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Scritto da nel Numero 48 - 16 Ottobre 2008, Politica | 0 commenti

Perché abolire le preferenze per il Parlamento Europeo?

“Sbarramento al 5% e niente preferenze: abbiamo bisogno di mandare a Bruxelles gente competente” ha affermato ieri Silvio Berlusconi. “E' necessario selezionare dei professionisti della politica da mandare al Parlamento Europeo: a questo scopo le preferenze elettorali si dimostrano dannose” ragiona parimenti il Ministro degli Esteri Frattini giustificando il probabile impianto della prossima legge elettorale italiana per le elezioni europee.

Posto che sia questa la vera ragione della scelta, l'argomento utilizzato è debole sotto tre fondamentali aspetti. Prima di tutto, il PdL dovrebbe dimostrare che, se la competizione lasciata agli elettori può non premiare le competenze dei candidati nell'agire in un sistema altamente complesso come quello dell'Unione Europea, la selezione operata dai partiti è invece andata nel senso di una crescente professionalizzazione. Anche col sistema delle preferenze aperte finora vigente le segreterie dei partiti hanno goduto di un considerevole margine di discrezione nella scelta dei capolista e delle candidature tra le quali l'elettore “pescava” il proprio candidato. Grandi nomi quali Iva Zanicchi, Elisabetta Gardini o, dall'altra parte, Michele Santoro (durato in carica tre mesi) o Lilli Gruber (scappata da Bruxelles appena trovata un'alternativa) hanno sì ricevuto il consenso popolare, ma sono stati messi in lista dai partiti stessi: non sempre più interessati al bene dell'Unione Europea che alla sistemazione di propri esponenti rimasti disoccupati.

Secondo, data l'ampiezza delle circoscrizioni attuali basterebbe uno sbarramento alto per operare una selezione notevole, già comunque guidata dalle forze politiche. Raccogliere una quantità di voti sufficienti a farsi eleggere in un arco di quattro regioni (tante ne contano in media le macro-aree stabilite finora) costringe i candidati ad un'organizzazione logistica – e finanziaria – i cui mezzi risiedono solo nei grandi partiti a sostegno di candidature forti e motivate. Anche mantenendo le preferenze si opererebbe una sorta di “selezione naturale” che i partiti potrebbero dirigere verso una maggiore professionalizzazione della carica di europarlamentare, se questo è l'obiettivo.

Il punto più importante è però il terzo. Da una prospettiva europea, il Parlamento di Strasburgo è l'unico organo dell'UE deputato per antonomasia a fornire un collegamento direttamente rappresentativo dei cittadini Europei con il potere politico sovranazionale. Mentre la Commissione costituisce il corpo tecnico, dove l'alta professionalità è condizione indispensabile per la legittimità stessa del potere di “guardiano dei trattati”, e il Consiglio rappresenta le strutture di governo nazionali – al cui interno si svolgono trattative quantomeno opache agli occhi dell'opinione pubblica -, i parlamentari europei rappresentano la più fondamentale garanzia di democraticità del sistema politico comunitario. Date le insistenti critiche di “deficit democratico” nella presa di decisioni a livello europeo, privare anche il Parlamento di una delle – simboliche – garanzie di controllo più immediate per l'elettore – la preferenza di un candidato rispetto ad un altro scritta di proprio pugno – equivale ad allontanare ancora di più l'Unione Europea dai suoi cittadini.

E' vero che poco si intuisce, da fuori, delle competenze richieste ad un parlamentare europeo affinché il suo lavoro sia veramente effettivo nel fornire quella cinghia di trasmissione tra le istituzioni europee e le popolazioni nazionali: il multi-linguismo, il sistema lobbistico bruxellese, la complicazione dei processi legislativi e delle materie trattate su un raggio di 27 paesi, oltre al coordinamento di partiti europei composti da un insieme di delegazioni nazionali non rendono immediato l'ambientamento dei parlamentari a Strasburgo. Tuttavia, i partiti nazionali hanno finora mantenuto un controllo non trascurabile nella selezione dei propri candidati, e spesso non ne hanno fatto buon uso. Scaricare le colpe di pessime performance di una parte dei nostri eurodeputati sui cittadini non sembra un metodo molto virtuoso.

Si lasci dunque spazio ad una parvenza di reale democraticità rappresentativa del Parlamento Europeo: si lascino le preferenze individuali, la scelta del nome del candidato preferito da parte dell'elettore proprio nell'interesse europeo. Dopo un Parlamento italiano già preconfezionato dalle segreterie di partito, che ci sia almeno un elemento minimo di speranza di democrazia rimasta per gli italiani.

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