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Scritto da nel Internazionale, Numero 55 - 16 Febbraio 2009 | 0 commenti

Boccata d'ossigeno per il Paraguay: Lugo e la promessa di poter cambiare la storia – Parte I-il Paraguay

Nel 1800, il Paraguay era l’unica delle nuove repubbliche latinoamericane ad aver intrapreso un progetto di industrializzazione che accompagnasse le attività agricole, gestite con metodi “comunitari” sotto un controllo strettissimo dello Stato centrale. Negli anni questa crescita preoccupò sia le repubbliche liberali dell’area, basate sul grande latifondo e avverse all’industria, che la Gran Bretagna, danneggiata dalle misure protezionistiche di Asunción e timorosa di perdere la sua tutela economica e commerciale sull’America meridionale. Fu così che Argentina, Uruguay, e Brasile entrarono in guerra contro il Paraguay. Il piccolo paese resistette per 7 anni, grazie a un esercito ben equipaggiato, ma alla fine dovette soccombere allo strapotere numerico degli avversari e ai finanziamenti che arrivavano da Londra.
Secondo gli storici, prima di morire il presidente e comandante paraguayano riuscì a sospirare “Muero con la patria”, convinto che il Brasile e gli altri paesi si sarebbero annessi le terre dei guarani. Anche se in verità il Paraguay non ha mai cessato di esistere come Stato sovrano e indipendente, purtroppo però la profezia del comandante sconfitto non è andata così lontana dal vero.  La situazione del Paraguay è molto vicina a quella di un “failed state” e senza questa considerazione non sarebbe possibile capire l’importanza delle ultime elezioni nel paese, che hanno sancito la vittoria della coalizione guidata dall’izquierdista nonché ex vescovo Fernando Lugo. È proprio il “degrado” dello stato e della politica paraguayana, asservita agli interessi dei latifondisti e degli USA, a rendere altamente simbolico questo successo. Lugo è  il primo candidato dal lontano 1954 ad essere eletto presidente  senza appartenere al Partido Colorado che, anche dopo l’esilio del dittatore “costituzionale” Stroeesner e il ritorno “formale” alla democrazia del 1989, aveva mantenuto uno stretto controllo sulla vita politica ed economica del paese.

Nonostante le continue promesse dei colorados, 60 anni di governo monocolore non sono bastati per fare crescere il paese, che versa ora in condizioni disastrose. Il suo PIB è, dopo Suriname, il più basso del continente e la sua economia si basa sul latifondo – con un 2% di famiglie “imparentate” che controllano il 70% della terra – e sulla produzione di energia idroelettrica, prodotta in grandi quantità nella centrale dell’Itaipú ma assurdamente venduta a prezzo di produzione al Brasile secondo un accordo stipulato negli Anni '60 tra le dittature di Stroessner e quella di Medici. Oltre a queste attività “legali”, il paese vive del contrabbando e di quel gran bazar a cielo aperto che è Ciudad del Este. Per dare un esempio dell’impunità e dell’accettazione di cui gode l’illegalità, il 70% delle auto circolanti nel paese è rubato e anche i presidenti sono stati “pizzicati” spesso su vetture di tale origine.
Lugo dovrà inoltre confrontarsi con una società spesso definita culturalmente retrograda e con una situazione di grande ingiustizia sociale e di disoccupazione. I pochi posti di lavoro disponibili sono spesso forniti dal settore informale e l’unica soluzione per i Paraguayani è salire su una delle mille corriere che congiungono Asunción con Buenos Aires o, nel migliore dei casi, tentare la fortuna in Europa, generalmente in Spagna. D’altro canto, gli analisti politici hanno sempre sottolineato che favorire l’emigrazione sia da anni un obiettivo principale della politica locale.

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