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Scritto da nel Letteratura e Filosofia, Numero 54 - 1 Febbraio 2009 | 0 commenti

Qui è proibito parlare

Il diavolo del ventesimo secolo ha il volto di un essere biondo, con gli occhi azzurri, bellissimo. Indossa una divisa grigia sul cui colletto sono cuciti un teschio sogghignante e due S spigolose e dritte simili a saette. È prassi comune dei popoli quella di trovare l'impersonificazione del male assoluto, lo furono streghe, eretici, ebrei, musulmani, barbari, luterani. Il ventesimo secolo ha scelto l'immagine di un soldato tedesco, l'immagine di un tedesco.

Lo scorso 27 Gennaio, come ogni anno, è stato celebrato il Giorno della Memoria, la commemorazione delle vittime del nazionalsocialismo e del fascismo, ed in particolare delle vittime dell'Olocausto. Come ogni anno istituzioni, associazioni, giornali e televisioni ci hanno raccontato il grado di crudeltà a cui giunse la nazione tedesca e il dramma dello sterminio di più di sei milioni di persone. Quest'anno ho provato una profonda insofferenza. Ho provato insofferenza perché vi è la tendenza a trattare la storia di quegli anni come se gli unici responsabili delle barbarie avvenute fossero i tedeschi, mentre il fascismo, con il suo contorno di stragi e terrore, si diffuse in quasi tutta Europa. Portogallo, Spagna, Ungheria, Jugoslavia, Romania, Grecia, Slovacchia, la Repubblica di Vichy e l'Italia naturalmente. La maggior parte di questi paesi collaborarono con la Germania nazista nell'esecuzione dell'Olocausto. Nella maggior parte di questi paesi vennero portate avanti con la forza politiche di normalizzazione di etnie e culture diverse da quelle ritenute “nazionali”. I tedeschi non furono gli unici che si macchiarono le mani di sangue.

Lo scorso mese è uscito in Italia “Qui è proibito parlare”, romanzo dello scrittore triestino, di madrelingua slovena, Boris Pahor. Ambientato a Trieste nell'estate degli anni Trenta, parla della storia di Ema, giovane slovena originaria del Carso, dal passato difficile, che vive il dramma del fascismo e della politica di italianizzazione a danno della cultura slovena. Erano gli anni in cui veniva proibito l'uso scritto e parlato della lingua slovena. Pile enormi di libri venivano bruciate di fronte al monumento dedicato a Verdi. Migliali di nomi e cognomi venivano italianizzati. Cinquecentomila tra croati e sloveni che dovevano per forza diventare italiani. Ema vive in questo contesto, in una città nemica dalla quale si sente esclusa. Il suo destino cambia grazie all'incontro con Danilo, uomo maturo e determinato che la guiderà nel pericoloso cammino della resistenza al fascismo e della difesa della cultura slovena.

Anche gli italiani hanno di che vergognarsi. Le politiche condotte contro le minoranze etniche del Piemonte, della Valle d'Aosta, del Trentino e del Friuli sono solo una delle tante pieghe del nostro fascismo. Per non parlare dei crimini commessi nelle colonie africane, che meritano un articolo a parte. Qui è proibito parlare porta alla luce una delle pagine più buie e meno raccontate del fascismo italiano.

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