Shah-in-Shah
È una giornata grigia. Nel video vediamo una villetta in quello che sembra un quartiere residenziale europeo. L'imam esce di casa accompagnato dai suoi fedelissimi. Con il turbante nero e la lunga barba bianca, cammina lentamente e sembra accigliato da qualche pensiero. Appena quindici giorni prima, il 16 Gennaio, il suo più grande nemico ha mollato, è fuggito come un codardo abbandonando il suo paese. La scena cambia, adesso si vede un Jumbo appena atterrato, l'imam scende dall'aereo appoggiato al braccio del pilota, ai piedi della scaletta una fiumana di gente lo acclama. Era il 31 Gennaio del 1979, e lo ayatollah Khomeini tornava in Iran dopo oltre sedici anni di esilio. Sono passati trent'anni, la rivoluzione iraniana è stata considerata la terza rivoluzione più importante dopo la Rivoluzione francese e la bolscevica. Nasceva la prima repubblica islamica basata sulla legge coranica. Da allora numerosi altri paesi del macro-universo musulmano avrebbero seguito o tentato di seguire la stessa strada.
La rivoluzione iraniana è uno degli eventi più complessi della storia del XX secolo. Uno dei migliori libri scritti sull'argomento è Sha-in-sha dello scrittore e giornalista polacco Ryszard Kapuscinski. In uno stile a metà tra la narrativa e il reportage, il libro indaga sulle origini della rivoluzione. Attraverso un viaggio nella storia dell'Iran moderno, dei suoi villaggi, delle sue moschee, il libro penetra nell'intimità dell'iraniano comune. Racconta l'identità dello sciita. Disegna un profilo psicologico dello Scià, un uomo afflitto dal complesso di inferiorità, ossessionato dal culto della propria persona, troppo mondano e poco attento alle esigenze del suo paese. Parla di un Iran oppresso, povero, soggiogato da un regime di terrore perpetrato per mezzo della Savak, la polizia segreta. Entra nelle stanze delle torture e descrive nel dettaglio le violenze e gli stupri.
La storia inizia di sera, nella hall di un hotel senza ospiti. Quattro ragazzi giocano a carte e bevono tè. Nel televisore di fronte a loro Khomeini parla alla nazione. Dice che il popolo iraniano deve rimanere unito, deve mantenere la propria dignità, che nel paese non c'è posto per le influenze straniere. Fuori c'è il coprifuoco, ogni tanto si sentono gli echi di spari ed esplosioni. Chiuso nella sua stanza Ryszard tenta di mettere ordine tra le cose e gli appunti raccolti durante la sua permanenza in Iran. Prende una fotografia, la descrive, e da quella racconta una storia. Poi un ritaglio di giornale. Poi ascolta una registrazione. Da ogni cosa trae spunto per raccontare un aspetto. Tante storie diverse per raccontare un unico evento (simile alla soluzione narrativa usata da Ari Folman in Valzer con Bashir).
Molto interessanti sono le tesi di Kapuscinski sull'origine della rivoluzione, nata all'ombra della casba, nelle moschee, poichè era l'unico posto dove gli iraniani potevano parlare liberamente. Racconta di audiocassette distribuite in tutto il paese sopra cui vi era registrata la voce di Khomeini che incitava alla rivoluzione. Poi le prime manifestazioni di dissenso. In Iran la tradizione vuole che quando una persona cara muore, dopo quaranta giorni, amici e parenti si riuniscano a casa del morto per ricordarlo. L'8 gennaio 1978 un quotidiano pubblicò un articolo contro Khomeini. La gente di Qom (centro religioso del paese) scese in piazza per protestare. La polizia aprì il fuoco e lasciò a terra decine di morti. Quaranta giorni dopo successe lo stesso con parenti e amici. Quaranta giorni dopo scoppiarono tumulti in numerose città, e ci furono nuovi massacri. Quaranta giorni dopo ancora e ancora morti. Il numero dei manifestanti aumentò a dismisura e la furia della gente divenne incontenibile.
Lo Scià fu costretto a fuggire e Khomeini ritornò per prendere in mano le redini del paese. Nell'Aprile di quello stesso anno il 98% degli iraniani avrebbe votato per la repubblica islamica, passando consensualmente da un regime a un altro.
Angelo Valenza