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Scritto da nel Internazionale, Numero 61 - 1 Luglio 2009 | 0 commenti

Riformista a chi?

L'Ingenere e l'Architetto. Il già sindaco di Theran e il già primo ministro della Repubblica Islamica dal 1981 al 1989. L'uomo, Mahmud Ahmadinejad, "prescelto" nel 2005 da Khamenei come l'unico leader capace di rappresentare la grandezza e l'efficienza dell'antica Persia agli occhi dell'Occidente, e il nuovo, per modo di dire visto il suo passato, Mir-Hossein Mousavi.
In questi sommari identikit, la sfida tra i due principali competitor nelle elezioni iraniane del 12 giugno scorso, conclusesi con la ri-conferma di Ahmadinejad: una vittoria ottenuta a tutti i costi, anche con il sacrificio di vittime, con Neda, la giovane iraniana uccisa per strada, simbolo della rivolta contro una Repubblica che sembra più  prendere le sembianze di un regime.

Ma torniamo sugli sfidanti.
Mentre di Ahmadinejad si sa
tutto o quasi, nato in un villaggio poverissimo si è fatto strada nelle milizie volontarie dei basiji durante la guerra contro l'Iraq, Moussavi chi è? Alla vigilia della sfida elettorale, Mir-Hossein Moussavi è stato presentato nei titoli della stampa internazionale come il progressista che sfida l'ultraconservatore.  "Un Presidente per L'Iran" (Internazionale, 11 giugno).  "Theran, la vigilia del voto è già rivoluzione (La Repubblica, 11 giugno). "Reverberations as Door Slams on Hope of Change" (New York Times, 11 giugno). "Can Ahmadinejad lift his election campaign to victory?" (The Times). "En Iran le duel Ahmadinejad – Moussavi domine la campagne présidentielle " (Le Monde, 11 giugno). "Ahmadinejad intensifica sus ataques contra los moderados en el ultimo dia de campana" (El Pais, 10 giugno).

Moussavi, che ha trovato nel verde il colore simbolo della sua campagna elettorale, lo stesso verde che in questi giorni, come dice uno studente iranianio in uno dei tanti blog presenti sul web "…non è più il colore della speranza ma quello della resistenza." La sua campagna elettorale è comincita circa un anno e mezzo fa, basata essenzialmente sulla delegittimazione del suo avversario facendo leva sulla crisi economica globale che non ha certamente risparmiato un Iran già in crisi.
Jomhouri-e-Eslami è il quotidiano del partito repubblicano iraniano, da cui Moussavi ha condotto la propaganda parlando molto di diritti. Infatti la differenza rispetto ad Ahmadinejad è la sua maggiore apertura ai diritti fondamentali, molti dei quali ancora non rispettati. A Teheran un ragazzo e una ragazza che passeggiano per strada oggi non possono tenersi per mano, altrimenti interviene la polizia. Soprattutto nei confronti delle donne Moussavi ha cercato un'apertura e qui ha giocato un ruolo chiave sua moglie, Zahra Rahnavard, prima first lady In Iran ad accompagnare l'uomo politico nei comizi elettorali. Conosciuta ai tempi dell'università, con lei ha condiviso gli anni della rivoluzione.
La questione femminile è molto sentita in Iran: apparentemente godono di libertà e diritti, ma se cercano la scalata ai vertici della società, come ad esempio all'interno della magistratura, la loro rincorsa viene tempestivamente bloccata.

Internet, mai come questa volta, ha giocato un ruolo importante nella competizione elettorale. I blog soprattutto, uno degli strumenti più utilizzato dagli internauti. Dopo l'oscuramento del suo sito ufficiale, Moussavi1388 è il forum digitale dei sostenitori del candidato riformista. The Atlantic è un altro blog, che in questi giorni ovviamente si dedica completamente agli eventi in corso. Teheran 24 è invece un blog esclusivamente fotografico che gioca essenzialmente sulla forza delle immagini rispetto a quella della parola. Da un blog ad un sito internet, www.iran.twazzup.com, in cui ricorre ancora il colore verde sulle dita di una mano che indicano la V di vittoria. Anche gli hacker hanno dato il loro supporto a Moussavi oscurando il sito internet di Ahmadinejad. Su Facebook invece è stata lanciata la campagna "Mir Hossein Mossavi Rocks!!!!" e la pagina "I love Iran". Twitter, tuttavia, è stato il servizio di social network e microblogging più usato di tutti, durante la campagana elettorale ma soprattutto dopo i primi risultati, quando la Repubblica islamica ha imposto dei filtri su internet anche con la complicità dei grandi motori di ricerca, come già Google fece con il Governo cinese.

L'Iran, come spesso la stampa occcidentale ha scritto, è il paese dei paradossi, ciò lo testimonia anche la campagna che la stampa occidentale stessa ha condotto nei giorni antecedenti l'elezione. Il voto pro Moussavi è stato sopratutto quello dei più giovani e soprattutto di coloro che vivono a Teheran, come ha analizzato Guido Rampoldi nei giorni scorsi, mentre la periferia ha votato il presidente uscente. Moussavi è stato dipinto dalla stampa occidentale come la speranza di un nuovo corso politico anche all'interno dello stesso scacchiere mediorientale, in cui L'Iran gioca un ruolo importante. Barack Obama invece si è affrettato nel dichiarare che, Moussavi o Ahmadinejad, la posizione della Casa Bianca nei confronti di Teheran non cambia. Non tutti però hanno scritto che nei giorni della campagna elettorale la stampa israeliana, tanto per fare un esempio, in diversi editoriali, vedi il Jerusalem Post, www.jpost.com, ha scritto di preferire la vittoria di Ahmadinejad a quella di Moussavi. Questo è significativo, anche perchè quando Mahmud Ahmadinejad nega l'Olocausto, mentre noi europei giustamente rabbrividiamo, in Medioriente la dichiarazione viene percepita diversamente, recepita in un'ottica esclusivamente politica. L'eterna storia degli arabi che vedono le loro terre derubate dagli ebrei a causa dei sensi di colpa degli europei ed americani dopo il conflitto mondiale.
Moussavi non nega L'Olocausto, però sul nucleare ha posizioni pressochè identiche al suo avversario, e tuttavia pensa che bisognerebbe avere rapporti più distesi con L'Occidente. Oggi l'Italia è uno dei paesi più vicini economicamente all'Iran insieme a Francia e Germania. Moussavi è stato uno degli esponenti di punta del regime khomeinista durante la guerra Iran-Iraq del 1979. La guerra determinò un profondo mutamento nelle alleanze tra i paesi mediorientali. La repubblica islamica iraniana veniva infatti vista come una minaccia per tutti i paesi arabi, i quali, tranne la Siria e la Libia, si schierarono a favore dell’Iraq. Saddam Hussein potè godere anche di un grande sostegno di paesi occidentali come particolare Francia e Russia, che rifornivano
il regime iracheno di armi. Stati Uniti sostennero a loro volta l’Iraq, fornendo tuttavia armi anche all’Iran. In quell'occasione, Moussavi primo ministro decise di mandare circa 100.000 bambini a ripulire i campi di mine. In quella guerra morirono quasi un milione di persone. Nell'anno del rapimento degli americani all’ambasciata americana di Teheran, 1979, Mousavi dichiarò che quell’atto era necessario e faceva parte del “secondo stadio della nostra rivoluzione”. Sotto il suo mandato vennero uccisi per impiccagione migliaia di dissidenti politici, criminali e omosessuali. Negli Anni '80 finanziò Hezbollah in Libano e fu accusato di essere tra i mandanti degli atti di terrorismo internazionale che si verificarono in quegli anni. Fu anche l’artefice del MOIS, i servizi segreti iraniani, su modello del KGB sovietico, che torturavano e uccidevano i dissidenti interni.
Dunque, la domanda che molti dovrebbero porsi è: Se avesse vinto le elezioni Moussavi le cose in Iran sarebbero davvero cambiate? Forse quei ragazzi che oggi manifestano/non manifestano per Moussavi ma per se stessi e per la propria libertà. Queste elezioni verranno ricordate anche per l'alta affluenza alle urne, l'85% circa,  cifra mai raggiunta. Su questo aspetto si è soffermato il giornalista arabo Rajab Ali Mazroui, che dall'emittente BBC Persian nei giorni scorsi ha detto: "Come Iraniano musulmano mi vergogno soprattutto nei confronti della gente che ho incoraggiato a votare e che pensavo di avere riconciliato una volta per tutte con la rivoluzione islamica. Non so come risponderò al loro sdegno".

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