoscere la storia latina.

Questa storiella, che di per sè significa poco, contiene invece un atteggiamento largamente condiviso, tipico purtroppo di una certa sinistra nostrana: quello di confondere la cultura con l'erudizione libresca, il sapere con l'affettazione, la solidarietà con il buonismo, ed infine quello di presupporre ontologicamente la propria superiorità morale. Non è difficile prevedere, che se la sinistra italiana non inizierà a sporcarsi le mani con qualcosa di più concreto rispetto alla metafisica della politica, il suo luogo naturale resterà per lunghi anni l'opposizione.

Partendo da una prospettiva diametralmente opposta, si può alfine concordare con la conclusione dell'antipatico e saccente Nanni Moretti, con questa sinistra non vinceremo mai.

1 Commento

  1. parole sante Anto, mi vine da fare un tagia e cuci per rassicurarmi che vengano rilette “confondere la cultura con l'erudizione libresca, il sapere con l'affettazione, la solidarietà con il buonismo. Non è difficile prevedere, che se la sinistra italiana non inizierà a sporcarsi le mani con qualcosa di più concreto rispetto alla metafisica della politica, il suo luogo naturale resterà per lunghi anni l'opposizione”

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