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Scritto da nel Economia e Mercati, Numero 38 - 1 Maggio 2008 | 13 commenti

Il De-Meritocratiae

Il De-Meritocratiae

Parliamo di un contratto di lavoro, anche se in Italia sembra abbia assunto più le sembianze di un contratto assicurativo. Nel settore pubblico il contratto a tempo indeterminato significa garanzia contro il verificarsi di eventi futuri incerti e preoccupanti, come il licenziamento per giusta causa. Un’assicurazione contro il rischio del dover pure lavorare. Questo perché il salario percepito non dipende dall’impegno, dai risultati o dalle capacità del dipendente; solo ne riflette l’anzianità.

Ecco da dove spuntano i nullafacenti, la piaga di questo paese fondato sul lavoro. Le nostre tasse, i nostri soldi vanno a foraggiare un sistema che dà lavoro ad impiegati assenteisti, dipendenti fannulloni e scrocconi, sgarbati sportellisti, chirurghi velisti. E d'altronde l'assenza di monitoraggio e valutazione libera i dipendenti da responsabilità verso il loro (non) operato. Si deve correre al più presto ai ripari, cacciarli tutti. Dove? Problema secondario.

Forse esagerato nei toni, ma questo è il concetto di fondoche si percepisce oggi parlando di nullafacenza. E, si sa, diagnosticata la malattia, trovata la cura: eccola la meritocrazia, quella forma di governo dove le cariche amministrative, le cariche pubbliche, e qualsiasi ruolo che richieda responsabilità nei confronti degli altri, è affidata secondo di merito, e non di appartenenza lobbystica, familiare o di casta economica” (wikipedia) La meritocrazia è in quest'ottica quel sistema organizzativo adeguato a riportare efficienza nel settore pubblico, magari attraverso il taglio di personale.

Quale sia la medicina più appropriata a risanare l’attuale stato di inefficienza del settore pubblico dipende però da come la nullafacenza sia reputata: se l’origine o il risultato di una cattiva amministrazione.

L'opinione di chi scrive è che pensare alla nullafacenza come causa di improduttività sarebbe sbagliato, oltre che riduttivo. Crediamo piuttosto sia più corretto pensare a quel fenomeno dei fannulloni ampiamente denunciato dagli editoriali di Ichino sul Corriere come la conseguenza di un sistema inefficiente.

Come da definizione, la meritocrazia è un sistema di allocazione delle responsabilità: i lavoratori diventano responsabili delle proprie azioni e scelte, rispondendone in prima persona. Ad esempio, una persona è retribuita in funzione della qualità del suo lavoro, premiata per i suoi meriti, penalizzata per i suoi demeriti.

Pensiamo per esempio ad un professore di diritto privato che, dopo essersi aggiudicato la cattedra con concorso pubblico, non si presenta mai a lezione, non pubblica articoli, ma dedica il suo tempo all’esercizio dell’avvocatura. Le sue inadempienze sono un costo per la società, un costo del quale egli è responsabile, ma per il quale pagheremmo tutti noi. Tutti concorderemmo nel ritenere opportuno un suo licenziamento, ma a quanti verrebbe in mente di chiamare in causa anche i membri della commissione che lo hanno valutato e scelto tra tanti? Certo, non è la commissione a dover rispondere in prima persona per l’assenteismo del professore, eppure meritocrazia vuole che anche i commissari, avendo dato prova di non aver fatto una buona scelta, si assumano quella parte di responsabilità che gli compete. Davanti al rischio di esser sostituiti da commissari più competenti ed oggettivi di loro, forse anche i membri della commissione svolgerebbero più diligentemente il proprio lavoro. E magari invece dell’insegnante assenteista, ma figlio del prof. Boldoni, ci starebbe un ricercatore più volenteroso

illustrazione di Anna Ciammitti

Consideriamo adesso un accordo pre-elettorale tra sindaco e sindacato per l’assunzione di 1.000 nuovi dipendenti che causerà, in cambio di un successo elettorale garantito, un eccesso di personale pubblico. 1.000 nuovi impiegati senza un ruolo determinato, messi lì a scaldare la sedia. Ecco l’idea, forse sbagliata, che il far nulla per qualcuno di quei mille possa non essere poi tanto dolce, ma al contrario risultare frustrante ed avvilente. L’ozio forzato degenererebbe facilmente in stato di assuefazione, in un far-nulla-cronico iniziato senza colpa propria alcuna. Ma di chi è la responsabilità? Sorge il dubbio che in questo caso l’eventuale fannullone licenziato, tagliato dalle forbici di una meritocrazia miope, stia pagando per conto di terzi.

Banalmente, se esiste un neo-assunto allo sportello informativo che non conosce l’inglese, la responsabilità è di chi è stato scelto o di chi lo ha scelto?

Come la punta di un iceberg, i fannulloni sono il segnale più visibile di un sistema non funzionante, ma ne rappresentano solo una piccola porzione. Istituire un organismo che si sbarazzi giusto di loro, mera evidenza di una cattiva amministrazione, sarebbe improduttivo oltre che profondamente scorretto eticamente.

Se Giorgo Guazzaloca, ex-sindaco di Bologna e trombato politico alle ultime elezioni comunali, si ritrova attualmente ai vertici dell’Autorità Antitrust nonostante la sua mai dimostrata conoscenza ed esperienza nel campo della concorrenza, la responsabilità è soprattutto di in un sistema politico clientelare basato sulla lottizzazione delle cariche pubbliche.

Questo Paese ha un disperato bisogno di meritocrazia, cominciando dai più alti livelli del sistema politico ed istituzionale. È il principio per una democrazia sana dove anche il voto viene dato in base al merito.

La meritocrazia è un principio bello, ma se in questo Paese la si vuole applicare, allora diventa necessario valutare appropriatamente il rischio di scivolare in un sistema in cui il merito sia valutato da soggetti totalmente inappropriati e scelti da soggetti altrettanto immeritevoli. È il problema del “chi controlla i controllori”. Un problema non trascurabile in un paese in cui da tempo i vincitori di oggi sono i trombati di ieri. Se tralasciato, non stupiamoci un domani di trovare su wikipedia la definizione di Meritocrazia all’italiana: arte del premiare la produttività del dipendente attraverso metodi di classificazione derivanti da paremetratizzazioni costruite su indici di valutazione aleatoriamente scelti da soggetti assolutamente estranei al processo produttivo in questione ma da qualcuno ritenuti di dichiarata fama.

Se questa è l’alternativa meglio la progressione per anzianità, che per lo meno rimane un criterio oggettivo.

Il 28 maggio si terrà presso l’università Bocconi una conferenza dal titolo: “Meritocrazia, per rilanciare la società italiana”, l’invito recita: “La carenza di merito nella società italiana sta diventando un tema sempre più urgente, ripreso ogni giorno da stampa, studiosi e comuni cittadini. La mancanza di merito è un problema che, se non affrontato con coraggio e decisione, continuerà ad essere un ostacolo allo sviluppo del nostro paese”.

Ci auguriamo che in data sede si discuta anche su come responsabilizzare il lavoro degli assunti e soprattutto di coloro che, in questa società, assumono.

13 Commenti

  1. Che in Italia ci sia una totale assenza di meritocrazia è dato di pubblico dominio.
    E' un problema riconducibile, come molti altri, all'inadeguatezza del sistema istituzionale e di quello politico.
    E anche questo lo si sa.
    Quello che non si sa, o per lo meno, che io non so, è da dove si può partire per riformare tutto il sistema; ovvero come convincere i vertici implicati in questo sistema de-meritocratico, ad autopenalizzarsi riformando il sistema a loro scapito.
    Ciò che vi chiedo è se nell'elaborazione dell'articolo avete trovato spunti di riflessione anche in questa direzione.

    Saluti

  2. Io non credo che questo problema sia causato dall'inadeguatezza del sistema politico, che anzi credo ne sia l'effetto.
    Quella che manca in Italia, la storia ce lo insegna, è una diffusa cultura di civismo ed etica pubblica. Pensiamo ai gentiori che ritengono che gli insegnanti abbiano sempre torto e i bambini (viziati) sempre ragione, o che l'arbitro dei pulcini (un ragazzino) sia cornuto, e così via.
    Altro che le ronde notturne per le birre, RONDE CULTURALI SERVONO AL NOSTRO PAESE.

  3. come scriviamo nell'articolo, forse il prblema principale è come distribuire le responsabilitàtra le diverse figure istituzionali in modo che ognuno risponda in maniera efficiente (nè troppo nè troppo poco) e diretta delle proprie azioni e scelte.
    diversamente da Tobia penso che la politica italiana di oggi – dove un rutelli dopo aver perso el elezioni nazionali viene ricandidato a roma (e dopo aver perso quelle ancora ce lo troveremo in giro) – è una delle cause principali di demeritocrazia..è la politica delle nomine pubbliche per credo e non per competenza, è la politica del riciclaggio dei politici trombati, è la politica dove nessuno è tenuto a rispondere in maniera diretta delle proprie scelte (se non con il voto – ma si sa se non c'è molta scelta il voto non può essere indice di merito)..

  4. Personalmente, penso che la politica, vista la sua pervasivita' nel sistema Italia, sia causa del problema “mancanza di meritocrazia”.

    Detto questo, credo anche che stare a discutere se l'uno sia causa e l'altro effetto o viceversa ci porta allo stallo.
    E' nato prima l'uovo o la gallina?
    E' il solito giochino a cui si assiste in Italia. Gli elettori si distaccano dalla politica (secondo me a ragione e razionalmente dal loro punto di vista) perche' “tanto sono tutti ladri” e quindi votano tappandosi il naso alla meno peggio. I politici, a loro volta, quando le cose si mettono male dicono “ah ma ci hanno votato loro”.

    Si sono distaccati prima gli elettori, o ci sono piovuti addosso sti politici e col tempo si sono distaccate le masse??
    E' una domanda che non ha risposta e ci fa perdere tempo.

    Ronde culurali prima per cambiare la politica poi o cambiare la politica poi per dare il buon esempio?
    Chi lo sa…ma di sicuro stare a disquisire non fa altro che peggiorare il problema e regala tempo a chi sta mandando in rovina l'Italia.

    Personalmente, comunque, sono d'accordo con Stefano, e inizierei col cambiare la politica, essendo questa cosa pubblica e, a livello teorico, d'esempio per il popolo.

    Se Veltroni ora tornasse a far fallire dei giornali scadenti e non facesse piu' vedere la sua faccia in pubblico (come succede ovunque nei paesi sviluppati, per esempio in Inghilterra) e Rutelli a fare studi politici nei suoi mediocri centri studi per trombati politici, amici e parenti, sarebbe un buon inizio.

    Poi, certo, se riuscissimo a convincere dall'oggi al domani 60 milioni di Italiani a fare la fila alle poste e a pagare le multe invece che correre dietro ai vigili, potremmo stare sicuri che Rutelli non ce lo troviamo come ministro della super-c***ola nel governo Prodi del 2054.

  5. Premetto che condivido sostanzialmente l'articolo, che individua nel sistema di relazioni inefficienti la fonte della demeritocrazia.

    Faccio un esempio. E' più grave che l'Unità esista anche se ha delle difficoltà commerciali grazie al finanziamento pubblico, oppure che l'Università di Bologna abbia chiuso il corso di Economia Politica? E che in occasione della riforma universitaria che avrebbe consentito di snellire gli studi i professori abbiano preferito moltiplicare senza senso i corsi per auto-riprodurre i propri privilegi?

    Problemi del genere sono connaturati al nostro Paese. Vale per il pubblico o ex pubblico, ma vale anche per il privato dove chi ha una rendita se ne approfitta (visto che in tale caso ci guadagna pure).

    Allora io dico una cosa.
    Abbiamo detto che la politica è una cosa malata, demeritocratica e alla fine inutile che tanto vale non votare. Ammettiamo pure che sia causa dei problemi (anche se secondo me insieme queste due osservazioni stridono, ma va be).

    A noi non resta che la scelta tra due cose: lamentarci della politica e basta oppure perseguire il nostro interesse particolare, specialmente se lo riteniamo meritevole, per cambiare quel che ci sta intorno.
    Premesso che questo è il modo di comportarsi normale (anche dei politici che non si dimettono evidentemente), ritengo che a tal fine sia preferibile partire dal mezzo pieno e delle cose da fare (come fa l'articolo) a prescindere dal fatto che 'la politica non cambi'.

    Ma altrimenti voi come fareste a cambiare la politica? Stiamo a pensare ancora a Rutelli o a Grillo? Guardate che così diventiamo peggio di loro…

  6. Condivido con Michele l'inutilità di discutere sul “è nato prima l'uovo o la gallina”.

    Non vorrei essere petulante, ma non posso fare a meno di notare che nei vari commenti successivi al mio nessuno ha tentato di rispondere alla questione posta. Soffermandosi invece in una continua e buona da bar elencazione di ciò che manca, dei problemi e di come si evidenziano..

    Rimando dunque questo commento al commento #1, invitandovi a rispondere.

    Non mi aspetto soluzioni, ma solo semplici spunti da cui partire

  7. ciao Filipppo, a dire il vero io nell' articolo pensavo di aver messo in luce quale sia la strada necessaria da intraprendere per riformare il sistema. ed anche nel mio commento avevo rsposto con queste parole che copio e incollo “come scriviamo nell'articolo, forse il problema principale è come distribuire le responsabilità tra le diverse figure istituzionali in modo che ognuno risponda in maniera efficiente (nè troppo nè troppo poco) e diretta delle proprie azioni e scelte”.
    una volta diagnosticata la causa prncipale dell'inefficienza, è proprio intervenendo su questo aspetto che bisognerebbe, a mio avviso, lavorare per migliorare il sistema, facendo cioè delle leggi e dei criteri di valutazione che responsabilizzino le persone del loro operato. è l'esempio che faccio nelle nomine universitarie..una soluzione? ritenere anche i commissari responsabili delle scelte fatte..chi sbaglia paga e perde il diritto di partecipare ad una commissione di valutazione.

  8. Capisco e concordo col tuo punto,
    ma come fare se i legislatori sono coloro che peccano di inefficienza e che altresì vogliono privilegi, ma non responsabilità?
    Come ho espresso prima “come convincere i vertici implicati in questo sistema de-meritocratico, ad autopenalizzarsi riformando il sistema a loro scapito”?

    Penso sia questo il vero punto della situazione.

    L'unica idea che mi sovviene è che ci vorrebbe qualcuno “che scenda in campo”, ma c'è già stato 14 anni fa e non ha prodotto buoni risultati…

  9. Anche io ritenevo di avere espresso un 'modus operandi', mi spiego meglio.

    La politica non va? Allora ce ne disinteressiamo, tanto non possiamo cambiarla, e miglioriamo quel che ci sta intorno (lavoro, universita ecc), discutiamo con L'Arengo e vediamo se combineremo di meglio.

  10. Ottimo Tobia…ti prendiamo in parola.
    La politica non va?? Allora ce ne disinteressiamo.

    Iniziando dall'Arengo. Che dite, non e' ora di smettere di parlare di politica italiana??

  11. eh eh eh…non so se il tono di Tobia fosse ironico..ma piglio la palla al balzo che ha lanciato Michele..non sarebbe male se all'interno dell'arengo si parlasse un pò di più di problemi politici e un pò meno di politica..poi si sa, bisogna un pò rispondere alle esigenze di mercato, ed ai lettori il politichese non affascina più tanto

  12. Appoggio la mozione Clo.
    Piu' politica e meno politichese.
    Meno manifesti e piu' analisi.

  13. Chi vuole scrive di politica, chi no se ne disinteressa… ihihih

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