Pages Menu
RssFacebook
Categories Menu

Scritto da nel Economia e Mercati, Numero 40 - 1 Giugno 2008 | 1 commento

Alice nel Paese di Eurolandia: il come e il perchè della strategia della BCE

Tra il giugno 2006 e il giugno 2007, la Banca Centrale Europea è intervenuta diverse volte sui tassi d’interesse, aumentandoli gradualmente, e portandoli così dal 2,75% al 4%. Dall’ultimo intervento è passato un altro anno, nel corso del quale tre principali fattori di crisi hanno colpito l’economia mondiale: il rallentamento dell’economia americana e la crisi dei mutui subprime, propagatasi in parte anche nel vecchio continente; la crisi alimentare, che sta colpendo in maniera particolare i Paesi in Via di Sviluppo ma ha le sue ripercussioni un po’ ovunque, e l’inarrestabile ascesa del prezzo del petrolio, oramai nettamente sopra i 100 dollari al barile.
 
Di fronte al rallentamento dell’economia americana dell’ultimo anno, la Federal Reserve ha assunto una strategia fortemente anticiclica, tagliando a più riprese i tassi d’interesse[1]. Di fronte alle scelte di politica monetaria compiute negli USA, molte voci si sono levate anche in Europa, sostenendo che la BCE dovrebbe fare lo stesso: nonostante ciò, i tassi sono da un anno lì, al palo, al 4%. La spiegazione fornita dall’Eurotower è, fondamentalmente, che le pressioni verso l’aumento dell’inflazione non si sono esaurite e dunque il costo del denaro, per ora, non calerà.
 
In Italia, un paio di mesi fa, sulle autorevoli colonne di Repubblica, Eugenio Scalfari si è fatto portavoce di questa critica alla strategia di politica monetaria della BCE, sostenendo che, con i tassi americani che diminuivano e quelli europei che restavano costanti, si “marciava verso il disastro”. Bisognerebbe riservare queste espressioni a casi ben diversi, soprattutto dal momento che l’idea che la BCE dovrebbe ridurre i tassi in questo momento non è necessariamente condivisibile. Anzi.
 
Ci sono due errori insiti in queste critiche e questo allarmismo: il primo è la sottovalutazione del ruolo dell’inflazione, il cui controllo è l’obiettivo principale della BCE; il secondo è l’idea implicita che, se la Fed taglia i tassi, allora quella è la politica giusta.
Ma allora, perché la BCE è rimasta “Sfinge di fronte al caos finanziario”, per citare Scalfari? Per due motivi principali: per non perdere di vista l’inflazione, e perché garantire la stabilità sui mercati finanziari non passa necessariamente per un taglio dei tassi d’interesse. Per quanto riguarda il secondo motivo, basti pensare che, nel momento di maggiore difficoltà del settore finanziario, (agosto 2007) la BCE è intervenuta massicciamente, fornendo a più riprese liquidità a brevissimo termine al sistema finanziario, al fine di evitare episodi di panico sul mercato monetario.
 
Per quanto riguarda il primo motivo, invece, le domande sono fondamentalmente tre: perché l’inflazione è il pilastro principale della Politica Monetaria della BCE? Perché non è possibile fare “uno strappo alla regola”? Qual è l’impatto di queste scelte di politica monetaria sui mercati valutari?
 
Perché è importante controllare l’inflazione?
L’inflazione (o meglio, un’inflazione instabile e fuori controllo) è un costo per la società. Ha una natura subdola, perché è difficile da percepire nel breve periodo. Gli economisti parlano di “tassa da inflazione”: a causa di quest’ultima, la moneta liquida perde valore, o meglio potere d’acquisto, e in questo modo l’inflazione agisce come una tassa per il consumatore. Nel lungo periodo, l’inflazione è dovuta ad una crescita eccessiva dell’offerta di moneta. Mantenendo l’offerta di moneta sotto controllo, la Banca Centrale tutela il potere d’acquisto dei cittadini, ponendo un limite alla tassa da inflazione. Inoltre, l’inflazione genera delle distorsioni nel sistema fiscale, nella misura in cui esso non è indicizzato (il cosiddetto “fiscal drag”): la pressione fiscale aumenta a causa dell’inflazione. Quando la tassazione è progressiva, come in Italia (cioè, a scaglioni di reddito più elevati sono applicate aliquote fiscali più alte) l’espansione inflazionistica dei salari spinge i percettori di reddito verso scaglioni più alti, influenzando negativamente il reddito disponibile.
 
Perché non è possibile fare uno “strappo alla regola” in un momento di difficoltà come questo?
Una volta assodato che controllare l’inflazione è importante, è lecito domandarsi se sia possibile fare uno strappo alla regola in situazioni particolari.
Una Banca Centrale con l’obiettivo di inflazione bassa e stabile deve dimostrare di essere credibile. Credibilità, in questo caso, vuol dire generare aspettative che l’obiettivo che è stato annunciato sarà effettivamente realizzato. Infatti, l’inflazione di oggi dipende anche da quello che gli agenti economici si aspettano sarà fatto in futuro; per essere credibile, la Banca Centrale deve dimostrare di non essere soggetta a pressioni politiche e sociali nel perseguimento dei propri obiettivi.
In generale, le Banche Centrali più indipendenti dai Governi mostrano maggiore capacità di controllo dell’inflazione, perché non sono influenzate da considerazioni di natura elettorale e politica. Nel momento in cui cedesse a pressioni politiche, la BCE dimostrerebbe di non essere realmente impegnata a controllare l’inflazione.
 
Qual è l’impatto di questa strategia di politica monetaria sui mercati valutari e sul cambio euro/dollaro?
Molti osservatori sostengono che le scelte di Politica Monetaria della BCE stiano provocando un eccessivo rafforzamento dell’euro rispetto, in particolare, al dollaro e alle valute ad esso ancorate, tra cui quelle asiatiche, danneggiando così la competitività delle aziende europee.
Innanzitutto, la competitività non dipende solo dalle dinamiche dei tassi di cambio nominali, ma anche dei prezzi relativi, quindi dai tassi di cambio reali.
Inoltre, il dollaro si sta svalutando non solo contro l’euro ma contro tutte le principali valute. Il deprezzamento del dollaro era stato previsto negli scorsi anni da molti economisti, ed ha radici ben più profonde. Non è dovuto al differenziale dei tassi ma ai fondamentali; l’economia degli USA sta attraversando un processo di aggiustamento che implica, tra le altre cose, un deprezzamento del dollaro, necessario a ridurre l’enorme disavanzo commerciale americano. Inoltre, è proprio grazie al supereuro se siamo stati toccati in modo limitato dagli aumenti del prezzo del petrolio. In generale, un euro forte mantiene basso il prezzo delle importazioni per noi europei, e questo contribuisce a controllare l’inflazione e l’aumento dei prezzi delle materie prime importate. Questo argomento è di particolare importanza per l’Italia.
Quello che accade sin dal 1999, purtroppo, anche a causa dei messaggi distorti e un po’ semplicistici trasmessi dai telegiornali, è che tendiamo a lamentarci sia quando l’euro è forte, sia quando è debole.
 
Mantenendo una seria politica antinflazionistica, la BCE si sta costruendo la reputazione di “degna erede della Bundesbank”, e sta evitando di surriscaldare artificialmente l’economia. Attualmente, il tasso d’inflazione nell’area dell’ euro è al 3,3%, ben sopra il tetto massimo del 2% previsto negli obiettivi di Politica Monetaria della BCE. Fintanto che non mostrerà una tendenza a ritornare verso tale livello, la BCE non ha motivo di ridurre il costo del denaro.
 



[1] Si veda, a riguardo, l’articolo di Beatrice Pataracchia su questo numero di Arengo.

1 Commento

  1. Caro Gaetano,

    Complimenti per l'articolo, che approvo in toto. Gia' in un mio articolo tempo fa, avevo sollevato dubbi sul fatto che il “popolo” in Italia dia sempre la colpa dell'Euro. Anche se, alla fine, si sa che da quando c'e' l'euro costa tutto il doppio e 100 mila lire sono poi 100 euro.

    “Quello che accade sin dal 1999, purtroppo, anche a causa dei messaggi distorti e un po' semplicistici trasmessi dai telegiornali, è che tendiamo a lamentarci sia quando l'euro è forte, sia quando è debole.”

    Sempre colpa dell'Euro.
    A riguardo, penso che si siano varie componenti.
    Una e' sicuramente l'ignoranza economica delle classi dirigenti, delle “elite” italiane. Ebbene si, mi rifersico a gente come Eugenio Scalfari o (se e' per questo) Giulio Tremonti, che solo in virtu' del fatto che fanno i giornalisti/politici/commentato ri pensano di poter aprire bocca su qualsiasi argomento. Mi ha sempre afascinato come gente con la benche' minima preparazione in materia economica diventi overnight un'autorita' in materia. E si senta in obbligo di renderci partecipi delle loro “creativita'” economiche.

    Questa componente e' border-line con la giavazziana mancanza di meritocrazia in Italia.
    Quante volte mi sento dire, con il fior fiore di economisti italiani che ci sono in giro, “mah, alla fine Tremonti e' competente”. Oppure “Enrico Letta e' preparatissimo in materia economica”.
    Mi viene quasi da chiedermi cosa stiano facendo i poveri dottorati come te!!
    Cosa penserete poi di imparare da tutti quei libri e quella ricerca sterile che non vi potrebbero insegnare ad una riunione di partito o in uno studio da commercialista, non lo capiro' mai.

    A mio giudizio pero', la componente piu' importante che giustifica la “E' tutta colpa dell'euro” school of thought, ha a che vedere con il concetto di vincolo esterno e mancanza di political accountability/responsibility.
    Mi spiego. Negli anni 90, per giustificare la politica lacrime e sangue, ci si appello' in maniera molto forte al “vincolo esterno”. Ovvero “io eviterei di sovrattassare gli italiani e di mettere a posto i conti pubblici per un paio di anni, ma poi chi glielo dice a Bruxelles?”. “Maledetto Maastricht che ci impone regole che non vorremmo”.
    Hai mai fatto caso che ora lo stesso argomento e' tornato utile a tutti?
    L'unica cosa che la classe politica ha fatto in 15 anni in Italia di strutturale e' stato l'ingresso nell'euro che, diciamolo pure, ci ha salvato il didietro.
    Nessuno aveva scelta. Entrare nell'EMU, era un persorso obbligato sociopoliticamente (gli italiani sono – o almeno erano- europeisti per natura), politicamente (i politici sapevano che starne fuori sarebbe stato mortale e che ne avrebbero pagato le conseguenze), ed era l'unico modo per evitare il suicidio economico.

    Nonostante questo, Prodi ora si fa bello dell'ingresso nell'euro come se avesse preso la decisione del secolo (ok ok, un po' di merito cell'ha!!), ma al tempo biasimava (in parte) il vincolo esterno. Berlusconi, da parte sua, al tempo attaccava a fini elettorali Prodi per la politica lacrime e sangue (pur sapendo che nella posizionje del mortadella, le opzioni erano, come dire, limitate); in tempi piu' recenti, ogni volta fa un disastro, chiama in causa i comunisti della EU.

    L'unico modo per fare scelte obbligate, in Italia, e' scalciando (o meglio, facendo finta di scalciare) come un asino e trovando qualcuno su cui puntare i riflettori. La prima repubblica ci ha lasciato in eredita' conti pubblici per la serie “non ci resta che piangere”. Arriva l'EU e ci dice “bambini, avete intenzione di fare qualcosa in proposito o avete deciso per la bancarotta?”, e noi, proprio come i bambini, facciamo i compiti che sappiamo sono un bene, salvo poi fare i gestacci alla mamma di nascosto.

    L'argomento “Il super euro ci ha resi piu' poveri” e' la stessa cosa, in un certo senso.
    Nessuno si prende la responsabilita' di dire: “Abbiamo fatto un casino della madonna in italia e ora qualcuno deve pagare il conto”. Molto piu' semplice ricordare the good old times delle svalutazioni competitive che tanto ci hanno fatto male e che ancora paghiamo. Molto piu' semplice, se sei Tremonti o Visco, dire che l'euro e' basso quindi l'import costa troppo e l'inflazione sale, o l'euro e' alto quindi l'export ci rimette. E sbraitare contro i tecnocrati di Francoforte che rallentano crescita ed investimenti con i tassi alti.
    Il trucco e' vecchio, ma sembra funzionare.

    Alcuni sono proprio ignoranti in materia e pensano sinceramente che sia colpa dell'euro. Come se un pezzo di carta avesse vita. E' come prendersela con la bilancia perche' ingrasso. Ma vaglielo a spiegare che senza l'euro l'Italia sarebbe in default!!
    Altri, sanno benissimo come stanno le cose. Ma non sono accountable per quello che fanno e le decisioni che hanno preso. Non hanno il minimo senso di responsabilta' civica che serve per ammettere che e' dura. E che se e' dura, non e' colpa della ECB.
    Sara' una coincidenza se il sub-prime non ha praticamente toccato l'Europa. Sara' una coincidenza come EU cresciamo pochino ma stabilmente e non ci dobbiamo preoccupare eccessivamente (per ora) della recessione. Lunga vita alla ECB. E lasciamo che si lamentino del super euro. Se sono tanto convinti del loro argomento, perche' non revocano l'euro?
    Perche' senno', oltre a condannarci alla bancarotta, perderebbero pure un efficace capro espiatorio.

    Da Noisefromamerika:

    Il giorno del Giudizio Universale, Dio chiamò a sé tutti gli uomini del mondo, con le rispettive consorti. Chiamò l'Inglese e l'Inglese rispose:
    “Eccomi!”
    Chiamò il Cinese e il Cinese rispose:
    “Sono qui!”
    Uno dopo l'altro, Dio chiamò il Russo, il Francese, il Greco, l'Americano, il Giapponese, il Polacco, il Finlandese, l'Arabo, l'Australiano, il Turco, l'Indiano, il Nigeriano, il Marocchino, il Sudafricano nero e il Sudafricano bianco, il Portoghese, l'Israeliano e tutti, nella loro lingua, risposero:
    “Presente!”
    Di ognuno Dio esaminò le virtù e i vizi e mandò tutti in Purgatorio: perché nessuno meritava il Paradiso, e nessuno era abbastanza malvagio da meritare l'Inferno. Poi Dio chiamò l'Italiano, ma non ebbe risposta. “Cosa può essergli successo, – si chiese – perché l'Italiano sia assente?” Tornò a chiamarlo. Allora l'Italiano, vedendo che tutti si erano voltati verso di lui e lo stavano guardando, spalancò gli occhi e si mise una mano sul petto. Domandò:
    “Chi, io?”

    Aggiungo: “Chi, io?”, “No, l'euro”.

    Scusa se mi sono dilungato. Avevo in mente di scrivere un articoletto a riguardo poi mi hai anticipato, in un certo senso.

    Un saluto a tutti

Lascia un commento a Michele Annulla risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>