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Scritto da nel Letteratura e Filosofia, Numero 64 - 1 Novembre 2009 | 0 commenti

Non è tutto muro quel che divide

Il muro di Berlino è il simbolo delle divisioni ideologiche che hanno contraddistinto la nostra storia fin dalle origini. Religione, politica, società: l'uomo tende a non essere una figura unitaria e a polarizzarsi su ciò che lo riguarda, in eterna contrapposizione dialettica con il diverso, con ciò che è estraneo alla sua normalità.
I conflitti ideologici che dividono e falcidiano popolazioni intere nascono da costruzioni linguistiche, interpretazioni diverse, teorie politiche che si scontrano e che trovano come vittime i più deboli, coloro che hanno sempre e solo considerato la realtà dei fatti.
Una testimonianza tutta italiana è quella di “Cristo si è fermato ad Eboli”, un romanzo autobiografico di Carlo Levi, ambientato in un paese della Basilicata dove venne esiliato l'autore per essere un dissidente politico.
Un muro invalicabile sembra dividere Eboli e le altre città della Basilicata dal resto d'Italia: in quelle zone non passa la storia, la società sembra essere irraggiungibile per quelle povere persone che non riescono a definirsi “cristiani”, perché non riescono letteralmente a considerarsi uomini.
Come afferma Rocco Scotellaro: “Cristiano, nel loro linguaggio vuol dire uomo… Questa fraternità passiva è il profondo sentimento comune dei contadini, legame non religioso, ma naturale. Essi non hanno né possono avere coscienza politica: gli dèi dello Stato e della città non possono avere culto fra queste argille, dove regna il lupo e l'antico, nero cinghiale, né alcun muro separa il mondo degli uomini da quello degli animali e degli spiriti, né le fronde degli alberi visibili dalle oscure radici sotterranee… “
L'attaccamento dell'uomo alla natura per mitigare la distanza dagli altri uomini, questa la soluzione dell'autore.
Ma la vera causa di questi muri ideologici è l'alienazione e la spersonalizzazione umana, che tende a metterci perennemente l'uno contro l'altro e a non accettare la diversità.
Basti pensare alla “Metamorfosi” di Kafka, scritto nel 1915, agli albori di un periodo che vedrà la debolezza umana a sfociare nell'aggressività nazionalista e nell'emarginazione, dove l'uomo si afferma prevaricando gli altri.
L'allegoria dell'impiegato Gregor Samsa trasformato in un bacherozzo, rappresenta l'emarginazione alla quale il “diverso” viene tragicamente condannato nella società.
I familiari non riescono più a riconoscere loro figlio, e provano orrore e insofferenza per la sua diversità.
La caduta del muro, accolta con entusiasmo, avrebbe dovuto segnare la fine delle divisioni, dei conflitti, e promuovere la dignità umana come valore principe.
Ma alla luce di ciò che ancora succede, l'abbiamo davvero abbattuto questo muro?

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