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Scritto da nel La Cantina del Viaggiatore, Numero 60 - 1 Giugno 2009 | 0 commenti

Franciacorta





Terra degna dell’Arengo del Viaggiatore, piazza in eterno movimento, la Franciacorta.

Terra che ha lasciato gli ormeggi e ha deciso di muoversi in lungo e in largo per lo stivale e per il continente, per portare le sue bollicine in tante piazze importanti.

L’anno scorso Firenze, Padova, Monaco di Baviera e Parma; quest’anno Milano, Roma, Amburgo e lo scorso 25 maggio, Bologna, prima di fare rotta verso Zurigo.

Terra affascinante, che deve il suo nome all’arrivo dei monaci cluniacensi, i quali, obbedendo solo agli ordini papali, erano esenti da dazi di vescovi e signori feudali: da qui corte franca, che con le dovute evoluzioni linguistiche ci ha portato a Francia Corta.

Nemmeno a dirlo, c’è anche un’altra corrente che sostiene che il nome sia dovuto a Carlo Magno, il quale durante la sua campagna d’Italia, colto da feroce attacco di saudage francofona, abbia riconosciuto nelle dolci colline le sue terre d’origine.

Sembra molto più credibile la prima ipotesi.

Torniamo all’altro ieri.

All’Hotel Carlton sono presenti con i loro vini, ben 42 aziende. Presenti anche produttori, enologi e attori vari della Franciacorta.

Mancano alcuni nomi importanti, come Gatti e tutto il versante “critical”, ma rimane una magnifica opportunità per approfondire o semplicemente presentarsi con una delle terre più vocate per le bollicine metodo classico.

Appuntamento da non perdere è stata la degustazione guidata da Aurora Cacciari, Delegato Ais di Bologna, e Cladia Nicoli, ambasciatrice italiana dello Champagne.

Dopo un excursus su storia, sul disciplinare e sulle diverse tipologie, siamo passati all’assaggio. Quattro vini differenti, per cercare di avere un quadro più completo possibile.

Si è iniziato con un dosage zero, ovvero vino senza zucchero residuo, senza aggiunta di zucchero o alcol e non dosato con liqueur d'expedition; questa tipologia mostra lo spumante nudo e crudo, senza possibili “trucchi” o “make up”, o c’è l’uva o meglio lasciar perdere questa tipologia; “Claro”, millesimato 2004 dell’azienda Barboglio de Gaglioncelli, un blanc de blancs, ovvero spumante ottenuto solo da uve a bacca bianca (chardonnay e pinot bianco in questo caso). Qui i lieviti mi hanno lasciato sentori più da pane integrale, con note di affumicato. Buono, per niente ruffiano, che ha guadagnato rimanendo nel bicchiere: dopo esserci presentati abbiamo dovuto trovare la lingua con cui parlare.

Il secondo è un Satèn, tipologia esistente solo in Franciacorta, che si caratterizza in primis per l’utilizzo esclusivo di chardonnay ed un eventuale taglio di Pinot Bianco e per la pressione della bottiglia che dev’essere inferiore alle 4,5 bar che conferisce a questa tipologia una morbidezza superiore alle altre.

Il Millesimato 2004 di Chiara Ziliani è forse troppo morbido, buono intendiamoci, ma forse un vino che non invoglia a berne più bicchieri. Al naso evidenzia note di nocciola e brioche.

Decisamente opposto il terzo spumante in degustazione: il Brut 2004 dell’azienda Cola fa venire voglia di bere subito un altro bicchiere finito il primo.

Di grande e decisamente stravagande personalità l’ultimo vino, il rosè “Arcadia” di Lantieri, vino che mi ha lasciato col rimpianto di non attendere la sua evoluzione, causa fine degustazione.

Giusto per darvi un’idea, il profumo principale era di formaggio erborinato, quasi roquefort.

Assurdo.

Finita la degustazione guidata, mi sono buttato nella mischia delle 42 aziende.

Tra chiacchiere varie e bollicine che mano a mano distruggevano il palato, da segnalare su tutti due vini: il rose de La Montina, spumante che evidenzia sentori di frutta prima di forni e pasticcerie varie, e il “Sospiri” di Ca del Vent: gran gran bel bicchiere di vino, caratterizzato da leggere note di ossidazione.

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