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Scritto da nel Economia e Mercati, Numero 49 - 1 Novembre 2008 | 0 commenti

Unicredit Libia Spa

Si inizia a capire, dopo giorni “convulsi” per la nostra Borsa Valori, come e dove i fondi libici abbiano iniziato a “conquistare” nuovi “tasselli” nella loro scalata in Italia.

Iniziarono la prima volta nel '76, la seconda nel 2002 in Fiat, poi nella Juventus, in Banca di Roma, in Eni e, infine, in Telecom.
Il Premier Italiano Silvio Berlusconi, nel corso della conferenza stampa avvenuta prima dell'“attacco” libico (16 ottobre 2008), aveva affermato che ci sarebbero stati rischi di Opa ostili sulle aziende italiane da parte di investitori stranieri, in special modo arabi, e che sia il Ministero del Tesoro sia la Consob avrebbero cercato di trovare delle soluzioni per scoraggiare tali comportamenti.
Il segnale di allarme lanciato dal Presidente del Consiglio è stato molto efficace poiché egli è un genio nell'interpretare i diversi ruoli.
L'allarme potrebbe essere servito a confondere le acque e a predisporre il seguente accadimento (che si è verificato successivamente) ovvero rafforzare i grandi gruppi italiani, attualmente in difficoltà, con partecipazioni di minoranza da parte dei fondi arabi, considerati più affidabili rispetto alle pretese dei concorrenti europei o degli asiatici.

Cosa è accaduto il 16 ottobre 2008?
La Central Bank of Lybia, la Lybian Investment Authority e la Lybian Foreign Bank hanno “conquistato” sulla piazza milanese quote azionarie UniCredit fino ad arrivare al 4,9 per cento del capitale sociale e collocandosi, come seconda, alle spalle della Fondazione Cariverona con il 5,08 per cento. La manovra libica nei giorni precedenti è avvenuta sia direttamente tramite l'acquisto di quote azionarie UniCredit che attraverso altre istituzioni da esse controllate.
La Central Bank of Lybia, la Lybian Investment Authority e la Lybian Foreign Bank sono pervenute ad un accordo di partecipazione all'aumento di capitale dell'istituto creditizio italiano, tramite il bond convertibile fino a un potenziale ammontare di 500 milioni di euro.
Tutto ciò è servito per poter partecipare al consorzio di garanzia del prestito obbligazionario convertibile da 3 miliardi di euro – il quale fa parte del piano di ricapitalizzazione da 6,6 miliardi totali – varato dal Cda straordinario di domenica 5 ottobre 2008.
I libici possedevano fin dal 1997 una quota inferiore al 5 per cento circa nella ex Banca di Roma e nel 2003 sono arrivati a compiere una clamorosa “impresa” raggiungendo la quota del 5 per cento nel capitale dell'Istituto Romano.
L'anno scorso è avvenuta la fusione tra Capitalia e UniCredit e la quota libica si è diluita fino allo 0,9 per cento circa.

Roberto Nicastro, uno dei tre deputy Ceo di Unicredit, prima e dopo il 5 ottobre 2008 (data del Cda straordianario dell'istituto creditizio) ha interpellato diverse volte gli investitori libici per testare se fossero pronti ad impiegare molti milioni di euro nel colosso bancario italiano. Ovviamente avendo, come Profumo, delle relazioni amichevoli strettissime con dirigenti dei fondi libici sovrani del Paese guidato da Gheddafi, l'operazione è andata a buon fine.
Le voci di corridoio, in questi giorni delicatissimi per i nostri mercati azionari, sono impazzite.
Secondo alcune il Governo Italiano sarebbe totalmente all'oscuro di tale manovra, tanto che non risulterebbe che né la compagine governativa nè il Ministro Tremonti siano stati avvisati dell'ingresso dei fondi libici nel capitale di UniCredit, mentre secondo altre il Governo Italiano sarebbe stato avvisato di questa manovra solo a “giochi” ormai fatti.
L'unica cosa certa è che Profumo, il giorno dell' “arrembaggio libico”, ha contattato personalmente e tempestivamente il Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi e che, per alcune settimane, la Consob ha monitorato approfonditamente l'andamento del titolo in questione per comprendere se tutte le regole di comunicazione e di rispetto del mercato fossero state rispettate.

All'interno del consiglio di amministrazione di UniCredit del 22 ottobre 2008 si è preso atto del rafforzamento dei soci libici nel capitale sociale e si è avviata una discussione per l'ingresso di un loro rappresentante nel consiglio medesimo. Tale ingresso dovrebbe giungere con l'assemblea di novembre ma, secondo alcune indiscrezioni, pare che non sia stato affrontato il tema del posto della vicepresidenza che, in teoria, dovrebbe aspettare agli arabi.

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