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Scritto da nel Internazionale, Numero 55 - 16 Febbraio 2009 | 1 commento

Boccata d'ossigeno per il Paraguay: Lugo e la promessa di poter cambiare la storia – Parte II-Fernando Lugo

Ma chi è Fernando Lugo? Cosa fa credere che non sia l’ennesimo leader populista e antidemocratico del continente? Da dove nasce quel potere carismatico che, si dice, potrebbe realmente cambiare il paese e sconfiggere il modello egemonico del Partido Colorado, basato sulla corruzione e sul clientelismo?

Nato nel 1951 da una famiglia povera, già da bambino Lugo verificò in prima persona le atrocità della dittatura quando suo padre, attivo nel Partido Colorado ma nemico di Stroessner, fu costretto all’esilio, dal quale non tornò mai. Fernando voleva divenire militare ma con tali precedenti l’accesso all’arma gli era vietato, così finì per entrare nella Chiesa che gli premise di continuare gli studi, laurearsi e vivere in Ecuador come missionario.  Il giovane prete catturò l’attenzione degli alti gradi ecclesiastici perché, pur condividendo l’attenzione ai poveri e al sociale che stava alla base della dottrina della “Teologia della liberazione”, non apparteneva a essa in quanto non considerava legittimo che attività politica e attività religiosa coincidessero. Lugo fu così mandato a Roma per studiare ancora, dove rimase profondamente ammirato dal modello organizzativo della CGIL e in generale dal sindacalismo europeo. Quando tornò  in patria, nel ‘94 come vescovo della povera regione di San Pedro, Fernando cercò dunque di copiare questo modello organizzativo nella società paraguayana, riadattandolo in particolare alle attività assistenziali della Chiesa. Quest’attitudine troppo politicizzata però non sfuggì al controllo del Vaticano che ritenne conveniente “eliminarlo”, cosicché Papa Giovanni Paolo II lo destituì da vescovo nel 2004, riassegnandolo alla funzione di parroco. Lugo tuttavia non rimase in disparte e si dedicò con ancora più convinzione alla sua attività a favore degli esclusi della società.

Dopo il grande successo della manifestazione contro la modifica costituzionale voluta dal governo e che avrebbe portato secondo molti a una nuova dittatura, il gruppo indigeno Tekojoja gli propose di candidarsi alla presidenza, individuando in lui un elemento capace di riunire tutte le forze che sognavano un Paraguay diverso. Lugo accettò la candidatura, suscitando un imprevedibile entusiasmo nella folla e persino nella chiesa locale, favorevole alla scelta dell’ex vescovo, nonostante la posizione molto contraria del Vaticano. Si è creata così l’ACP – l’Alianza Patriotica para el Cambio – che riunisce al suo interno svariate correnti politiche e sindacali, tutte unite dalla volontà di cambiare la struttura sociale attraverso una riforma agraria e politiche dedicate all’occupazione.
Questa varietà ha favorito l’importantissimo successo; ma affinché il governo Lugo non sia ricordato come l’ennesimo tentativo “folkloristico” delle masse latino-americane, esso dovrà risolvere parecchie ambiguità.
Presentatosi come centrista, pian piano Lugo si è evidentemente aperto alle posizioni del nuovo socialismo latinoamericano e ancor oggi non è chiaro se il suo modello sia il Cile, come assicura il vicepresidente Federico Franco, o il Venezuela, come richiesto dai movimenti indigeni, dalla sinistra e forse dalla maggior parte della popolazione. Probabilmente Lugo preferirebbe un modello più attivo e partecipativo, sul modello venezuelano e boliviano, per riuscire a far passare più rapidamente le riforme e per eliminare o indebolire il Partito Colorado che, controllando ancora l’esercito e gli organi dello stato, cercherà di boicottare ogni cambiamento. In ogni caso, l’appoggio popolare non si trasforma direttamente in potere politico e per portare avanti un progetto serio Lugo dovrà trovare non solo una difficile linea comune per la sua coalizione ma anche l’appoggio esterno di altri gruppi parlamentari, visto che l’ACP dispone solo del 40% dei seggi. Finora i risultati sono stati modesti, l’ACP si mostra unita ma è attraversata da notevoli tensioni e l’unico alleato esterno in Parlamento è il discusso Lino Cesar Oviedo, ex generale e ora leader del l'UNCE (Union Nacional de Ciudadanos Eticos), partito che fonde antichi echi colorados con il neoliberalismo degli anni ’80. La riforma agraria è ancora sotto studio, l’economia stenta e solo dopo una dura lotta con il Partido Colorado e i suoi seguaci, il governo e’ riuscito a rimuovere il capo delle forze armate, il cui passato presentava più di un punto d’ombra.
Infine, non bisogna dimenticarsi dell’importanza geopolitica del Paraguay, paese ricco di risorse naturali e situato in mezzo ai due giganti dell’America Meridionale. A livello regionale, Lugo potrebbe continuare a farsi corteggiare dalle varie correnti izquierdiste, rimanendo equidistante e sperando così di ottenere aiuti e collaborazione da parte di tutti. In verità la decisione del nuovo Governo di alzare unilateralmente del 500% le tariffe dell’energia elettrica venduta al Brasile potrebbe scatenare tensioni simili a quelle che, per analoghe ragioni, si ebbero tra Brasilia e La Paz. Probabilmente Lula si mostrerà però più comprensivo e, in nome della collaborazione latinoamericana, accetterà le misure paraguayane, purché Asunción dimostri maggiore impegno nella lotta al contrabbando  e aiuti i vicini nella loro battaglia contro la presenza di basi militari statunitensi nell’area amazzonica. Effettivamente il Paraguay, che anche con il filo-nazista Stroessner ha  sempre ricevuto l’appoggio politico ed economico di Washington, è destinato a un netto cambiamento nelle sue relazioni con gli USA. Se il governo dell’ex presidente Duarte Frutos aveva concesso per decreto, in nome della lotta alle fantomatiche cellule qaediste della Triple Frontera, la creazione di una nuova base e l’immunità per i marines, Lugo si era già impegnato a modificare la situazione. Al momento nulla è cambiato ma il nuovo governo ha già limitato la partecipazione di Washington nella vigilanza di Ciudad del Este e sta aprendo un’inchiesta per valutare se i marines americani siano realmente impegnati solo in misure “assistenziali”, come sostenuto dal Pentagono.  Questa rottura con Washington sarebbe importante anche per la grande sfida internazionale del Paraguay, ossia la partecipazione nel MERCOSUR. L’integrazione regionale non solo comporterà notevoli finanziamenti da parte del fondo di coesione, ma potrebbe anche attirare nuovi capitali esterni tramite l’abbondanza di energia e i costi bassi della mano d’opera.

È ancora troppo presto per dare un giudizio sull’attività di Lugo. Sicuramente non è saggio attendersi grandi risultati economici e sociali, perché i gravissimi problemi che attraversano il Paraguay non potranno assolutamente essere risolti in maniera indolore. Quel che è importante, però, è che le ultime elezioni hanno dimostrato che anche in Paraguay qualcosa potrebbe cambiare e che la corruzione e il clientelismo non possono controllare totalmente il processo elettorale. L’ACP e chi l’ha sostenuta non devono perdere  nè la voglia di lottare nè la disponibilità a negoziare fra loro, perché solo l’unione fra gli “esclusi” della società – siano movimenti, gruppi indigeni, preti
o comunisti – può rendere possibile la promessa di cambio che ha portato Lugo alla presidenza.

1 Commento

  1. Goli,
    ma ne sai a pacchi..grazie per questo articolo..credo che in pochi conoscano quello che ci hai raccontato..
    e poi scrivi davvero bene
    speriam di rileggerti sull'arengo

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