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Scritto da nel Letteratura e Filosofia, Numero 51 - 1 Dicembre 2008 | 2 commenti

La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani

La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani

Firmata a Parigi il 10 Dicembre del 1948, approvata dall’Assemblea delle Nazioni Unite con quasi l’unanimità di voti, questa carta rappresenta uno dei traguardi dell’umanità nella sua storia più recente. Risultato di un dibattito filosofico durato diversi secoli a cui hanno partecipato personalità come John Locke, Jean-Jacques Rousseau, Voltaire, Kant, Nietzsche e nella quale è confluita l’eredità lasciata dalla Rivoluzione Francese.
In essa vengono affermati per la prima volta i diritti universali ed inalienabili di ogni essere umano, senza distinzione di razza, di religione, di sesso, di cultura, indipendentemente dal periodo storico o dal luogo in cui si vive. Al diritto alla libertà e all’uguaglianza si affianca il diritto alla vita, il diritto ad una privacy e alla presunzione di innocenza, alla libertà di movimento, il diritto ad una nazionalità, il diritto di riposo e svago, il diritto all’istruzione, il diritto ad un mondo libero e giusto. Il non diritto alla schiavitù, alla tortura e alle detenzioni ingiuste. E’ un documento bellissimo e pieno di umanità.

immagine presa dal sito www.amisnet.org

Ovviamente il mondo non è migliorato molto da quando questa carta venne ratificata. Proprio nel momento in cui l’ONU poneva questo documento alla base della sua politica, gli Stati Uniti, il paese che si proponeva come simbolo della democrazia e della libertà occidentale, era scosso dalla questione razziale. Ci sono molti paesi in cui la metà dei principi espressi nella Dichiarazione non è mai valsa. E anche nel mondo occidentale contemporaneo, che si propone come esportatore di democrazia e libertà, questi diritti vengono violati ogni giorno. Leggendo che nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizioni crudeli, inumane o degradanti (Articolo 5) non si può non pensare a Guantanamo e agli episodi di tortura e di violenza in Iraq, o per stare a casa nostra, alla caserma di Bolzaneto.
La libertà di pensiero ed espressione, il diritto alla libera scelta dell’impiego, il diritto ad un’istruzione uguale per tutti, il diritto ad essere uguali di fronte alla legge, sono principi che vengono limitati o violati ogni giorno.
E allora, come spesso avviene di fronte a questi documenti, ci si chiede: che valore ha la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo?
La Dichiarazione è un punto fisso, è l’idea potenziale di un mondo perfetto, di improbabile realizzazione, alla quale però bisogna tendere. È la base dalla quale deve partire tutto e alla quale bisogna ritornare ogni volta che viene superato il limite. Certo non può impedire che venga negato un diritto, ma permette che ogni volta che un diritto venga violato si possa affermare con certezza che la violazione è avvenuta.
La Dichiarazione non ha mai goduto di un consenso unanime. Nel 1981 il presidente iraniano Khorasani (eletto dopo la Rivoluzione) in un intervento presso le Nazioni Unite, affermò che il testo del 1948 rappresentava un’interpretazione laica della tradizione giudaico-cristiana che non avrebbe potuto essere attuata dai musulmani senza violare la legge dell’Islam. Nel 19 settembre dello stesso anno, a Parigi, venne proclamata presso l’UNESCO la Dichiarazione islamica dei diritti dell’uomo… ma questo sarà argomento di approfondimento per un prossimo articolo.
Angelo Valenza
Link al testo completo della dichiarazione.

2 Commenti

  1. riporto un post molto provocante pubblicato dall'amico Philippe Bracke nel suo blog la pulce nell'orecchio..commentatelo pure (o qui o sul Blog di Philippe)

    Chiedete a qualcuno cosa pensa della tortura e vi fara' una faccia inorridita.
    Le persone liberali considerano la tortura una violazione dei diritti umani. Percio', bisogna rifiutarla senza se e senza ma.
    Lo stesso vale per la prigione di Guantanamo, dove il governo Bush detiene migliaia di “terroristi” prigionieri al di fuori di ogni convenzione internazionale (nessun regolare processo, trattamenti disumani, eccetera).

    Negli ultimi giorni mi sono capitate sotto gli occhi due cose che mi hanno fatto riflettere. Eccole:

    Sto guardando i DVD della seconda serie di 24, un telefilm americano in cui l'agente segreto Jack Bauer deve salvare Los Angeles da un attacco nucleare ad opera di terroristi. Jack Bauer, per scoprire dove si trova la bomba atomica, tortura pesantemente i criminali che riesce a catturare. Guardando il telefilm non si puo' non pensare che Jack Bauer stia facendo la cosa giusta.
    Stamattina ho letto un articolo dell'Economist, scritto sotto forma di email a Obama, che parlava di come sia difficile chiudere Guantanamo. Il problema fondamentale e' il seguente: vogliamo lasciar libere queste migliaia di persone? Sicuramente non sono tutti assassini, ma qualche personaggio poco raccomandabile li' in mezzo ci dev'essere.
    I diritti umani non possono mai essere sospesi per nessuno? So che la risposta ufficiale e giusta e' “No”, ma l'attuazione pratica e' molto piu' complicata.

  2. “Commettendo atti barbarici non difendiamo la civiltà dalla barbarie: capitoliamo legittimandola. Sono barbarie l'attacco all'11 Settembre, Abu Ghraib, Guantanamo. Ci sono molte forme di cultura, ma solo una di civiltà: quella che non ammette abusi su nessuno”.

    A parlare è lo scrittore bulgaro Tzvetan Todorov ed e' un estratto dall'articolo a pagina 55 di Internazionale di questa settimana. Oltre a questo articolo, mi ha fatto riflettere anche “Garage Olimpo”… certo, al livello pratico è complicato, soprattutto se chi lo dice tiene il coltello dalla parte del manico. La cosa che mi fà paura è la possibilità di essere, io o una persona a cui voglio bene, qualche volta di fronte alla punta del coltello…

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