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Scritto da nel Itaca, Numero 60 - 1 Giugno 2009 | 0 commenti

Itaca – Capitolo Secondo

Itaca

Romanzo a puntate
Nel capitolo precedente:
Autòlico ruba le vacche a Sisifo, che si vendica ingravidando a tradimento la figlia sua promessa in matrimonio al principe Laerte.
Capitolo Secondo
Dove si discorre del mondo delle vacche
e proseguono le vendette


Cefalo è il primo nato nell'isola dai tempi della fondazione, da quando Laerte con suo padre avevano nascosto e sterminato gli indigeni e fondato una nuova piccola civiltà di Achei chiamata Itaca. A parte la levatrice ch'è però troppo ingenua e l'ama troppo, chi si prende cura della sua educazione è il nonno materno Autòlico, il vaccaro solitario ladro di bestiame. Insieme vanno spesso a caccia, caccia di cinghiali e a volta di vacche, poi dopo alle vacche gli controllano gli zoccoli e colorano il pelo, Autòlico gli spiega con una strizzatina d'occhi di come il mondo delle vacche è in natura equilibrato, mentre basta guardarsi intorno per vedere che in certi posti ce n'è di più e in altri posti di meno, per la snaturatezza umana, e bisogna ridistribuire – dice Autòlico – ma per distribuire correttamente ci vuole di fare dei calcoli complicati con delle formule che i geometri del continente stanno finendo d'inventare, ci vuole tempo, e nel mentre lui Autolico mette a disposizione il suo tempo e le sue stalle per la raccolta di tutto quel bestiame.

Cefalo ama suo nonno, gli sembra molto più simpatico di suo padre ch'è sempre così serio, il nonno invece di poche parole e molte risate. Scappando con ogni stratagemma alla nutrice che l'ama troppo e che l'annoia senza mai volerlo capire del tutto, passa con lui tutto il tempo che può, come quel giorno che Sisifo, re di Corinto, viene in visita a Laerte, re di Itaca, e si mettono a parlare tutto il tempo, quei due. Sisifo che chiede notizie del principe, Sisifo che vorrebbe conoscere il principe, solo che il principe è a caccia di cinghiali con suo nonno, e parla che ti riparla viene fuori nel discorso che una volta quel nonno che porta il principe a caccia di cinghiali era stato a caccia delle sue vacche e glie ne aveva rubate un bel po', così che Laerte fa due più due e capisce il mistero della prosperità di Autolico e nello stesso tempo capisce anche il mistero dello svuotamento delle sue proprie stalle, Non esiste nessuna comunità di vacche libere! – dice, come che davvero c'ha creduto fin'ora – …e non ci sarà mai! – sbianca d'un colpo e Sisifo è così divertito a vedere che quell'altro non s'era accorto di niente e a vedere la regina sulle spine a quel modo per la paura che viene fuori anche quell'altro segreto che la riguarda a lei e alla sua purezza e all'identità di Cefalo ch'è un figlio bastardo, è così divertito Sisifo che quest'altra rivelazione se la tiene per se e senza dir più niente se ne torna a casa sua.


La sera Cefalo torna dalla caccia con una ferita profonda a una gamba che avrebbe tardato a rimarginare, e che lo avrebbe fatto soffrire così tanto che mai più vorrà andare a caccia, mai più nella vita, e ogni volta che poi il nonno gli chiede di accompagnarlo lui si alza il vestito e gli fa vedere la cicatrice: Mai più – dice. Autolico nel mentre, ora che tutti sanno ch'è un ladrone della peggior specie, nel mentre Autolico l'odiano tutti, Vedi? – gli diceva al nipote, ch'è l'unico che invece lo ama e continua a fargli visita anche quando in famiglia glielo si proibisce – vedi? Mi odiano tutti, quando mi vedono in giro mi sputano, mi odiano proprio, puoi chiamarmi 'Odisseo'! – e rideva. Cefalo allora quando se lo ricordava lo chiamava, al nonno, 'Odisseo' e di nuovo ridevano, ridevano dell'odio della gente, che alla fine tutto quell'odio addosso non gli faceva proprio un graffio nemmeno, perché Vedi? – gli diceva al nipote – sono sempre qui, bello in salute, anche se loro mi odiano, ero solo prima e sono solo adesso… – e se la rideva – …io sono Odisseo! Il ladrone più odiato di tutta Itaca! E sono tuo nonno, e tu non ti devi vergognare – gli diceva.

Io non mi vergogno – gli risponde un giorno Cefalo, ch'è ancora un bambino – meglio essere come te che come mio padre che non ride mai, ch'è così occupato a prendere tutto sul serio che non si accorge di niente che gli succede sotto il naso – ma una sera questi discorsi vengono interrotti dall'arrivo improvviso di un naufrago bagnato fradicio che si mette a raccontare di aver perso il controllo della nave che s'è distrutta negli scogli, che lui è l'unico sopravvissuto tra tutti gli altri, che s'è arrampicato sulla montagna sicuro che l'isola fosse inabitata, che cerca aiuto, e così tutti e tre si mettono in casa a cenare in silenzio. Non mi hai riconosciuto, Autòlico? – dice il naufrago tra il primo e il secondo piatto. Autolico senza nemmeno scomporsi mantiene lo sguardo fisso e sereno sugl'occhi dell'ospite: Caro Sisifo, re di Corinto e il più imbroglione degli uomini, ti ho riconosciuto al primo sguardo, ma non per questo ti avrei rifiutato un pasto caldo, visto come sei ridotto – la risata di Autòlico è così forte e incontrollabile che quasi anche Sisifo si mette a ridere pure lui, e pure Cefalo, che non capisce i dettagli di quello che sta succedendo ma capisce invece che se un re s'infila in una casa travestito da pezzente vuol dire che non ha in testa niente di buono come intenzioni, e si sente davvero fiero di suo nonno che gli risponde così a un re che gli vuol fare l'agguato in casa sua, E io sono Odisseo – dice, Cefalo – figlio di Laerte e principe di Itaca, quindi vattene dalla mia isola o parla chiaramente: cosa vuoi, Sisifo, che sei re a Corinto? – Autolico e Sisifo erano tutt'e due commossi per la fermezza di quel bambino ch'era di uno il nipote e di quell'altro il figlio, se pur bastardo: Non voglio niente da te, Odisseo, né da te né dalla gente della tua isola. Sono venuto per completare la mia vendetta e uccidere questo ladro di vacche che mi ha dimezzato la mandria molti anni fa – Cefalo voleva sapere allora perché non l'ha ucciso subito molti anni fa invece che adesso, Perché tu, Odisseo – gli dice – tu sei la mia vendetta migliore, ma tuo nonno mi serviva; adesso mi sembra di capire, a guardarti, che non mi serve più – e senza perdere altro tempo in chiacchiere gli taglia la testa a Autolico e se ne va senza nemmeno assaggiare il secondo piatto.

(continua…)

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