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Scritto da nel Economia e Mercati, Numero 45 - 1 Settembre 2008 | 0 commenti

Innovazione e conoscenza

Le trasformazioni che caratterizzano in questi anni lo sviluppo dell'intero pianeta possono essere affrontate da varie angolazioni, prendendo in esame differenti aspetti e livelli dello scenario globale: le condizioni economico-finanziarie, imprenditoriali, tecnologiche, culturali, politiche, etc. delle società in cui viviamo.

Questi differenti aspetti rappresentano in definitiva varianti di un'ampia struttura superficiale, la cui configurazione è l'esito finale di trasformazioni che avvengono ad un livello più profondo e che dipendono in maniera essenziale da un elemento costituente strutturale sottostante: la conoscenza.

Alcune trasformazioni – la maggior parte – sono subite e imposte dalle circostanze, altre invece sono perseguite deliberatamente e in modo attivo; queste ultime possono essere denominate in senso proprio come innovazioni.
Innovare significa modificare uno stato di cose introducendovi qualcosa di nuovo e gli elementi di novità possono essere più o meno efficaci, più o meno funzionali al raggiungimento degli scopi di un progetto. Affinché possano essere utili ed efficaci le innovazioni richiedono sempre l'impiego consapevole di conoscenze di varia natura e complessità.

Sia i singoli esseri umani sia le varie componenti della società variano molto nel grado in cui riescono ad essere protagonisti attivi della propria esistenza. Ciò dipende da quanto e come riescono a governare le conoscenze di cui possono disporre. E per poter governare in modo ottimale le conoscenze occorre esserne prima di tutto consapevoli, sia di quelle che si hanno sia di quelle che ancora non si possiedono ma che sarebbe opportuno acquisire.

Anche se si limita il discorso all'ambito del mondo produttivo e imprenditoriale, l'esploratore avvertito coglie subito come uno dei principali problemi sia rappresentato dall'efficacia nel governo delle conoscenze.
Questo è particolarmente vero nel contesto italiano, costituito in prevalenza da una molteplicità di piccoli attori. La piccola dimensione in economia non è un fatto meramente quantitativo connesso ai volumi di produzione o di fatturato, questa è una conseguenza. Essere piccoli significa prima di tutto non aver sviluppato parti di struttura (normalmente per carenza di risorse), necessarie a presidiare aree di intervento costitutive dell'essere impresa gestendo in modo almeno sufficiente le conoscenze inerenti.
Naturalmente non si può pretendere che tutti facciano tutto e la piccola dimensione di molte imprese può anche essere il risultato di scelte motivate da ragioni indipendenti dalle risorse impiegabili.

Tuttavia, quando si decide di affacciarsi ad un mercato si entra in contatto con una molteplicità di fattori attivi, che quanto più sono affrontati con cognizione di causa tanto più possono essere sfruttati anziché essere subiti come fonti di condizionamento passivo.

Come le piccole imprese, anche le imprese di grandi dimensioni possono perdere efficienza economica e anche cessare di esistere perché mal governate. La grande dimensione però porta con sé il vantaggio di poter sviluppare una dotazione strutturale articolata, che consente di affrontare adeguatamente e su più versanti le continue trasformazioni del mercato indotte dalle innovazioni tecnologiche, organizzative, finanziarie.

Il governo della conoscenza risulta quindi un problema molto maggiore per le piccole che per le grandi imprese, condotte secondo criteri manageriali e con dipartimenti dedicati alla R&S, al marketing, etc. Le grandi imprese incorporano per loro natura le funzioni necessarie al governo della conoscenza; il loro problema risiede nel riuscire a ottimizzarlo.

L'innovazione in economia e nel mondo della produzione è inscindibile dal governo della conoscenza.
Questo è bene evidenziato dal passaggio dalle concezioni prevalenti negli ultimi decenni del XX secolo, che individuavano nell'integrazione delle attività l'elemento portante dell'innovazione, alle teorie più recenti, che riconoscono alle conoscenze e alle competenze il ruolo di veri fattori innovativi. In passato non si coglieva l'importanza della conoscenza perché ci si focalizzava sul risultato del suo uso: l'innovazione.
Storicamente, le riflessioni sulle capacità competitive delle imprese hanno progressivamente spostato l'attenzione dalla capacità di produrre beni a bassi costi unitari alla capacità di progettare beni e servizi, per giungere infine alle attuali concezioni, che spostano la leva della competitività ancora più a monte, sulle attività di “coltivazione” della conoscenza, secondo la seguente configurazione:
gestione della conoscenza „³ conoscenza „³ innovazione „³ vantaggio competitivo
normalmente conosciuta con la denominazione di “knowledge management”.

Che la questione non sia un fatto relegabile alla sfera teorica è testimoniato anche da scelte di istituzioni come la Regione Emilia-Romagna, che ha deciso di portare a termine l'organizzazione della rete regionale della ricerca industriale e del trasferimento tecnologico, già avviata in passato, mediante la costituzione di tecnopoli. Si tratta di aree dedicate ad ospitare strutture di ricerca industriale generate sia dalle università e dagli enti di ricerca sia dalle imprese, e a promuovere la ricerca collaborativa e lo sviluppo di nuove imprese di alta tecnologia originate dall'attività di ricerca.
L'utilità dei tecnopoli risulta soprattutto evidente se si pensa che andranno a costituire una struttura composita deputata ad erogare proprio quei servizi di knowledge management normalmente non disponibili alle piccole aziende che costituiscono gran parte del nostro tessuto imprenditoriale (delle circa 90.000 imprese registrate presso la Camera di Commercio di Bologna il 60% sono ditte individuali, il 21% società di persone e solo il 18% società di capitale).

Ciò di cui a mio parere si sente in modo particolare l'esigenza è che questi centri riescano a fornire interventi anche su versanti della nascita di un'impresa tradizionalmente sguarniti e lasciati normalmente alla iniziativa individuale del singolo imprenditore.
Mi riferisco a quegli aspetti della creazione di impresa innovativa che precedono l'incubazione d'impresa vera e propria (sviluppo dell'idea imprenditoriale e sviluppo economico e finanziario), cioè l'individuazione della business opportunity e della business idea.
Questi stadi di pre-incubazione sono assolutamente determinanti per la nascita dell'impresa, e richiedono all'aspirante imprenditore (o dell'impresa già esistente ma che non ha ancora intrapreso un determinato percorso) uno sforzo conoscitivo e organizzativo di primaria importanza, riguardando per esempio:
1. l'approfondimento dello stato dell'arte nell'ambito dei vari settori relativamente:
- ai prodotti esistenti
- agli aspetti del mercato di riferimento
- alle caratteristiche della concorrenza
2. le prevedibili linee di sviluppo futuro del mercato e delle industrie operanti negli ambiti dei diversi settori: di cosa il mercato/l'industria può avere verosimilmente bisogno nel prossimo futuro nei vari settori
3. altri aspetti rilevanti per lo sviluppo di impresa
- studio di fattibilità
- protezione risultati
- etc.

Questa esigenza/opportunità di affiancare l'imprenditore nelle fasi embrionali della nascita dell'impresa innovativa potrebbe sembrare a tutta prima un desiderio da libro dei sogni. Esistono invece già ora e nel nostro Paese strutture in capaci di fornire servizi di questa entità, come l'AREA Science Park di Trieste, che annovera tra le sue attività:
1. trasferimento tecnologico, con possibilità di realizzare:
ƒ{ audit tecnologici
ƒ{ interventi per la verifica delle esigenze di innovazione dell'impresa
ƒ{ individuazione delle possibili soluzioni
ƒ{ informazione brevettuale, ricerca documentale e business intelligence
ƒ{ assistenza all'adozione di innovazione
ƒ{ ricerca e utilizzo di materiali innovativi
ƒ{ supporto allo sviluppo di progetti di ricerca
ƒ{ validazione di idee imprenditoriali
ƒ{ studi di settore e multimpresa: analisi approfondite su stato dell'arte e tendenze delle tecnologie di diffuso interesse industriale
ƒ{ benchmarking
2. valorizzazione della ricerca
3. divulgazione brevettuale
4. investimento nell'innovazione, allo scopo di attrarre investimenti in attività ad alta intensità tecnologica e ad elevato livello di innovazione
5. promozione di relazioni internazionali nei settori della ricerca, della valorizzazione e del trasferimento delle tecnologie, dello sviluppo economico e industriale
6. formazione
7. mobilità delle persone
8. divulgazione scientifica
9. studi di settore
10. affiancamento in attività progettuali in tutte le loro fasi, dall'inizio alla fine.

Questo è sicuramente un buon esempio di infrastruttura di knowledge management orientata alla “qualità totale” nella creazione e nello sviluppo d'impresa, la cui esistenza può essere supportata anche ideando modalità di partecipazione del centro agli utili delle imprese che esso contribuisce a creare.
Un modo poco ideologico e molto pratico di bypassare le consuete difficoltà di budget tipiche della realtà italiana.

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