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Scritto da nel Energia e Ambiente, Numero 41 - 16 Giugno 2008 | 0 commenti

Only the good die young: la parabola dei Grünen tedeschi

Pochi partiti moderni possono vantare l'influenza esercitata dai Verdi tedeschi (i Grünen) non solo sulla scena ma anche sulla cultura politica del proprio Paese. A partire dalla loro fondazione nel 1980, i Grünen sono stati tra gli interpreti più evoluti delle nuove istanze di democrazia dal basso, pacifismo e sviluppo sostenibile in termini sociali e soprattutto ambientali, emerse dalla 'rivoluzione' Sessantottina, e hanno conferito loro un'innovativa concretezza governativa, prima a livello locale poi a quello federale.

Incubati nelle sfide della Germania ovest degli anni '80 – i progetti missilistici contro l'Unione Sovietica, la corsa verso il nucleare, il cambiamento della rigida struttura sociale e politica tedesca -, i Grünen si sono costituiti come un'alleanza in grado di creare una sintesi tra una vasta varietà di movimenti dalle più disparate finalità. Non senza grandi difficoltà di comunicazione reciproca, gruppi pacifisti, ambientalisti, femministi, spontaneisti, persino marxisti e maoisti, si sono identificati in un progetto comune a cui è stato dato seguito con la progressiva assunzione di incarichi di governo.

L'ambientalismo ha senza dubbio costituito il filo conduttore dell'azione politica dei Verdi: emblema dell'evoluzione delle necessità della piccola e media borghesia tedesca, appagata nei suoi bisogni materiali e preoccupata più della soddisfazione di istanze più intangibili, i temi della qualità dell'aria, della salute, della diversificazione energetica sono passati da idealistiche rivendicazioni di una nicchia intellettuali a temi di notevole rilevanza per l'opinione pubblica. Al contrario dell'ottuso ambientalismo dei 'no' nostrano, i Grünen non hanno solo condotto la campagna anti-nucleare, ma hanno anche promosso una serie di campagne a favore delle energie rinnovabili, del 'vuoto a rendere' per il riciclo dei vetri, dell'agricoltura biologica della pedonalizzazione dei centri cittadini, dell'espansione delle piste ciclabili, che negli anni hanno prodotto i risultati avanzati osservabili ora in Germania.

Gran parte del successo dei Grünen è anche dovuto al particolare stile di organizzazione interna del partito: l'alternativa alle degenerazioni verticistiche delle gerarchie politiche è stata trovata nella costituzione di una leadership bicefala – rigorosamente rispettosa della parità sessuale -, di un meccanismo di rotazione delle cariche di dirigenza del partito e di incarichi di rappresentanza parlamentare, da un sistematico ricorso al Congresso per decidere la linea interna. Un modello di democrazia dal basso che ha intercettato lo straordinario attivismo civico di una parte della società tedesca, soprattutto nelle regioni della Ruhr, dell'Assia e nelle grandi città del Nord, e si è consolidato in pratica di governo attraverso un rapporto estremamente diretto ed informale con i cittadini.

La storia dei Grünen non è ovviamente solo rose e fiori. Nonostante il grande fascino esercitato negli altri Paesi europei con la nascita di partiti analoghi ed ispirati al modello tedesco, la conflittualità delle anime interne al partito ne ha sempre minato la credibilità e l'efficacia. I resoconti dei Congressi verdi appaiono più come rese dei conti tra fazioni fratricide che come edificanti discussioni sull'azione collettiva: in particolare l'emergenza di una leadership vigorosa e di straordinario successo come quella di Joscka Fischer ha determinato da una parte la fortuna elettorale del partito, dall'altra una spaccatura endemica tra fondamentalisti e realisti. Cioè tra quei gruppi intransigenti nel rifiuto di responsabilità di governo per 'non sporcarsi le mani' e coloro che, come Fischer, hanno accettato di venire a patti col sistema politico e partitico tedesco e hanno condotto i Verdi alla vincente coalizione con la SPD nel governo Schröder.

Nonostante il raggiungimento di risultati di importanza capitale per la Germania, prima fra tutte la definitiva consacrazione della tutela dell'ambiente, della salute dei consumatori e delle energetiche alternative come principi comunemente accettati nelle politiche del governo, le controversie sgorgate dall'abbandono del pacifismo intransigente con la partecipazione delle truppe tedesche all'operazione militare in Kosovo sotto la guida dello stesso Fischer – diventato vice-cancelliere e ministro degli Esteri, hanno contribuito ad un'irreversibile (finora) declino identitario ed elettorale.

Con il ritiro dalla politica attiva di Fischer nel 2005 e la formazione della große Koalition, i Verdi si sono relegati in una posizione sostanzialmente marginale che li sta portando molto vicini ad improbabili coalizioni di governo con i liberali e i conservatori a livello locale – quella che i media tedeschi chiamano l'opzione Giamaica', verde, giallo (liberali), nero (cristiano-democratici). La mancanza di leader visibili e di idee chiare sulla direzione politica del partito è il risultato dell'esaurimento di quella spinta ideologica ed innovativa che ha fatto la fortuna dei Grünen – e dei cittadini tedeschi, per molti aspetti – nel ventennio d'oro (1986-2005). Non si tratta però di cantare il requiem sulle macerie di una gloria passata, ma di riconoscere gli incredibili punti di forza di quell'esperienza e di dare loro una nuova ragione di essere.

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