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Scritto da nel Energia e Ambiente, Numero 61 - 1 Luglio 2009 | 0 commenti

Normativa, strumenti e prospettive della pianificazione energetica: dall'Italia alle regioni

La normativa italiana nell'ambito della pianificazione energetica si basa sulla legge 10/91 (“Norme in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia“) che si occupa di regolamentare sia settori specifici della progettazione a scala architettonica (impiantistica, ecc.) che, a livello più ampio, la pianificazione energetica su scala territoriale.
Questa legge dà inizio ad un processo di progressivo decentramento a livello locale della pianificazione energetica che attribuisce a Regioni, Province e Comuni specifiche competenze in materia di programmazione e pianificazione energetica.
Lo strumento principale individuato dalla legge 10/91 a tale scopo è il Piano Energetico Regionale (P.E.R.) che, nell'ambito di specifici bacini energetici territoriali, si propone di attuare politiche finalizzate al miglioramento dei processi di trasformazione dell'energia e alla riduzione dei consumi. Il P.E.R. viene redatto per favorire l'uso razionale dell'energia, il contenimento dei consumi di energia nella produzione e nell'utilizzo di manufatti, l'utilizzazione delle fonti rinnovabili di energia, la riduzione dei consumi specifici di energia nei processi produttivi, una più rapida sostituzione degli impianti in particolare nei settori a più elevata intensità energetica.
Inoltre vengono attribuite finalità specifiche ai Piani Regolatori Generali dei Comuni con popolazione superiore ai 50.000 abitanti, a cui spetta il compito di attuare un piano settoriale relativo all'uso delle fonti rinnovabili di energia.
Un ulteriore passo verso l'attribuzione di competenze agli enti territoriali viene attuato con l'entrata in vigore del D. Lgs. n. 112/98: lo Stato conserva la propria competenza in merito alla definizione degli obiettivi e dei programmi nazionali in materia di fonti rinnovabili e di risparmio energetico, ma trasferisce alle Regioni e agli Enti Locali specifiche funzioni amministrative di controllo. In particolare alle Province, nell'ambito delle linee di indirizzo previste dai P.E.R., è affidato il compito di elaborare programmi di intervento per la promozione delle fonti rinnovabili e del risparmio energetico.
In questo scenario anche la Regione Abruzzo, in attuazione della legislazione nazionale, emana la L.R. n. 80/98 “Norme per la promozione e lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia e del risparmio energetico”, attraverso la quale si istituisce un Fondo Regionale finalizzato all'attuazione, da parte di Province, Comuni e Comunità Montane, di interventi mirati a contenere i consumi energetici e sviluppare l'uso delle fonti rinnovabili di energia nelle principali strutture pubbliche (ospedali, scuole, edifici destinati ad ospitare sedi di Enti Pubblici, pubblica illuminazione, trasporti).
A livello regionale, il processo di formazione del P.E.R. è stato avviato ormai da diversi anni. Pur avendo condotto all'elaborazione di approfondite analisi dei consumi e dell'offerta energetica derivante da fonti di produzione di energia convenzionali e alternative nonché di un dettagliato bilancio energetico, non è ancora giunto alla sua definitiva approvazione. Due delle quattro province abruzzesi, Chieti e Teramo, si sono dotate di piano energetico, mentre per l'Amministrazione Provinciale de L'Aquila tale piano è ad oggi ancora solo un'idea, anche se l'elaborazione di uno strumento programmatico al servizio dell'ambiente rientra tra i suoi obiettivi prioritari. Peraltro nel 2005 a l'Aquila nasce, su iniziativa della provincia e con il supporto di diversi comuni, l'Agenzia Provinciale dell'Energia (EnergyAq) finalizzata alla promozione di politiche e azioni strategiche condivise ed integrate agli strumenti di pianificazione urbanistica comunale, generali e settoriali.
In generale, le regioni che, come l'Abruzzo, non si sono fino ad ora munite dei Piani Energetici, in base ai D. Lgs 192/2005 e 311/2006, sono tenute ad uniformarsi alle indicazioni specifiche contenute all'interno della normativa nazionale. Quest'ultima ha subito un'ulteriore evoluzione a seguito dell'emanazione della direttiva 2006/32/CE, inerente all'efficienza degli usi finali dell'energia e ai servizi energetici. Il fine del nuovo provvedimento, D. Lgs 115/2008, è quello di conseguire un obiettivo globale di risparmio energetico a livello comunitario pari al 9% entro il 2016, tramite servizi energetici e altre misure di miglioramento dell'efficienza energetica.
Inoltre per la prima volta in Italia è istituita un'Agenzia Nazionale per l'Efficienza Energetica presso l'ENEA, con il compito specifico di predisporre proposte tecniche per la definizione dei metodi per la misurazione e la verifica del risparmio energetico ai fini del conseguimento degli obiettivi indicativi nazionali. L'Agenzia svolge supporto tecnico-scientifico e consulenza per lo Stato, le regioni e gli enti locali ai fini della predisposizione dei piani attuativi. Gli strumenti di cui si avvale, elaborati a partire dal 2009, sono i Rapporti annuali ed i Piani di Azione per l'Efficienza Energetica (PAEE). I primi contengono l'analisi dei miglioramenti e dei risultati conseguiti nei diversi settori e per le diverse tecnologie, nonché la mappatura dei livelli di efficienza energetica presenti nelle diverse aree del territorio nazionale. Sulla base del contenuto e dei dati rilevati, l'Agenzia elabora poi il PAEE che propone indicazioni e azioni specifiche per raggiungere gli obiettivi nazionali.
Il decreto ribadisce, seppur in maniera abbastanza generica, la volontà di promuovere, da parte della Regioni, il coinvolgimento delle province e dei comuni nelle iniziative per il raggiungimento dell'obiettivo di incremento dell'efficienza energetica nei rispettivi territori.
Anche alla luce di tali recenti provvedimenti legislativi, si rileva però l'assenza di una normativa nazionale capace di porsi come riferimento univoco per la programmazione energetica a tutti i livelli istituzionali e che definisca strategie, obiettivi e azioni individuando, in attuazione dei principi di adeguatezza e sussidiarietà, i compiti afferenti a ciascun livello.
Il quadro legislativo esistente, seppur molto frammentato, offre comunque agli Enti Locali l'opportunità di elaborare, all'interno della propria area di competenza, un progetto complessivo di sviluppo dell'intero sistema energetico che sia coerente con lo sviluppo socioeconomico e produttivo del loro territorio.
Ciò che sembra mancare è invece una forma di integrazione tra gli strumenti di programmazione energetica, concepiti ancora troppo spesso come contenitori di buoni principi ma di scarsa efficacia applicativa, e quelli più generali di governo del territorio che, al contrario, sono capaci di incidere direttamente sulle trasformazioni fisiche apponendo veri a propri vincoli.
Paradossalmente, in questo quadro, Energia e Territorio, pur essendo facce della stessa medaglia, appaiono come due rette parallele che non si incontreranno mai se non si acquisirà la consapevolezza della sempre maggiore correlazione ed interazione tra pianificazione energetica e piani territoriali e urbanistici, all'interno dei quali la variabile energia è ancora troppo spesso assente o inclusa all'interno della più ampia tematica ambientale.

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