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Scritto da nel Economia e Mercati, Numero 64 - 1 Novembre 2009 | 2 commenti

Berlino, Europa, Mondo

Il 9 novembre 1989 è una data da ricordare o da festeggiare?
Il primo termine racchiude in sé il monito del “non dimenticare” tipico degli eventi drammatici. Il secondo quello degli eventi memorabili perché felici.
Il 9 Novembre percorre questi due versanti della memoria. Quel muro che crolla è  (e dovrebbe rimanere) simbolo della rottura tra la drammaticità di un regime e la felicità per la ritrovata libertà. Di espressione, di movimento, di pensiero, anche libertà economica.
Abbiamo visto quelle persone che, col piatto ancora fumante sulla tavola apparecchiata, hanno preferito scavalcare il muro a pancia vuota, con la paura che qualcuno potesse ritirarlo su. La libertà dopo 28 anni. Attraversato il vecchio confine, hanno trovato una società democratica e liberale poggiata su una solida economia di mercato. Noi da quell'altra parte abbiamo visto l'eccesso e il fallimento di un'ideologia.

Finita la contrapposizione della Guerra Fredda, la nuova sfida del modello economico e politico occidentale è divenuta quella di difendere il valore della libertà dell'individuo e avviare un processo di riforme e sviluppo equilibrato e sostenibile. Senza più rivali equiparabili, il modello liberale si è trovato a dimostrare di essere quello migliore e più giusto, capace di prosperare, di autoregolarsi, e di saper creare le condizioni opportune affinchè ogni cittadino possa ricercare la sua felicità, che non può essere imposta dall'alto.  
In Europa i processi economici hanno anticipato quelli politici, forse compromettendoli. Il crollo del Muro ha accellerato la realizzazione del progetto di integrazione economica. Oggi un'unica moneta accomuna gli europei, la libera circolazione delle persone e delle merci in un 'Europa allargatasi ai Paesi dell’Est sono i traguardi di una realtà che ha saputo sorpassare l’immaginazione.
E tuttavia, dopo la riunificazione tedesca, temuta da Francia e Gran Bretagna, e a seguito della rapida annessione dei Paesi dell'Est, entrati sotto l’influenza della NATO (che nonostante il crollo sovietico sembra non aver perduto la sua ragion d’essere), l’Europa rimane ancora orfana di una politica estera condivisa, di un unico bilancio economico comune e di un Parlamento con pieni poteri legislativi. 

Anche a livello internazionale gli sviluppi economici anticipano quelli politici e legislativi. La globalizzazione è la conseguenza della velocità con cui l'economia di mercato si è espansa, raggiungendo zone prive di solide istituzioni democratiche. In questo nuovo scenario allargato l'equilibrio diventa più precario.

Oggi, la crisi economica, i problemi energetici-ambientali e le diseguaglianze tra Nord e Sud, evidenziano i limiti della capacità autoregolativa del modello occidentale liberale. Agli occhi occidentali la Cina mercatile e poco democratica sembra oggi un modello più solido, e fa paura pensare che questo possa essere il modello di sintesi emerso dopo il crollo del comunismo sovietico nel 1989 e di quello finanziarioe conomico nel 2009. Precocemente abbiamo pensato che la vittoria del modello economico liberale e l'esportazione della democrazia avessero messo “fine alla storia”. 

Sapremo promuovere un riformismo capace di abbattere i muri esistenti, o al contrario ne innalzaremo di nuovi?

2 Commenti

  1. peccato sciupare un inizio così accattivante con il paragrafo demenziale sulla cina… agli occhi di chi? forse a quelli fidelizzati telespettatori di Studio Aperto? chiusa banale.

  2. grazie per il commento, caro Cattivik..secondo me la Cina non fa paura solo agli amanti di Studio Aperto, ma anche agli occhi dei telespettatori di Report…le ultime trasmissioni sono state dedicate al made in italy: ai divanifici del distretto industriale di Forlì, alle calzature, al tessile..la conclusione è sempre quella…la qualità italiana è soppiantata dalla competizione cinese: lavoro a basso costo (che in italia chiamiamo sfruttamento e lavoro nero)…diversamente dalle economie occidentali la crisi non ha toccato la Cina, che viaggia ancora su tassi di crescita che in Italia e EU ci sognamo da decenni…non solo, la Cina tiene per le palle l'Africa (che ha acquistato in blocchi) e supporta l'economia americana, finanziandone il debito.

    il ritorno ai nazionalismi, ad un modello di stato forte, e a un mercato falsato lo stiamo vivendo anche in Italia..non a caso Tremonti parla di economia sociale di mercato…non a caso la crisi economica ha rinforzato le destre..a me fa un pò paura, anche se non guardo Studio Aperto

    saluti

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