XXIII – Vola basso e schiva il masso
Capitolo Ventitreèsimo
Dove Polifemo si dedica all'antropofagia
Andavano per mare da qualche giorno Odisseo con quel che rimane del suo equipaggio, si tornava dalla guerra. Tra un saccheggio di qua e una ruberia di là, arrivano a un certo punto alla terra dei Ciclopi – che la riconoscono da lontano per via di un'altissima montagna che si perde nelle nubi in cima. La terra dei Ciclopi! – dice Odisseo – …quella è la terra dei Ciclopi! Iupiii! – e saltella tutto contento – …è una terra fertilissima! Dicono che ci sono prati anche fino alla riva del mare, pianure da arare, porti naturali,… e magari non gli dispiacerà, a quelli, se ce ne serviamo noi, visto che loro non coltivano, non combinano niente. Andiamo! – e volendo o non volendo, vanno con le due navi concave alla terra dei Ciclopi.
C'era, appena vicino al porto naturale, una caverna che dà proprio sul mare, con dentro pieno di formaggi e merdine a chicchi, come sono solite produrre le pecore e le capre. Torniamo alle navi – dice Odisseo – prendiamo un po' del nostro vino, per il nostro ospite! – era un vino, questo, nero e dolcissimo, che per poterlo bere s'ha da mischiarlo con almeno venti misure d'acqua per quant'è forte.
Prendiamoci uno di questi formaggioni e andiamocene prima che arriva il ciclope! – dice uno dell'equipaggio, ormai avvezzo alla rapineria. Ma Odisseo non ne voleva sapere: è troppo curioso. Ma guarda! guarda! – e gl'indicavano in giro – …guarda il suo letto com'è grande! E il masso che chiude la porta, lo riesci a muovere, tu? – Odisseo ci prova, non ci riesce nemmeno lui ch'era, come s'è detto, un piccolo Maciste – …questo Ciclope dev'essere enorme e fortissimo! Andiamo via! – Odisseo non ne vuol sentir ragioni: Ascoltami, uomo di poca fede – dice – è risaputo che i Ciclopi hanno un solo occhio, sulla fronte, e che si possono facilmente annientare accecando quell'occhio,… quindi state tranquilli: ci penso io – e addenta un pezzo di pane e formaggio, sorseggiando il vino ben misurato con l'acqua.
E poi guarda! – continua, con la bocca piena – qui ci troviamo di fronte a un Ciclope meno troglodita degli altri Ciclopi… guarda lì! – e mostra l'ulivo sradicato e messo lì in un angolo a seccare per far delle lavorazioni in legno, mostra la zampogna, e una specie di rastrello con cui il ciclope aveva tentato qualche volta di pettinarsi.
Che schifo! Un pelo! – dice un altro dell'equipaggio a vedere il rastrello. Era per via del tentativo di pettinarsi la chioma. E che puzza di fogna, che c'è qui dentro! – ma Odisseo gli fa segno di far silenzio, che si sente arrivare qualcuno.
Ed ecco che arriva, il ciclope, che entra guardingo e richiude la caverna con il masso ch'era per tutti irremovibile, anche per il nostro Maciste umiliato. Trascinava con se un altro della sua stirpe, con la testa sfracellata e il corpo spellato e terroso per il lungo trascinamento fin lì. Ma ha due occhi! – si bisbigliava generalmente. Una volta dentro, il Ciclope vede Odisseo con tutti gli altri, che come già sappiamo li si sentiva banchettare fin da lontano. Chi siete? – dice – …siete commercianti o dei ladri vagabondi che saccheggiano i popoli e dove vanno portano rovina? – li aveva inquadrati subito.
Siamo Achei – dice Odisseo – di ritorno dalla guerra, verso le nostre case.
Achei? – dice, il ciclope – voi Achei mi dovete un pagamento per il mio lavoro, ancora dopo tanti anni… siete venuti per riscattare il vostro debito, spero – Odisseo è preso alla sprovvista. Che debito può mai avere un Acheo con un troglodita come questo ciclope orrendo?
Di che cosa stai parlando? – gli fa
Conosci Achille? – gli dice il ciclope.
Certamente che lo conosco – Odisseo poteva vantare di queste conoscenze senza eguali.
Io – dice Polifemo, il ciclope, con una certa fierezza – io sono quello che ha forgiato la sua armatura invincibile – un ooohh corale di sorpresa rimbomba nella caverna buia e fognosa – …e adesso scusatemi ma ho avuto una giornata difficile, come vedete – e indica il cadavere del giovane pastore maciullato – …pagatemi quello che mi dovete pagare, e fuori dai piedi.
Qui Odisseo comincia a sudar freddo: Ma noi non siamo qui per pagarti dell'armatura di Achille, buon ciclope, noi siamo di passaggio, di ritorno verso casa, dalla guerra,… – discorso che suscita una risata amarissima di Polifemo: Allora, voi sarete il mio pagamento… come la vedi, questa? – tutti si guardavano in faccia come a non capire in che senso sarebbero stati il pagamento di un armatura: Odisseo! – gli fa uno – cosa significa?
Non lo so – dice, Odisseo – adesso glielo chiedo – ma come si gira per chiedere, vede il ciclope fare una bella cenetta con pane e formaggio, e con la carne sfracellata del cadavere di quell'altro che s'era trascinato fin lì.
Non avrebbero mai potuto spostare il masso per uscire: erano in trappola.
(continua…)
Nei prossimi capitoli:
Riuscirà Odisseo a tirar fuori da quella brutta situazione se stesso e i suoi amici? E come farà? Polifemo li mangerà tutti facendosi alzare il colesterolo oltre i limiti di prudenza? E a Itaca, che ne è di Zenone, ancora seduto a tavola con Laerte e Palamede pieni di amarezza? E che ne sarà dello scriba, ignaro di tutto? E che combina, in città, Penelope? Riuscirà mai Odisseo a fare ritorno? Mah, chissà, chi lo sa: lo scopriremo a marzo.