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Scritto da nel Internazionale, Numero 46 - 16 Settembre 2008 | 0 commenti

La guerra di Evo

La Bolivia è nel caos. Non si parla ufficialmente di colpo di stato, ma lo è nei fatti. I prefetti della Mezzaluna, la zona che raggruppa le regioni “benestanti” occidentali del paese chiedono denaro per i loro progetti di autonomia e la restituzione di un'aliquota derivante dalla vendia di gas che il presidente Evo Morales ha destinato ad un fondo pensione per gli indigenti ultrasessantenni boliviani.

Diverse strutture del governo sono state attaccate e distrutte così come le vetrine degli edifici che ospitano le aziende nazionalizzate, sulla scia del nuovo socialismo bolivariano inaugurato dal presidente venezuelano Chavez.

I danni economici che si stanno registrando sono enormi e la cui reale entità è ancora difficile da quantificare. Attacchi si sono registrati nel dipartimento di Tarija, contro il gasdotto che conduce idrocarburo verso il Brasile e l'Argentina e a tal proposito la società Ypfb, Yacimientos Petroliferos Fiscales Bolivianos, ha deciso di ridurre enormemente l'invio di gas verso quei paesi. Intanto si teme che un gruppo di autonomisti abbia occupato un campo per l'estrazione del gas destinato al mercato argentino.

In Boloivia regna il caos e il danneggiamento dei gasdotti di collegamento con Buenos Aires e Brasilia crea elavati danni economici e politici ad un paese diviso a metà dove i dirigenti del “Movimento al Socialismo”, il partito di Morales, si affrettano ad affermare che la crisi è sotto controllo.

Complice della crisi, dove esercito e polizia sono duramente attaccati dai manifestanti, sarebbe l'amabasciatore statunitense Goldberg, che secondo Evo Morales “cospira contro la democrazia e soprattutto cerca di dividere il Paese”, tant'è che è stato cacciato dal Paese. Dunque Goldberg è stato definito persona non gradita e tale decisione è stata recepita da Washington con qualche mal di pancia annunciando serie conseguenze per il Paese guidato dal Presidente indigeno.

Non è la prima volta che un ambasciatore statunitense viene cacciato da un paese latino americano. Era già successo in passato in Venezuela durante il periodo elettorale con il già citato Hugo Chavez, padre di un nuovo corso politico-economico, che prende ispirazione da Simon Bolivar, tutto in nome del socialismo e dell'egualitarismo e in un fondato antiamericanismo. Il Presidente venezuelano, in segno di solidarietà al governo boliviano, ha espulso nelle ultime ore anch'esso l'ambasciatore americano presente a Caracas. Chavez, ha annunciato il provvedimento di espulsione nel corso di una manifestazione pubblica minacciando anche di sospendere le forniture di petrolio agli Usa, che sono attualmente il principale cliente del Venezuela, se Washington dovesse aggredire il suo governo.

La risposta del dipartimento di Stato Usa non si è fatta attendere: Bernardo Alvarez, ambasciatore venezuelano a Washington è stato espulso, così come nei giorni passati quello boliviano.C'è aria da guerra fredda dunque, dove potrebbe in qualche modo inserirsi

la Russia , felice alleato del Venezuela. Argomenti in qualche modo noti di cui si parla quando gli interessi economici di certe multinazionali occidenatali vanno a scontratrsi con il nascente nazional-socialismo di certe nazioni latine.

Infatti, il primo maggio 2006, Morales emanò un decreto che imponeva la nazionalizzazione di tutte le riserve di gas naturale dando alle compagnie straniere un periodo di sei mesi per rinegoziare i contratti o uscire in maniera definitiva dal mercato boliviano.

Lo scopo delle nazionalizzazioni è usare la ricchezza degli idrocarburi per sostenere le politiche sociali.

“il peggior nemico dell'umanità è il capitalismo statunitense” questo il motto di Morales. Tuttavia, stando all'opinione di diversi analisti internazionali, il processo di nazionalizzazione operato in Bolivia non ha prodotto i risultati desiderati, quali la redistribuzione della ricchezza verso una sempre maggiore equità sociale.

In tutto ciò la chiesa, che ha sempre avuto un ruolo decisivo nelle dinamiche politico-sociali latine, prende le distanze dagli apparati del governo così come dagli oppositori che stanno mettendo a ferro e fuoco un paese ed un popolo da sempre in lotta contro la povertà.

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