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Scritto da nel Letteratura e Filosofia, Numero 68 - 1 Aprile 2010 | 0 commenti

Milena di Praga: la strada verso la libertà

Questo articolo trae spunto dal libro-biografia su Milena Jesenskà, scritto dall'amica Margarete Buber-Neumann conosciuta nel campo di concentramento di Ravensbrück.
Nelle pagine del volume si disegna il ritratto di una donna che, fra riservatezze estreme, cordialità connaturata e eccessi e stravaganze, fece dell'opposizione, della cultura e del racconto della verità una missione di vita. Ricordata soprattutto per il rapporto, quasi esclusivamente epistolare, di affettuosa amicizia che la legò a Franz Kafka, di cui tradusse diversi racconti dal tedesco al ceco, Milena fu una giornalista, una traduttrice e una scrittrice di grande lucidità, di estremo coraggio, di pungente ironia.
A Kafka, oltre alla spiccata sensibilità e a un affetto quanto mai tormentato, la legò anche la città di Praga, in cui entrambi nacquero e si formarono, e soprattutto l'appartenenza a una marca di confine; se Kafka viveva nella sua letteratura il problema della lingua di un germanofono praghese, per di più ebreo senza dimestichezza con la lingua yiddish tanto da descrivere la disperazione degli ebrei di nuova generazione come crocevia fra quattro impossibilità, “impossibilità di non scrivere, impossibilità di scrivere in tedesco, impossibilità di scrivere diversamente, quasi si potrebbe aggiungere una quarta, l'impossibilità di scrivere”, Milena, visceralmente affezionata alla sua lingua, fu la prima a tradurre in ceco i racconti di Kafka. Con l'amica Margarete amava definirsi “piccola ceca” o semplicemente “Milena di Praga”, in virtù di quell'amore struggente e tenero ma mai boriosamente nazionalista per la sua patria.
E' ancora dalle parole di Kafka che emerge luminosa la figura di Milena come un fuoco vivo, quale l'autore de Il Processo non ne aveva visti mai. Quello che affascinò e colpì chi incontrò Milena, e che cattura oggi chi ripercorre le tracce della vita di questa donna straordinaria, fu il suo essere una persona libera. Nel campo di concentramento di Ravensbrück, si distinse per la forza del rapporto umano che fu capace di stringere, per la vitalità che fu capace di infondere e per lo sguardo sempre teso al futuro che di continuo la accompagnò, tanto che la stessa Buber-Neumann riporta il titolo del libro che Milena avrebbe voluto scrivere una volta che entrambe fossero uscite dal campo: L'era dei campi di concentramento.
Milena arrivò a Ravensbrück nell'ottobre del 1940 dopo una detenzione nel carcere di Praga, e poi in quella di Dresda. L'attività di Milena era sostenuta da un senso di giustizia che travolgeva ogni minima misura di sicurezza; accolse in casa ebrei e oppositori politici, partecipò alla resistenza e nascose in casa alcuni importanti documenti. Naturalmente, più che mai dopo l'entrata delle truppe di Hitler a Praga, Milena continuò la sua attività giornalistica nella convinzione che fosse necessaria un'opera di mediazione tra la realtà degli eventi e il popolo, e che solo i giornalisti, coloro che non avevano rinunciato a scrivere, potevano farsi carico di una missione attraverso cui restituire alla nazione “una nuova vita, [...] una nuova speranza, [...] nuovi compiti”. Milena non rinunciò mai alla sua libertà: scriveva, e scriveva con nuovo vigore, con chiarezza sempre maggiore e con un'ironia sferzante di cui non temeva le conseguenze.
Lo sguardo penetrante di Milena ha raccontato all'amica Margarete del suo rapporto difficile con il padre, delle esperienze giovanili, dei matrimoni falliti, della vita a Vienna, della figlia che non avrebbe mai più rivisto; ha raccontato della donna-Milena, ma anche della giornalista politica che era stata, del suo approccio critico al comunismo, degli abitanti di quel piccolo villaggio boemo che strenuamente desiderano la pace e la libertà della propria terra e che sono disposti a combattere per ottenerle, della sua attività di giornalista e traduttrice. Milena morirà a Ravensbrück nel 1944: “Per merito tuo posso continuare a vivere. Tu dirai agli uomini chi ero, sarai il mio giudice clemente”. La grande amica degli ultimi attimi della sua vita ci ha raccontato Milena, la sua missione e il suo esempio, in questo libro struggente che racconta l'orrore e l'amicizia, le marce naziste e le note di Schubert, l'atrocità della prigionia e lo spirito della libertà.

Il testo attraverso cui è stato possibile raccontare la figura di Milena è Margarete Buber-Neumann, Milena l'amica di Kafka, Milano, Adelphi, 1999; nel testo stesso numerose citazioni da Milena Jesenskà, La strada verso la semplicità, Praha, 1926 e da Franz Kafka, Briefe an Milena, Frankfurt am Main, Fischer Verlag, 1952.

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