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Scritto da nel Economia e Mercati, Numero 65 - 1 Dicembre 2009 | 0 commenti

La mafia vista dalla serratura dell'economia

Per molti di noi libri, film e cronache giornalistiche costituiscono il primo e unico contatto con la criminalità organizzata. Sui banchi di scuola abbiamo conosciuto don Calogero e tutto l'immaginario della mafia siciliana. Coppola in testa, don Calogero suona lo scacciapensieri, non ha visto né sentito niente, nemmeno quegli spari che, poco lontano dalla piazza vuota del paese, hanno ucciso un sindacalista comunista.
Davanti agli schermi, ci siamo poi trovati involontari tifosi degli impavidi criminali alla Corleone. Uomini d'onore, dai tempi del proibizionismo a quelli della cocaina, Micheal e Noodles si son fatti strada a colpi di arma da fuoco per avere il controllo dei mercati illegali.
Forse, solo dopo le stragi di Capaci e via d'Amelio, abbiamo capito quanto fosse sbagliato esaltare l'immagine del mafioso, incarnato dai volti più affascinanti del cinema, di De Niro e Al Pacino. Alla retorica della mitizzazione si è sempre più contrapposta la cultura della denuncia e della condanna, che ha raggiunto il suo apice mediatico con Gomorra.
Nel suo libro, Saviano parla di Napoli, ma anche di Amburgo e della Scozia; ci descrive il mercato della droga e delle armi, ma anche quello dell'abbigliamento e dell'edilizia. La criminalità organizzata non è più una realtà a sé stante, circoscritta territorialmente al paesino siciliano, o al rione napoletano di periferia. Spesso e volentieri fa affari, anche al Nord, con realtà economiche che niente hanno a che fare con l'immaginario mafioso, offrendo loro una alternativa conveniente alla legalità: manodopera in nero a basso costo, smaltimento di rifiuti tossici, concessioni ed autorizzazioni edilizie, reinserimento di denaro sporco nel sistema economico.
Economia per l'appunto.
Ma cosa ci può raccontare la scienza economica sulla mafia? Se l'immaginario che i media e la cultura offrono della criminalità organizzata è a tutti familiare, quello descritto dalle scienze sociali rimane materia per pochi. Proviamo quindi a raccontare come la scienza economica potrebbe rappresentare e spiegare il fenomeno criminale.

Il mercato della criminalità organizzata
L'economia definirebbe, in maniera del tutto provocatoria, la criminalità organizzata come un prodotto o, meglio, un servizio. Questo servizio criminale ha un suo mercato, fatto di domanda e offerta: il mercato della criminalità organizzata.
Guardiamo il lato dell'offerta.
L'obiettivo di chi offre un servizio criminale è fatto di soldi e potere: la “classica” massimizzazione del profitto. Proprio come avviene in altri mercati, l'offerta del servizio criminale si sviluppa in un sistema a rete. La rete criminale si rafforza grazie a un tessuto di valori condivisi: l'onore, il sangue, l'omertà. Ma non è tutto.
Almeno altri due fattori contribuiscono a far fiorire l'offerta dei servizi criminali. Il primo è la rigidità dei mercati legali: se la società non mi offre alcuna possibilità di inserimento e crescita, se non ho alcuna prospettiva di riuscire a vivere con un lavoro onesto, allora sarò portato a intraprendere la strada illegale; la criminalità organizzata lascia sempre una porta aperta per entrare a far parte del sistema-rete. In economichese, basse barriere d'entrata.
Il secondo fattore che consolida la rete criminale è la costruzione di enormi barriere di uscita: una volta che sei dentro il sistema non puoi più uscirne, pena la vita, tua o dei tuoi famigliari. È quello che la teoria dei giochi definisce una “minaccia credibile” (credible threat).
Abbiamo brevemente analizzato la struttura della rete criminale – il lato dell'offerta – ma per far quadrare il cerchio bisogna cambiare prospettiva, e guardare il sistema criminale anche dal lato di chi lo domanda. Infatti, se la criminalità organizzata esiste, e se esiste un mercato della criminalità organizzata, è perché esiste anche una domanda di servizi criminali.
Dobbiamo quindi cercare di capire cosa spinge delle realtà economiche non definibili criminali a rivolgersi alla criminalità organizzata per ottenere un servizio.
La risposta economica è semplice: si domanda un servizio criminale perché tale servizio è conveniente e competitivo. Competitivo rispetto all'alternativa legale.
L'attività economica delle imprese è regolata dalla legge: pensiamo alle leggi sul lavoro, necessarie a garantire i diritti e la sicurezza dei dipendenti; o alle leggi sulla tutela del territorio, che impongono all'impresa il rispetto di standard ambientali; oppure alla fiscalità, che impone all'impresa di versare parte dei propri profitti nelle casse dello Stato.
Le leggi sono diverse ma il loro impatto sull'attività economica è lo stesso: aumentare i costi che l'impresa deve sostenere, peggiorandone la posizione competitiva. Non a caso, per diventare più competitive, le imprese tendono a delocalizzare i propri impianti di produzione laddove la legge è meno rigida e costosa, dove la manodopera costa poco e il diritto ambientale è pressoché assente.
Inoltre siamo in Italia, pertanto ai costi che la legge impone per garantire qualità e sicurezza aggiungiamo i costi che derivano da un sistema che funziona male: una burocrazia lenta e costosa fatta di procedure infinite, di poca trasparenza, di regolamentazioni cubitali. La legge italiana è speso accusata di essere troppo onerosa e poco efficace.
È quando la legge viene comunemente percepita come iniqua e inutilmente costosa, ecco che entra in gioco la criminalità organizzata, pronta a offrire alle imprese una alternativa, una outside option che consente alle imprese di abbattere i propri costi legati al rispetto della legge.
In quest'ottica, la criminalità organizzata offre un servizio molto utile all'impresa, la quale può esternalizzare le proprie attività più costose senza infrangere direttamente la legge. Gli esempi sono vari: un'impresa non riuscirebbe a competere nel mercato globale se dovesse pagare i dipendenti con gli stipendi italiani facendoli lavorare non più di otto ore al giorno? Ecco che arriva la mafia, pronta a proporre all'azienda di non svolgere la manodopera internamente, ma di affidarla direttamente a loro per poi acquistare il prodotto semi-finito. Un servizio conveniente e non troppo rischioso.

I meccanismi legali contro la criminalità
La descrizione semplificata della criminalità organizzata come un mercato dove esiste una offerta e una domanda di servizi criminali può essere utile per capire come contrastarla. Anche in questo caso la risposta è duplice e simmetrica: la mafia si può combattere intervenendo sul lato dell'offerta o sul lato della domanda.
Avendo finalità contro l'ordine pubblico e rafforzandosi tramite pratiche illegali, per combattere il mercato della criminalità organizzata lo Stato tende a intervenire direttamente sul lato dell'offerta. Lo strumento è la definizione di politiche e leggi che indeboliscano la rete criminale, aumentandone il costo di entrata, e diminuendone i costi di uscita.
Guardiamo i costi di entrata.
Dal 1982 un articolo “speciale”, il 416 bis del Codice Penale Italiano, prevede e regola il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso: da un lato definisce una procedura di indagine a sé stante al fine di accrescere le probabilità di rilevare fenomeni mafiosi, dall'altro prevede pene part
icolarmente gravi. Maggiore probabilità di scoperta e maggiore sanzione in caso di scoperta hanno proprio l'effetto di accrescere i costi attesi al momento di valutare se entrare o meno nella rete criminale.
Guardiamo ora i costi di uscita, che la legge prova a ridurre con le leggi sul fenomeno del pentitismo. Prevedendo una protezione speciale, la riduzione della pena e un assegno di mantenimento concesso dallo Stato, le leggi del 1991 e del 2002 hanno proprio l'obiettivo di indebolire la rete criminale, provando a diminuirne le barriere di uscita. Tale pratica è del tutto simile ai Laniency program, che la normativa Antitrust ha introdotto per indebolire i cartelli economici che le imprese costituiscono per tenere i prezzi artificialmente alti e sopra i livelli competitivi.
Infine, se l'analisi finora proposta ha un filo logico, allora la offerta di servizi criminali si potrebbe ridurre indirettamente favorendo un aumento della mobilità sociale: avviare politiche di riforma atte a render il mercato del lavoro più trasparente e dinamico. Se le probabilità di fare strada nel mercato legale aumentassero, allora l'incentivo a entrare in una rete criminale verrebbe meno.


È meno intuitivo, ma per ridurre le infiltrazioni mafiose nelle attività economiche potrebbe risultare altrettanto efficace intervenire sul lato della domanda: aumentare i costi per chi domanda servizi criminali (aumentando i controlli e le sanzioni in caso di concussione), oppure ridurre i costi legati al rispetto della legge.
Per assurdo, se legalizzazzimo la prostituzione o il consumo di droghe, la domanda per questi servizi criminali si annullerebbe e, con esso, il bisogno di servizi criminali.
Parallelamente, se una riforma riuscisse ad accrescere l'efficacia del sistema giuridico, rendendolo più trasparente e meno oneroso, allora, forse, la tentazione di rivolgersi ad una alternativa criminale andrebbe scemando.
Come dire che il mal funzionamento del nostro sistema legislativo vada di pari passo con la prosperità delle reti criminali.

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