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Scritto da nel Numero 62 - 1 Agosto 2009, Politica | 0 commenti

Un partito liberale di massa

Si sta aprendo il congresso del Partito Democratico. In questi giorni di calura estiva sulla penisola italiana si discute di Beppe Grillo e della sezione di Paternopoli, di Veltroni e D'Alema, delle tecniche di elezioni e selezione della nuova classe dirigente. Non sappiamo neanche, in questi tempi di Facebook e SMS, se i candidati presenteranno un documento congressuale da leggere, commentare e sul quale discutere.
E se non c'è la mozione non c'è la politica, se non c'è la politica non c'è il dibattito e senza dibattito non c'è il partito.

La Repubblica Italiana fondata sul lavoro nei suoi 60 anni di vita ha realizzato, complessivamente, il compromesso di un'economia sociale di mercato, come punto di equilibrio possibile tra le posizioni del partito cattolico e della sinistra democratica. Da una parte le grandi imprese, dove un ristretto numero di capitalisti pubblici e privati ha potuto godere delle proprie rendite da monopolio, dall'altro le piccole, che si sono spesso arrangiate tra le maglie larghe di un sistema troppo burocratizzato, ed infine i lavoratori, che dopo i primi decenni di battaglie hanno potuto sopravvivere di rendita. I nodi sono venuti al pettine con la fine dell'unità politica dei cattolici, la fine dell'unità politica dei lavoratori, la fine della società italiana mono-etnica.

La disgregazione della DC ha concluso la stagione del partito, che fatichiamo a non definire a vocazione maggioritaria, che sopravviveva grazie alla rendita da monopolio del potere; la fine del monopolio PCI sulle sorti progressive dei lavoratori ha dato il via alla stagione inflazionistica della Lega, che fatichiamo a non definire costola della sinistra visto che nel 1992 vive il suo primo boom in corrispondenza della scissione dei comunisti. Così crollate le fondamenta di un patto politico fondato sulla tutela della persona e sull'assistenzialismo consociativo, il sempre crescente afflusso di immigrati è uscito dall'alveo del precedente modello di inclusione sociale (con l'abolizione della Legge Martelli già da parte di Turco e Napolitano) per essere derubricato a problema di cronaca.

L'Ulivo nasce per trasportare nel futuro le forze che avevano dato vita al patto repubblicano. La domanda posta al PD riguarda come farlo, quali interessi tutelare, come impostare il rapporto tra lo Stato e i privati.
Il Popolo delle Libertà sta individuando la sua collocazione di partito conservatore, nell'ambito del popolarismo europeo. A modo suo declina i temi della libertà, del rapporto tra religione e vita pubblica, identità nazionale. La linea è decisa nelle stanze del potere, come si faceva una volta nei partiti di massa, e comunicata ai cittadini.

Occorre capire come possa essere vincente una linea progressista nel nuovo secolo.
Per realizzarla, occorre che il prossimo segretario democratico capisca i limiti che hanno riguardato la politica del PCI in modo da superare definitivamente l'esperienza di quel partito che ancora ingessa la politica italiana. Non ha significato politico affermare che Craxi abbia capito meglio la società italiana, se non si dimosta di avere capito il perchè.

1. La presunta superiorità morale di Berlinguer non solo è sbagliata e falsa, ma ha portato ad un imbarbarimento del sistema politico: ha consegnato intere generazioni di lavoratori alla convinzione che gli avversari siano corrotti. Per questo il PCI ha perso subito voti verso la Lega che sventolava cappi e ancora oggi li perde verso Di Pietro che nella guerra per bande fa la parte della guardia pretendendo di decidere lui chi sono i ladri.
Occorre invece dire a chiare lettere che la giustizia in Italia non funziona.

2. Dal merito dipende il successo della persona: il lavoro non è assistenza sociale, ma occasione di crescita. La società aperta è una ricchezza, perché tante più sono le persone che si affacciano sul mercato del lavoro, quanto più questo sarà in grado di raccogliere e selezionare le forze migliori e più produttive. In questo senso la società sarà in grado di reggere alle spinte migratorie, che verranno accolte e selezionate non in base ad ipotesi burocratiche ma alla reale integrazione.

3. La presenza cattolica all'interno del PD deve consentire ad esso di impostare la propria analisi su una visione dei rapporti sociali incentrati sulla persona in quanto tale, sulle sue possibilità di apprendimento e di sviluppo della propria professionalità, e non sulla logica comunista che vede nel lavoro lo strumento del progresso dello Stato e quella sindacale che lo vede come strumento di assistenza sociale.

Quanto le parole d'ordine di merito, progresso, giustizia possano tradursi in una proposta politica del Partito Democratico dipenderà innanzitutto dal coraggio e dalla lungimiranza della futura classe dirigente. Saprà il nuovo partito ereditare dalla tradizione democristiana l'umanesimo della persona, dagli eredi del PCI la capacità di condividere un partito di massa, dagli eredi del PSI la ragione di chi ha visto nella libertà personale il vero fattore rivoluzionario del nuovo secolo?

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