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Scritto da nel Itaca, Numero 66 - 1 Febbraio 2010 | 0 commenti

XXI – Il principe cerca moglie

Capitolo Ventunesimo
Zenone e Palamede si bevono un bicchiere o due insieme
Penelope, la donna dell'isola dei lupi salvata dalle anatre, era dunque venuta a riprendersi uno dei suoi cani. Per via che gl'era stato rubato. E quindi, tornando a noi che si pensava a una regina per Itaca: ecco fatto. Una bella regina pelosa – muschiata, per meglio dire – e che faceva più legna lei che Odisseo. Non vi sembrano un accoppiamento perfetto? A me sì. Perché poi Penelope, la donna dell'isola dei lupi salvata dalle anatre, recuperato il cane la pensa bene di restare a Itaca per un po'. E quindi secondo me: gatta ci cova. E poi sono millenni ch'è risaputo che la moglie di Odisseo si chiama Penelope.
Non può essere una coincidenza.

Stavano lì nel bosco, i primi tempi, in un nido sugli alberi, al riparo dalla neve. Perché il nido era ben fatto. E in breve era tornato anche Zenone, tutto abbronzato, con un papiro egiziano come regalo per il suo amico principe. Erano in cinque nel nido una sera, in cinque Odisseo Penelope Zenone il lupo e il cane Argo, e si raccontavano quel che gli passa per la testa:
- Ma perché vuoi diventare re? qui si sta così bene…
- è per le navi, …ti ricordi di cos'ha detto Agamennone?
- E delle navi, cosa te ne fai?
- …le navi, il porto, le armi,….
- Le armi cosa te e fai?
- Le armi perché …temo Sisifo.

Odisseo ricordava bene la sera che Sisifo ha tagliato la testa al vaccaro Autòlico, suo nonno, a cena, travestito da mendicante, per una vendetta. La sua vendetta – dice Odisseo a Zenone – la sua vendetta ha detto che sono io, ha detto – Odisseo ogni volta che ne parla, ogni volta che gli capita anche solo di pensarci, a Sisifo, ogni volta gli prende un panico irresistibile, quasi delirante. Quello un giorno viene e mi uccide, come ha fatto con mio nonno – dice – e invece, sai cosa ti dico, io? lui arriva bello tranquillo senza sospettare niente, se ne viene credendo di venirsene in un'isola di pastori e contadini e porcari indifesi, e invece si trova una flotta pronta che lo aspetta, e fine della storia di Sisifo – dice – e magari poi facciamo anche un saltino alla sua Corinto, ci facciamo quattro risate.

Allora Zenone il giorno dopo scende in città, invita Palamede a un bicchiere di vino, Tu ne sai qualcosa di Sisifo, il re di Corinto? – gli fa. Palamede ci riflette un po' su, butta giù un sorso, Ha ucciso quello che ha rubato le vacche alla mia famiglia – dice – …uno dei due, almeno… uno dei due che ce l'hanno rubate e per cui adesso mi trovo a dover mendicare carne e latte – Palamede non lo s'era mai visto così in collera, Zenone mai l'aveva visto così, mai in tutti quegli anni che s'erano visti così spesso e che così spesso s'erano dati il piacere di un buon bicchiere di vino insieme, filosofeggiando come piaceva filosofeggiare a loro.

Lo so – dice Zenone – lo so che s'è vendicato di Autòlico e lo so che Autòlico era un gran ladrone di vacche, e lo so che ha rubato a tuo padre, ma quello che vorrei sapere, …che vorrei sapere se ne sai qualcosa: Sisifo che intenzioni ha? eh, Palamede?
E che ne so!? – Palamede, quest'argomento delle vacche di suo padre l'annebbiava come Sisifo a Odisseo – …io quello che so, e che non posso nemmeno pensarci, è che quell'imbecille del tuo amico, ladro come suo nonno, quel tuo amico che si diverte a far la scimmia sui rami, in montagna, e che si diletta al tiro con l'arco (frecce alla gola, per l'esattezza), da un po' di tempo, sia il tempo che sia, se ne va in giro a cantare con la sua lira, e fa di tutto per far credere alla gente che Laerte non è l'uomo giusto per governare, e che ci vuole un uomo forte, un uomo giovane, e che magari tira bene con l'arco… non so se mi spiego – e Palamede butta giù un altro bicchiere di vino, tutto in un colpo, gli va per traverso e tossisce come un esasperato.

Ma tanto – dice, una volta finito di tossire – per essere re ci vuole una regina, e se quel matto continua così, sugli alberi o per le strade con la lira a fare il buffone, siamo a posto – Zenone lo guardava fissamente. Palamede pure lo guardava fissamente, uccidendosi il sorriso che gli spuntava in faccia: Cosa c'è? – dice – non siamo a posto? Zenone: siamo a posto o non siamo a posto? – ma è evidente dalla faccia di Zenone che lo guarda fissamente, è evidente che non siamo a posto.

(continua…)

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