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Scritto da nel Letteratura e Filosofia, Numero 42 - 1 Luglio 2008 | 1 commento

Vita e morte di Yukio Mishima

“La vita umana è troppo breve e io vorrei vivere per sempre”.
(Yukio Mishima, 25 novembre 1970)


Lo scorso 30 giugno è arrivato nelle librerie italiane Vita e morte di Yukio Mishima (Lindau, 2008), la biografia che il giornalista Henry Scott Stokes, inviato del “Times” a Tokyo negli anni '60 e '70, dedicò nel 1974 all'amico e scrittore nipponico.

Il giornalista inglese, oggi settantenne, di Mishima conobbe la famiglia, insieme a lui trascorse periodi di vacanza ma soprattuttu fu l'unico occidentale ad ottenere il permesso di seguire le esercitazione del suo esercito privato (bizzarria, quest'ultima, che valse allo scrittore l'epiteto di fanatico di destra). Da questa conoscenza personale deriva una biografia che mette in luce la natura poliedrica e contradditoria di uno degli animi più controversi del secolo scorso.

Yukio Mishima, pseudonimo di Kimitake Hiraoka, nasce a Tokyo nel gennaio del 1925. Enfant prodige scrive il primo racconto a soli 7 anni, a 16 pubblica due raccolte ma il grande successo arriva nel 1949 con Confessioni di una maschera, romanzo che lo afferma come astro della letteratura giapponese. La sua opera affascinò Ingmar Bergman, Henry Miller, Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini e i suoi romanzi, in Giappone come all'estero continuano ancora oggi a far discutere la critica letteraria. In ogni pagina si respira l'amore per i libri e la letteratura ma anche il profondo disagio e la conseguente rivolta nei confronti di una società in cui l'intellettuale non è libero di esprimersi. L'ambiguità, così come l'estetica della contraddizione, pervadono l'intera opera di Mishima e la fascinazione della morte, sopra ogni cosa, contribuisce ad alimentare quell'ideale estetico della necessità di una fine eroica della vita. L'ossessione per la perfezione corporea, la profonda convinzione che il corpo maschile debba essere forgiato dall'esercizio e dal dolore, lo spinsero a modellare il suo di corpo attraverso la pesistica e le arti marziali in previsione di quella morte plateale che architettò per anni.

Il libro di Henry Scott Stokes racchiude in oltre 400 pagine, la fitta trama di vita, arte e morte di Yukio Mishima, un continuo intersecarsi di aneddoti biografici e citazioni dei romanzi in cui lo scrittore nipponico amava celare le pulsioni più recondite del suo animo. Tra le pagine di Vita e morte di Yukio Mishima, si ritrova il rapporto contradditorio con l'Occidente che se da un lato è argomento di scherno e ridicolizzazione se messo a confronto con le tradizioni e la cultura dell'Oriente, dall'altro è oggetto di una grande attenzione che si concretizza nella costante ricerca di un riconoscimento della cultura occidentale attraverso, ad esempio, la cura maniacale delle traduzioni all'estero.
“Mishima sarà sempre un uomo emotivo e vulnerabile. Sensibilissimo a ogni minima offesa e nel contempo all'influenza altrui, invocava amore pur essendo apparentemente incapace di amare”. Questo è il ricordo dell'amico scrittore che Stokes affida alle pagine critiche della sua biografia.

Yukio Mishima morì il 25 novembre del 1970. S'inflisse il seppuku (il suicidio rituale per taglio dell'addome comunemente conosciuto come harakiri), nell'ufficio del Capo di Stato Maggiore in segno di protesta contro la smilitarizzazione del suo paese voluta dagli Stati Uniti. Il suicidio avvenne davanti alle telecamere, in diretta televisiva. Una morte eroica ed estetizzante, nel rispetto di quella poetica cui aveva dedicato l'intera vita.

1 Commento

  1. Caspita, non sapevo assolutamente della morte in diretta di Mishima..Immaginate se succedesse oggi..un erfetto event mediatico
    ma secondo voi è possibile reperirla o è un documento “riservato”? su youtube si troverà??

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