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Scritto da nel Internazionale, Numero 55 - 16 Febbraio 2009 | 0 commenti

Chavez no se va

A poche ore dal referendum, in Venezuela, stando alle testimonianze, si sta assistendo a una vera e propria campagna elettorale. Il presidente Hugo Chavez  chiede ai cittadini di votare la possibilità di rielezione illimitata per alcune cariche dello Stato. Il referendum del 15 febbraio dovrà sciogliere un nodo fondamentale per la democrazia del Venezuela: permettere o meno la rielezione illimitata di alcune importanti cariche statali. Una battaglia che il presidente porta avanti da tempo e che nel dicembre 2007 ha segnato una prima sconfitta per lui e una vittoria ovviamente per un'opposizione work in progress, fino a poco tempo fa ancora incapace di fronteggiare politicamente il governo del socialismo reale chavista.
Il referendum, se approvato, darebbe la possibilità a sindaci, assessori, deputati e anche al presidente, di candidarsi senza limiti di mandato. Momento clou della campagna referendaria è stata la manifestazione organizzata dallo staff di Chavez lo scorso 2 febbraio, data del decimo anniversario della "Rivoluzione bolivariana". Per l'occasione un sostenitore particolare ad appoggiare le ragioni del colonnello Chavez: Diego Armando Maradona con tanto di maglietta rossa, l'ex pibe de oro ha più volte sottolineato l'importanza del prossimo referendum per il Venezuela. Ma i dati dei sondaggi effettuati a pochi giorni dalla tornata elettorale lasciano dubbi sul fatto che Chavez possa spuntarla. Uno di questi, pubblicato sul quotidiano Nuevo Heraldo, di Miami, dove però la comunità antichavista è molto forte, dice che più del 52% dei cittadini venezuelani voterebbe "no" al referendum. Solo il 37% si schiera a fianco della scelta presidenziale. Poco spazio da conquistare anche nella grande fetta degli indecisi, oltre il 70%, che comunque avrebbe espresso l'intenzione di votare "no". Diversi i dati emersi dai sondaggi della filogovernativa Ivad, l'Istituto Venezuelano di Analisi e Dati, secondo cui il "sì" si avvicinerebbe al 54 percento delle preferenze. Se fosse confermato il primo sondaggio per il paese inizierebbe un nuovo corso politico. "Se l'opposizione tornerà al potere ci potrebbe essere una guerra. Per questo motivo è necessario garantire la continuità del processo rivoluzionario bolivariano" ha detto durante un comizio nello stato di Tachira, zona andina, lo stesso Chavez. "L'opposizione – ha continuato Chavez dopo aver ancora una volta resa nota la possibile esistenza di un piano per ucciderlo – se vincerà cercherà di cancellare tutti i programmi sociali che questo governo ha voluto implementare. Per fare in modo che non accada questa vittoria dovrà essere 'schiacciante'". 

Chavez si trova in un momento chiave della sua vicenda politica. Se prima la sua politica, basata su una massiccia presenza dello stato in contrapposizione al potere capitalista, faceva da contraltare alla presenza di George W. Bush a Washington, con l'elezione di Barack Obama le cose prenderanno una strada diversa. Il neo eletto presidente degli Stati Uniti non ha mai nascosto le sue critiche nei confronti del presidente venezuelano, e il referendum, nei suoi toni e nella sua forma, non contribuirà di certo a creare un clima di collaborazione tra i due. Anche se il presidente, nonostante la crisi economica, ha deciso di continuare a donare combustibile per riscaldamento ai poveri degli Stati Uniti. Questo nonostante il calo degli introiti del governo venezuelano, dovuto alla diminuzione del prezzo del petrolio. Infatti lo scorso 8 gennaio la Citizen Energy, l'organizzazione senza fini di lucro con base a Boston, che si occupa di distribuire il gasolio venezuelano, aveva annunciato l'intenzione di bloccare il programma, in seguito alla crisi economica, ma subito dopo la statunitense Citgo Petroleum Corporation, di proprietà venezuelana, ha smentito questa intenzione. Stando a quanto dichiarato dal precedente responsabile della Citizen Energy, Joseph Kennedy, dietro questa inversione di rotta ci sarebbe l'intervento diretto del presidente Chavez, che ha deciso di proseguire il programma che provvede al riscaldamento di 200.000 case, sparse in 23 stati e 65 tribù di nativi statunitensi. Un aiuto che l'anno scorso è venuto a costare 100 milioni di dollari. Tornando alla questione referendum, la proposta fu fatta l'anno scorso dallo stesso Chavez che con questo cambio costituzionale potrà candidarsi per un terzo mandato a partire dal 2013. Attualmente la Costituzione impedisce una cosa simile. Il progetto giunto sulla scrivania del Consiglio Nazionale elettorale per poi dare il via allo svolgimento del referendum è stato accompagnato da un gesto simbolico del partito di Chavez, infatti sono stati portati al consiglio 5 milioni di firme di cittadini in accordo con la proposta presidenziale: critiche ovviamente sono piovute dall'opposizione che ha mosso più di qualche dubbio sulla veridicità delle firme.

Dunque si annuncia un futuro pieno di insidie per il colonnello Hugo Chavez Fria, abituato a combattere, in politica e non solo, ma che questa volta dovrà farlo senza calpestare i concetti di democrazia e giustizia sociale, a lui tanto cari, altrimenti raccoglierà il testimone del neo populismo sudamericano, il rafforzamento del consenso attraverso la propaganda.

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