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Scritto da nel Itaca, Numero 61 - 1 Luglio 2009 | 0 commenti

IV – Zenone, ovvero: Nessuno

Itaca

Romanzo a puntate
Capitolo Quarto
Dove Odisseo si fabbrica un arco micidiale, cade in una trappola
e ascolta il cantar d'Oriente

E quindi Sisifo aveva decapitato Autòlico prima ancora di finire la cena, travestito da naufrago inzuppato e miserabile, di fronte agli occhi del piccolo Odisseo. Otto anni c'aveva Odisseo, e tutti lo conoscevano con il nome del bisnonno paterno: Cefalo – l'amante dell'Aurora a quanto si racconta. Allora Sisifo decapita Autòlico e senz'altro aggiungere se ne va, e nella notte Odisseo lo segue alla lontana; giù per la montagna lungo un sentiero Sisifo cammina tranquillo, canticchia e se la fischietta fino a una baia dove l'aspetta una nave ben dotata di schiavi rematori. Sisifo, tutto straccione per il travestimento, sale s'una barchetta e raggiunge la nave in breve, la nave se ne va: rimane solo Odisseo, sulla spiaggia, nella quiete della notte.

Ah, ben – si dice Odisseo – non è mica giusto – guarda la nave di Sisifo allontanarsi e farsi sempre più piccina, fino a scomparire. Ritornato alla montagna, fa pigliar fuoco alla casa col nonno decapitato ancora seduto a tavola, se così si può dire; la mattina scende le bestie alle stalle di Laerte e per qualche tempo di lui nessuno ne sa più niente. Vive solitario nei boschi, Odisseo, sulla montagna. Si mette insieme dei rifugi d'uccello sugl'alberi, con rami e foglie, costruisce un arco il doppio degli archi normali: durissimo da flettere (per aumentare la velocità delle frecce e per raggiungere da lontano), un arco come non s'erano mai visti archi di tal fattura prima; e la fame lo aveva addestrato in breve alla precisione del tiro: non sbagliava un colpo.

Raramente scende Odisseo a far visita a sua madre e a Laerte, e col passare del tempo perde del tutto l'aspetto di un principe: odora di muschio, guardingo e malfidente come un animale selvatico. A dodici anni sembra già un uomo fatto, anche se di poco pelame; non particolarmente alto ma robusto di gambe e torace. L'abitudine a tendere quell'arco così duro che nessun altro sarebbe riuscito a tendere gli sviluppa una forza nelle braccia tale che potrebbe uccidere un cinghiale a mani nude – non fosse che l'incidente d'infanzia, a caccia col nonno, gli ha insegnato a non immischiarsi così da vicino, ma solo da lontano, con l'arco, e il più lontano possibile.

Dopo tutti quest'anni di solitudine nel bosco, raramente incontrando altri uomini, Odisseo rimane intrappolato in una rete da caccia, sollevato all'altezza di due uomini da terra, appeso a un albero. Non può tendere l'arco, non può muoversi: aspetta qualche ora. Si fa sera quando arriva sotto di lui un ragazzo tutto ben conciato, Sei tu, Cefalo? – gli fa – …il principe selvatico di cui si dice tanto a Corinto? – Odisseo non sapeva niente di quel che si dice o non si dice, però sì: era il principe: Io sono Odisseo, mica Cefalo! Cefalo il principe che dici tu …è morto.

Ma come 'è morto?' – dice il ragazzo.

Eh…bruciato con tutta la casa, insieme al vaccaro Autòlico, ch'era il suo nonno…Vruum: tutti bruciati – quell'altro, là sotto, se la rideva: E quindi Cefalo è morto.

- Eh-ssì

E allora sei Odisseo, il principe selvatico di cui si dice tanto a Corinto? – gli fa.

Senti un po', non far mica tanto il fenomeno – gli dice Odisseo – cos'è? sei venuto anche tu da Corinto per uccidermi a me come a mio nonno? eh? come Sisifo? di' un po' – il ragazzo lo guardava divertito, con le braccia incrociate e il mento insù: Non sono di Corinto – gli dice – e non uccido nessuno – e si mette a sciogliere dei nodi e lasciar andare una fune tesa: la rete scende da là dove stava appesa, Odisseo si trova a terra, libero, e tende il suo arco: Chi sei – dice – dimmi il tuo nome – e qui una bella risata del ragazzo, lì: Io? io nessuno, non vedi?

- Dimmi un po' il tuo nome, che questa storia di non essere nessuno non mi piace per niente – senza scomporsi lo straniero gli spiega di come i suoi padri l'hanno probabilmente abbandonato alla nascita, evento che tra l'altro non ricorda per niente e questo di essere nato si fida per sentito dire – dice – e i suoi primi ricordi sono già in una terra straniera, da bambino, e sempre l'hanno chiamato Zenone ma che può anche essere che il nome che i suoi padri gli hanno dato fosse un altro, o che forse non gliene hanno dato nessuno, e quindi che con tutta giustizia potrebbe dire anche di chiamarsi nessuno, …ma Zenone gli piace di più, per un nome… – così parlava il ragazzo sotto tiro dell'arco più micidiale mai costruito – …e cos'è che vuoi fare con quell'aggeggio? uccidere questo nessuno che sono? – la risata di Zenone lascia Odisseo a bocca aperta; si rimette l'arco in spalla: Mi ricordi mio nonno – gli fa – …anche se non ho ben capito cos'è che ti fa tanto ridere.

Tuo nonno – gli dice Zenone – è conosciuto in molte isole, e anche nel continente, per essere uno dei più grandi ladroni del mediterraneo, …ch'è riuscito anche a rubare a Sisifo, dicono – con grande ammirazione lo dice. Gli prepara Odisseo un nido nell'albero anche a lui, catturano un cinghiale, Zenone lo scuoia in quattro e quattr'otto con un coltello che Odisseo coltelli e altre lame di metallo non ne aveva mai visti: Viene dalla Persia – gli spiega Zenone, e si preparano il cinghiale sul fuoco.

Davanti al fuoco Zenone racconta dei suoi vagabondaggi lavorando sulle navi dei mercanti. Racconta il giro del Mediterraneo che ha fatto dieci quindici volte almeno secondo i suoi calcoli; recita i canti che ha imparato dagli aedi e rapsodi vagabondi come lui, ma l'ultimo canto Odisseo non capisce una parola, Questo pure viene dalla Persia – gli dice Zenone, e canta di Zoroastro: un uomo solitario che vive laggiù, nei boschi come te – Odisseo, con le labbra socchiuse, c'aveva gli occhi tutti rotondi spalancati: Come me, dici?

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