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Scritto da nel Numero 59 - 1 Maggio 2009, Politica | 0 commenti

Viaggio nel Piccolo Abruzzo

Nella stazione di Collarmele, paese di appena mille anime a pochi chilometri da L'Aquila, l'orologio è fermo alle tre e trentadue del 6 aprile. Un giorno che rimarrà scolpito nella mente degli abruzzesi, perché è stato il giorno in cui la terra ha tremato disseminando la morte. Ha colpito nella notte, nel sonno, anche se molti lo aspettavano, molti lo aspettavano terrorizzati nelle proprie auto, perché “in giro” si dice che un tecnico che lavora presso i laboratori del Gran Sasso, Giampaolo Giuliani, appassionato studioso di terremoti, nei giorni precedenti aveva previsto una forte scossa. Ma i terremoti non si possono prevedere, così Giuliani si becca una denuncia per procurato allarme. Dodici giorni dopo, esattamente il 18 aprile scorso, il sindaco dell'Aquila, Massimo Cialente, Partito Democratico, si è presentato spontaneamente in procura portando con se un telegramma datato 1 aprile, inviato cinque giorni prima dalla tragedia. Destinatari la presidenza del consiglio dei ministri, il governatore della regione Gianni Chiodi, l'assessore regionale alla protezione civile Daniela Stati e la Prefettura dell'Aquila (caduta…). Questo il contenuto:

“In relazione ai gravi e perduranti episodi di eventi sismici il cui inizio risale al 16 gennaio scorso, sotto forma di quotidiano sciame sismico di complessive 200 scosse e oltre, culminato con scossa di quarto grado il 30 marzo scorso, chiedesi urgente e congruo stanziamento di fondi per prime emergenze, nonché dichiarazione stato emergenza ai fini dell'effettuazione dei necessari interventi di ripristino idoneità degli edifici pubblici e privati. Inoltre, si segnalano in particolare gravissimi danni strutturali in due edifici scolastici ospitanti cinquecento alunni. Massimo Cialente. Sindaco dell'Aquila”.
L'allarme lanciato dal sindaco è rimasto inascoltato. Quante vite si sarebbero potute salvare se ogni ente preposto avesse fatto il proprio dovere? Invece si è deciso solo di rassicurare il sindaco e i cittadini, pur sapendo che nell'aquilano le scosse, le persone le avvertono già dalla metà dello scorso gennaio. Ma è meglio fermarsi perché come molti in questi giorni hanno detto, non è il momento per le polemiche.

Sono stati soprattutto i giovani le vittime di questo terremoto. Due sorelle, di 19 e 21 anni, dormivano insieme in un appartamento del centro storico aquilano, dove solenni palazzi signorili del '700 e dell''800 non ci sono più. Studiavano, la grande scienze farmaceutiche, la piccola era al primo anno di biologia. Non si sono nemmeno accorte del sisma, dormivano. Due anime piene di sogni volate in cielo, e con loro altre 298 persone, escludendo 50 persone di cui oggi, a più di venti giorni dall'evento, non si hanno più notizie. Gli sfollati, coloro che non hanno più casa, sono circa 45.000. Il centro storico dell'Aquila sembra una di quelle foto che ci sono nei libri di scuola del liceo in cui si racconta dell'Italia del dopoguerra. Il terremoto è stato raccontato dai media nazionali come la “classica” tragedia italiana, che ciclicamente colpisce il nostro paese. Prima dell'Abruzzo l'Irpinia, prima dei terremotati campani è toccato ad Avezzano così come in Friuli senza dimenticare l'Umbria e San Giuliano di Puglia. In ognuno di questi eventi un'immagine simbolo: il duomo, la scuola, le case, le chiese, i campanili, i volti delle persone. Ogni volta si mette in luce la fragilità di parte del sistema-Italia ma poi ci si consola sempre facendo riferimento al grande senso di solidarietà degli Italiani. Le tragedie come queste nel nostro paese ci saranno sempre se non cambierà l'atteggiamento nei confronti della legalità, diretta conseguenza per una vita più sicura anche in quei posti in cui il rischio sismico è massimo.
“Il terremoto non uccide, l'uomo si”: queste le parole del presidente dei vescovi italiani, monsignor Angelo Bagnasco, all'indomani della visita in Terra D'Abruzzo. Nel caso del terremoto aquilano c'è stato un impiego dei media massiccio, questo dovuto anche alle indubbie capacità mediatiche di Berlusconi che hanno fatto sì che i riflettori rimanessero puntati ininterrottamente sul capoluogo abruzzese. È riuscito a fare in modo che l'agenda dell'opinione pubblica, qualsiasi tema toccasse anche extra – terremoto, avesse come scenografia L'Aquila.

Una delle tante storie di questo terremoto viene da Goriano Sicoli. Comune di appena 660 abitanti, immerso nel parco verde del Sirente-Velino, che in seguito al sisma ha riportato la distruzione totale del centro storico, duecento sfollati, più il crollo della scuola elementare e dell'asilo, stazione ferroviaria che a giorni verrà demolita così come la caserma dei carabinieri, le armi degli agenti sono state recuperate diversi giorni dopo. Qui, come altrove la malinconia negli occhi di tutti. Però a Goriano c'è stato un momento di speranza rappresentato dal salvataggio della santa patrona, Santa Gemma, rimasta prigioniera tra le macerie dell'omonima chiesa che verrà demolita. La religione e la fede sono elementi attraverso i quali raccontare l'evento. La fede come unico mezzo di speranza e salvezza contro la furia della natura. Il momento del recupero della teca con dentro la santa è stato unico. La leggenda racconta di una giovane pastorella nata a San Sebastiano che rimasta orfana fu accolta da una comare che viveva a Goriano Sicoli nella sua casa che oggi ospita la confraternita a lei intitolata. Il salvataggio è stato compiuto da un gruppo di vigili del fuoco, venti, provenienti da Bologna e Ravenna, capitanati da Gianluca Savini. L'operazione è durata venti interminabili minuti con l'intero paese in attesa con il fiato sospeso nel piazzale antistante alla chiesa. Altre squadre dei vigili del fuoco nei giorni precedenti avevano provato con esiti negativi quindi le speranze della gente di rivedere la propria santa erano sempre meno. Savini, in un primo momento, preferisce non entrare, è troppo rischioso, ma dopo un consulto con i suoi, si decide per un'uscita laterale della chiesa poiché la principale è fuori uso. Attimi concitati, una scossa proprio in quei momenti avrebbe compromesso anche la vita di quegli uomini che fino a ieri ignoravano l'esistenza di questi posti. Ma alla fine la gioia è stata enorme, Santa Gemma è in salvo, la gente esplode in lacrime, dal più piccolo fino al sindaco, i vigili del fuoco vengono sommersi da abbracci e ringraziamenti, il parroco, don Ezio, invita tutti in preghiera, dei ragazzi stappano il vino, i più piccoli giocano a calcio, per un momento non si pensa alle case distrutte ed i ringraziamenti sono tutti per loro, per quegli “eroi”, i vigili del fuoco, che hanno reso questa giornata unica ed irripetibile. Onna invece è il paese simbolo del terremoto. 350 abitanti, 39 morti. Frazione del comune de L'Aquila completamente rasa al suolo. Qui nel 1944 ci fu una strage nazista. L'esercito tedesco fece saltare la casa di tale Giovanni Ludovici accusato di aver ucciso un sottufficiale tedesco, distruggendo con la dinamite altre sei case. Oggi il ministro degli esteri tedesco, Walter Steinmeier, conferma che il contributo della Germania alla fase della ricostruzione post-terremoto si concentrerà soprattutto su Onna. Onna è anche il paese di Giustino Parisse, vice capo redattore del quotidiano Il Centro e responsabile della redazione dell'Aquila, che ha perso i suoi due figli, Maria Paola e Domenico, ed il papà 75enne mentre la madre è gravemente ferita.

Queste sono piccole storie abruzzesi, dunque piccole storie italiane che non devono essere più raccontate in futuro per tutta la loro drammaticità e lo sconforto che portano con sé, perché, citando Giorgio Napolitano, il terremoto in Abruzzo, ma così come in altre tragedie italiane, porta con sé “comportamenti come lo sprezzo della regole e il disprezzo dell'interesse generale e dell'interesse dei cittadini” che hanno aggravato “il danno e il dolore umano che si è provocato”. Mai più.

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