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Scritto da nel Itaca, Numero 66 - 1 Febbraio 2010 | 0 commenti

XX – Donne che corrono coi lupi

Capitolo Ventesimo
Dove viene svelato il mistero della donna dell'isola dei lupi
chiamata Penelope per una questione di anatre

Il giorno che Penelope, la donna dell'isola dei lupi, mette piede a Itaca, quello era un bel giorno di bufera, ve lo dico io. Il cielo era banco di neve, fino pure alla spiaggia, ch'era deserta e per cui nessuno l'ha vista arrivare. La s'è vista soltanto una volta in città, una visione offuscata dalla neve che scendeva fitta e turbinava e riempiva le strade, riempiva i campi, riempiva la montagna.
Come s'è detto: se la passeggiava, Penelope, con un lupo affianco; ma un lupo docile, con le maniere feline tipiche di un lupo. E ugualmente affamato, nondimeno, con la fame tipica di un lupo. Era perciò impossibile non accorgersi dell'arrivo di questa donna selvaggia, vedendosi sbranare sotto gli occhi i polli del cortile, e anche un maiale che era uno dei maiali di Laerte, il re. Per cui Laerte vuole una spiegazione. Che di selvaggi nell'isola ce n'era abbastanza del principe, quel bastardo ibrido di mala razza – dice, andando incontro alla donna e al suo lupo di compagnia.
Tu sei Laerte, il re di quest'isola? – gli fa, Penelope.
Divino Laerte, se non vi spiace – Laerte teneva molto a certe piccole regole di buona educazione come questa.
Allora sei re di quest'isola o no? – gli fa Penelope, spazientita.
Sono il Divino Laerte, figlio di Cefalo l'amante dell'Aurora dalle dita rosate, Argonauta e re di Itaca: eccomi qua – risponde Laerte alzando il mento, con quel mostrare il collo tipico della sfida. Ma Penelope lo afferra immediatamente per il gozzo con la mano sinistra: Allora devi sicuramente sapere che uno dei miei cani me l'avete rubato, eh? – gridava – lo sai o no? – Laerte aveva perduto d'un solo colpo tutta la parvenza di dignità e supplicava la donna di lasciarlo andare.
Ce l'ho io, il tuo cane – per la sorpresa di tutti, ecco lì un altro selvaggio pari a quella con il lupo, appoggiato a un albero con una lira per le mani:
« Eh non è il caso di rompermi il letargoo
per un cagnetto mio chiamato Argooo… »
Così cantava il selvaggio, tracotante e sfacciato nonostante si notasse ch'è appena uscito da un pisolino. Penelope, con l'artiglio sinistro aggrappato alla gola di Laerte, lo guarda leggermente sorpresa. Leggermente, sorpresa. Non troppo.
E chi saresti, tu? – dice.
« Non son Spartano e non sono Fariseo
son di stirpe augusta: chiamami 'Odisseooo'… »
Allora Penelope lascia Laerte al suo lupo e con la stessa mano sinistra afferra quell'altro canterino: Quel cane che porti con te – dice – quel cane è mio – Odisseo era di color blu, ma continuava a suonare arpeggi con la lira, cercando di non perdere il ritmo. Per una questione di orgoglio, diciamo così. Laerte in ginocchio, in lacrime, non osava muoversi per paura del lupo che lo guarda fissamente.
Ed ecco arrivare Argo, il cane di cui si fa tanto parlare. Argo era uno dei cani allevati da Penelope nella piccola isola vicino Itaca, detta 'l'isola dei lupi' appunto perchè piena di lupi. Faceva incrociare le razze, Penelope: allevava dei cani per le bestie da pastura e dei cani per la caccia. Argo era uno dei cani per la caccia. Come vede Penelope, Argo, subito la riconosce e si mette a scodinzolare e gli viene la tachicardia e sviene a terra, sulla neve fresca. Un buon cacciatore, Argo, ma con la tachicardia.
Eh ben: nessuno è perfetto.
Allora, dicevamo: arriva Argo. (E sviene sulla neve). Lascia andare Odisseo, Penelope, raccoglie il cane, lo scalda al petto.
« E questa scena è moto commovente
e lla fa piagnere tutta questa genteee… »
Tutti erano commossi, in effetti. Tutti lì con la bocca aperta, chi a vedere il re in lacrime, chi il principe strangolato, chi il cane svenuto. E nella bocca aperta gli entravano i fiocchi di neve, il ché era piuttosto gradevole.
« E quel ch'è vero, si dà che te lo dico:
non è da me che la bestia ti vien tolta
(se pur mi spiace d'incolpare qui un amico):
ha il corpo sano e una testa bella colta
…ma qui nell'isola lo trovi un'altra volta. »
Come sarebbe, un'altra volta? – dice Penelope, sollevando la testa dal cane svenuto che si portava al petto.
« Il buon Zenone, che la bestiolìn t'ha tolta
- e qui mi scuso se prendo una licenza -
di pepe al culo ne ha in misura molta
e ben poco di dov'è s'ha conoscienza:
dovrai mettere un bel verme alla tua lenza! »
E continuava Odisseo ad arpeggiare la lira, tutto bianco ricoperto di neve, con un sorriso stampato sulla faccia. E dopo un a-solo strumentale, riprende:
« Ma tu che del tuo nome non ho scienza
(per quanto il sol vederti mi dà gusto)
dimmi, che già più non ho pazienza:
chi sei, che porti altèro il busto,
con occhio fiero e… »
Non trovava la rima, Odisseo. Con piglio giusto! - suggerisce uno tra la folla.
- No, no…ma cosa vuol dire, poi, piglio giusto? (Odisseo)
- …e che ne dici di arbusto? (un'altro dela folla, un vecchio)
- arbusto cosa? (Odisseo)
- infatti: arbusto cosa? vecchio imbecille! (un altro ancora)
E sotto la bufera di neve incomincia una bufera di schiaffoni che si danno l'uno con l'altro, cercando una rima giusta per il loro principe e toglierlo dall'imbarazzo. Ma la donna, rianimato il cane Argo, ha già capito il senso della domanda, e risponde: Mi chiamo Penelope, perché alla nascita mi hanno gettato in mare e delle anatre mi hanno salvato – tutti erano di nuovo silenziosi e di nuovo con la bocca aperta, immobili, chi afferrato ai capelli di un altro, chi alle spalle del vecchio dell'arbusto strangolandolo con un braccio nell'euforia della rissa, chi a terra schiacciato con un piede ma a guardar sù con la bocca aperta.
E che c'entrano le anatre? – dice quello del piglio giusto – cosa c'entra 'Penelope' con le anatre?
Infatti: cosa c'entra?! – grida un altro.
A morte! – dice uno all'improvviso, accecato dall'adrenalina.
Sì! a morte!! – ma il lupo, quello docile con fare felino tipico di un lupo, in breve squarcia due giugulari e mastica i testicoli di tre altri della folla, ristabilendo l'ordine e il silenzio.
'Penelope ' – dice Penelope – per questioni etimologiche – dice – e quindi: Salvata dalle anitre = Penelope – e il discorso, per tutti, si chiude lì, e vanno ognuno a casa sua.
(continua…)

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