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Scritto da nel La Cantina del Viaggiatore, Numero 64 - 1 Novembre 2009 | 2 commenti

Birra d'oltremuro

La Germania offre un panorama birrario molto più eterogeneo di quanto si possa dedurre dagli esemplari commerciali presenti in Italia e il ventesimo anniversario della caduta del muro di Berlino è un’occasione ghiotta per curiosare fra quelle specialità brassicole che solo dopo la caduta della DDR sono ritornate ad essere popolari e facilmente reperibili ad ovest del muro.

La Berliner Weisse, per esempio, una varietà di Weizen prodotta nell'area di Berlino (3% di alcol appena), il cui tenore acidulo viene spesso attenuato con l’aggiunta di estratti di lampone o di Waldmeister (uno sciroppo a base di asperula). Oppure la Schwarzbier, una birra scura tipica della Turingia dagli aromi tostati e di cioccolato amaro, che secondo alcuni veniva fatta bere un tempo alle puerpere (notizia singolare che mi rende doppiamente felice: per essere nato in un periodo in cui la medicina si è fatta scienza e per non essere nato donna). E perché non una Gose? Questa tipologia viene prodotta con lieviti ad alta fermentazione (anche se in origine la fermentazione era spontanea, ossia sfruttava i lieviti presenti nell’aria) partendo da un impasto di malto d’orzo e malto di frumento (come le classiche Weizen per intenderci), cui però viene aggiunto un mix di sale e coriandolo.

E qui scatta la curiosità.

Perché una birra col sale non mi è mai capitata sottomano. Curiosità acuita dal fatto che mi trovo di fronte a uno dei rari stili birrari tedeschi che, per concessione ricevuta in quanto specialità locale, contravviene al Reinheitsgebot, il cosiddetto “editto della purezza” con cui Guglielmo IV di Baviera, nel 1516, sanciva che la birra poteva essere prodotta solamente con acqua, malto d’orzo e luppolo (un editto che, di fatto, ha improntato la tradizione brassicola tedesca fino ai giorni nostri, salve rarissime eccezioni locali come, appunto, la Gose). Storco un po’ il naso quando mi accorgo che la ricetta prevede una controllata infezione da batteri lattici per aumentare l’asprezza finale, ma ormai la scelta è fatta. Gose, dunque. Una birra nata a Goslar, ridente località pressoché sconosciuta, e successivamente adottata da Lipsia, ridente località famosa per Bach e Goethe.

Per questa sorta di rubrica “assaggiate per voi”, scelgo una bottiglia di Döllnitzer Ritterguts Gose, creazione laboriosa di un certo Signor Goedecke, il quale, bombetta intesta, mi osserva serio dal centro dell’etichetta. Non si tratta della bottiglia con cui la Gose veniva tradizionalmente confezionata (base arrotondata e collo estremamente lungo), tuttavia una rappresentazione di questo tipo di bottiglia nell’etichetta, di fianco al viso smunto del Signor Goedecke, sembra indicare che l’intenzione di recuperare la tradizione c’era stata, ma realizzarla in vetro sarebbe costato troppo. Altre informazioni ricavabili dall’etichetta: tenore alcolico leggero (4,2% vol) e temperatura di servizio fra gli 8 e i 10 gradi.
La degustazione avviene di fronte alla TV, sulla quale scorrono le immagini di uno speciale su Stalin. Abbinamento non voluto ma molto azzeccato, direi un “tono su tono”.

Apro la descrizione della mia esperienza degustativa partendo dal giudizio finale e chiarendo subito che, se Goethe aveva i miei stessi gusti in tema di birra, deve essere stata una sana bevuta di Gose ad ispirargli la stesura de “I dolori del giovane Werther”.
Una premessa però è doverosa. Anzi, un sillogismo:
Premessa principale: i miei gusti in tema di birra sono molto ordinari, per cui mi oriento verso stili in cui l’acidità è molto contenuta (la quasi totalità delle Weizen e delle Blanche) o del tutto assente.
Premessa secondaria: quella aggiunta di fermenti lattici, da un punto di vista organolettico, allontana la dalla categoria delle classiche birre di frumento ad alta fermentazione (GoseWeizen o Blanche, appunto) e la avvicina pericolosamente alla famiglia delle Lambic, specialità realizzate in una particolare regione del Belgio e caratterizzate dalla fermentazione spontanea. L’impiego di lieviti selvaggi conferisce a questa tipologia di birre un accentuato sapore vinoso ed un caratteristico retrogusto acidulo. Del resto, il termine Gose non è poi così distante da Gueuze, una delle varianti più famose di Lambic, e allora vuoi vedere che “Gose” con la città di “Goslar” non ha niente a che fare, mentre la Gose e la Gueuze appartengono alla stessa famiglia di birre acide prodotte storicamente fra il nord della Germania e il Belgio?
Conclusione: non potrò mai andare matto per la Gose.

Tuttavia, con mia sincera sorpresa, ho scoperto che esistono persone a questo mondo che vanno letteralmente pazze per le Lambic. Girano di notte, odiano l’aglio, fuggono la luce e si riconoscono fra di loro, ma esistono!
Scherzi a parte, si tratta di uno stile che ha molti sostenitori e magari, se Goethe è stato per caso uno di questi, potrebbe essere stata proprio una sana bevuta di Gose ad ispirarlo quando scrisse “Qualunque cosa tu possa fare, o sognare di fare, incominciala. L'audacia ha in sé genio, potere e magia. Incominciala adesso”.
E allora versiamo l’opera del Signor Goedecke  nel bicchiere e cominciamo la degustazione:
Un schiuma fine, compatta e di media persistenza incorona candidamente una birra limpida di colore giallo carico, tendente all’ambrato. Il perlage, quasi assente, preannuncia una debole frizzantezza. Passando all’esame olfattivo, si viene invasi immediatamente da un’ondata acidula (ammetto che un amante dello stile Lambic, direbbe “si viene avvolti da un suadente abbraccio acidulo”). Ben presto però, e per la fortuna del mio naso, intervengono ad attenuare l’asprezza prima una sapidità evidente e poi il fresco agrumato del coriandolo. Bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare: l’impiego di sale e coriandolo, perfettamente percepibili, ha reso l’olfatto molto più gradevole di quanto mi aspettassi appena avvicinato il naso al bicchiere. Proseguendo nell’esame, emergono persino aromi che ricordano miele e arancia amara. In bocca la birra è snella e le sensazioni ripercorrono molto da vicino quelle provate al naso, con asprezza e astringenza intense che lasciano una bilanciata scia di acido, sapido e agrumato lungo tutta la corsa. La persistenza è media, e dopo qualche istante, a bocca pulita e asciutta, sembrano ritornare brevemente le note di miele e arancia amara avvertite al naso.

Insomma, un buon esemplare di birra per coloro che vogliono abbandonare, anche solo per un istante, il panorama brassicolo ordinario e sono incuriositi dal mondo delle Lambic, in quanto la Gose attenua quegli aspetti che rendono le birre acide tanto estreme quanto (da alcuni) apprezzate.
Per quanto riguarda me, il prossimo anniversario della caduta del muro di Berlino, prendo una Schwarzbier e viva le puerpere. 

2 Commenti

  1. At ga' propri un mus da lipa!
    By Tony Rapega

  2. Stile originale e forbito ma senza presunzione; descrizioni quasi oniriche che però non scadono nel prolisso.
    Durante la lettura sembra di sentire in sottofondo la sigla della rubrica “GUSTO” del TG 5.
    Bravo belo!

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