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Scritto da nel Economia e Mercati, Numero 63 - 1 Ottobre 2009 | 0 commenti

A fine balance

Alle cinque del pomeriggio cominciano le esplosioni. Sono necessarie per scavare la via ai due canali, lunghi quasi 200 Km, che convoglieranno l'acqua raccolta dalla diga Polavaram (nello stato Indiano dell'Andhra Pradesh) nei quattro distretti circostanti e all'importante porto industriale e militare di Visakhapatnam. La diga, che ricoprira' un'area pari a 34963 ettari, generera' 960 MW di energia idroelettrica e fornira' irrigazione ad un'area pari a 2913 Km quadrati.
Le esplosioni si sentono chiaramente dal villaggio di Ramayapeta, adagiato tra il fiume e le colline a pochi chilometri di distanza dal cantiere: una casa e' crollata in seguito alle vibrazioni e sulle pareti di molte altre sono comparse lunghe crepe. Non che importi molto, dal momento che il villaggio dovra' essere evacuato al piu' presto. Le donne del villaggio hanno comunque protestato, marciando fino al cantiere, bloccando i lavori e consegnando un memorandum al funzionario di turno presente. Si e' perso il conto di quante di queste marce sono state fatte dal 2004, quando il progetto e' stato annunciato. Per costruire la diga Polavaram sara' infatti necessario sommergere almeno 276 villaggi, costringendo piu' di 200.000 persone ad abbandonare le loro case e le loro terre e a trasferirsi in nuove colonie costruite dal governo. La costruzione della diga, avviata nel 2004, dovrebbe concludersi nel 2013.
Ramayapeta fa parte del gruppo di sette villaggi che per primi stanno subendo le conseguenze del progetto e per i quali l'evacuazione e' imminente. Non che gli abitanti muoiano dalla voglia di trasferirsi. Quasi la meta' delle famiglie coinvolte infatti appartiene a gruppi tribali (le Scheduled Tribes riconosciute dalla Costituzione Indiana, per le quali sono istituiti diritti e tutele speciali) e dipende per la propria sussistenza dalla foresta e dal fiume. Il trasferimento nelle plain areas (aree rurali lontane dalla foresta e dal fiume) comportera' la perdita dell'accesso a un importante fonte di risorse e un enorme sconvolgimento nella vita di queste persone. Il pacchetto di compensazione annunciato e in parte gia' elargito dal governo non contempla nessun tipo di risarcimento per questa perdita.
Le donne e gli uomini di Ramayapeta e dei villaggi circostanti hanno quindi protestato innumerevoli volte, prima contro la realizzazione del progetto, poi per l'ottenimento di un pacchetto di compensazione piu' adeguato ai loro reali bisogni. Ma non e' solo la perdita della foresta e del fiume che scontenta le persone. Alle abitazioni e' stato attribuito un valore catastale troppo basso, la compensazione land for land e' concessa solo alle famiglie tribali e la compensazione monetaria per la terra e' stimata sulla base di prezzi inferiori a quelli di mercato. Gli appezzamenti concessi sono spesso lontani dalle nuove colonie e le case costruite dal governo sono molto piu' piccole di quelle in cui vivono adesso le famiglie.
Nonostante il malcontento diffuso, la protesta sembra attraversare un momento di stallo. Il Governo ha infatti cominciato a pagare i risarcimenti monetari e la maggior parte dei villaggi sta adottando una strategia basata sulla collaborazione moderata, per paura di perdere la compensazione.
Questa calma apparente pero' nasconde l'esistenza di conflitti latenti legati alla terra e di interessi contrastanti tra gli attori coinvolti, oltre alla debolezza dello stesso movimento anti-dam.
In primo luogo, i grandi proprietari terrieri che occupano illegittimamente le terre che la Costituzione Indiana attribuisce esclusivamente alle popolazioni tribali, vedono l'espropriazione ai fini del progetto come un' opportunita' per liberarsi delle terre in questione ricavandone un utile, se pur limitato.
Le famiglie tribali, se pur negativamente colpite dalla perdita del loro habitat tradizionale, saranno le uniche a ricevere una compensazione land for land. Per le altre e' prevista solo una compensazione monetaria, che nella maggior parte dei casi e' gia' stata spesa per l'acquisto di beni di consumo (tv, frigorifero, motocicletta) o per la dote per le figlie femmine. Poche famiglie quindi saranno in grado di riacquistare un pezzo di terra e nuove divisioni e disuguaglianze verranno a crearsi all'interno dei villaggi.
Per quel che riguarda il movimento anti-dam, la maggior parte delle ONG attive nell'area si e' inizialmente opposta al progetto, ma e' passata ad una fase “collaborazionista” una volta che questo e' diventato inevitabile. Molte hanno quindi accettato di mediare tra il Governo e i villaggi al fine aumentare la capacita' negoziale delle famiglie. Altre si sono concentrate sull'attivita' di lobby a Hyderabad (la capitale dell'AP), nel tentativo di migliorare il pacchetto di compensazione.
Entrambe le tipologie di ONG sono fortemente critiche con i leader del movimento anti-dam a livello nazionale (come il Narmada Bachao Andolan che da anni lotta contro la diga Sardar Sarovar sul fiume Narmada in Gujarat), che compaiono nell'area con cadenza bi- o triennale, lanciando invettive contro il Governo e invocando alla resistenza dura e pura di fronte a masse di contadini analfabeti e donne tribali, salvo poi sparire su pick-up dotati di aria condizionata.
Le poche associazioni che hanno rifiutato il dialogo e la collaborazione col governo vivono una fase di stallo e di isolamento, poiche' sono state incapaci di connettersi al movimento anti-dam nazionale e internazionale e sono adesso prive di qualsiasi tipo di appoggio. La mancanza di connessione con un movimento di piu' ampio respiro si rispecchia nella carenza di copertura mediatica del progetto. Le principali testate giornalistiche si limitano a riportare le vicende di cronaca ad esso legate, senza una reale analisi delle sue conseguenze. L'opinione pubblica si mostra per lo piu' a favore della diga, in cui vede una parziale soluzione alle continue interruzioni di elettricita'.
Questa molteplicita' di attori, con varia capacita' di lobby e di advocacy e con interessi contrastanti legati a disuguaglianze strutturali e' tipica della democrazia indiana e si rispecchia nei problemi di policy che essa deve affrontare. Si lega in particolare alla necessita' di conciliare la crescita economica con le esigenze di una popolazione in crescita, senza creare un sperequazione eccessiva dal punto di vista morale e inopportuna per le sue conseguenze in termini di conflitto sociale e (in)efficienza economica.
La diga Polavaram e' un emblema della ricerca di questo equilibrio. Come per molte altre grandi economie emergenti, la carenza di infrastrutture rappresenta uno dei principali vincoli alla crescita economica dell'India. Le dimensioni e le caratteristiche geografiche, la crescita demografica, le esigenze del miliardo di persone gia' esistente, la necessita' di attrarre investimenti diretti dall'estero e di agevolare lo sviluppo del settore manifatturiero per aumentare l'occupazione, richiedono la creazione di grandi progetti infrastrutturali. E' inevitabile che tali progetti comportino costi elevati e la teoria economica insegna che cio' non costituisce un problema fintanto che i benefici creati superano i costi. A rendere controverso questo tipo di progetti e' il fatto che la maggior parte dei costi e' sopportato dal settore piu' vulnerabile della popolazione, che e' anche quello che meno godra' dei benefici.
E' il caso delle famiglie di Ramayapeta e degli altri 275 villaggi coinvolti dalla diga. Nelle nuova colonie esse potranno forse con piu' facilita' mandare i figli a scuola e godere delle cure di un medico in caso di malattia. Avranno pero' perso la terra e la casa dove sono nati, e dovranno ricostruire le basi della propria sussistenza con risorse limitate. La scarsita' di terra disponibile e il gap tra il risarcimento ricevuto e il suo prezzo di mercato condurranno molti a un destino di braccianti agricoli. Le famiglie tribali, pur avvantaggiate dalla compensazione land for land, soffriranno per la perdita della foresta come fonte di risorse e come componente essenziale della propria vita sociale, culturale e spirituale. Tutti costi che ancora attendono di essere compensati.
La diga Polavaram rappresenta quindi quel trade-off tra equita' ed efficienza che e' la vera grande sfida che l' India si trova ad dover affrontare e risolvere al piu' presto.

A Fine Balance e' il titolo di un libro dell'autore indiano Rohinton Mistry, ambientato durante “l' Emergenza” sotto Indira Gandhi negli anni '70.

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