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Scritto da nel Numero 71 - 1 Luglio 2010, Scienza | 0 commenti

Il cielo degli antichi – I Babilonesi

Scriveva Jean Baptiste Perrin, premio Nobel per la fisica nel 1926, “È una debole luce, quella che ci arriva dal cielo stellato. Ma che cosa sarebbe il pensiero umano se non potessimo vedere le stelle?”

Alzare lo sguardo verso il firmamento è stato il gesto che ha portato l'uomo a riflettere sul perché della sua stessa esistenza. Di fronte all'immensità del cielo già ai nostri antenati venne istintivo domandarsi se tutto questo esiste solo a uso e consumo della specie umana.
Non a caso l'astronomia ha radici molto antiche, che affondano nell'alba della civiltà.
In Mesopotamia i sacerdoti babilonesi dalle cime degli ziggurat, osservavano le posizioni dei corpi celesti e registravano i fenomeni occasionali, come le eclissi di Sole e di Luna.
L'attuale divisione dell'ora e del grado, in 60 minuti, composti a loro volta da 60 secondi, ha origine dal sistema matematico posizionale dai Babilonesi.
Le osservazioni astronomiche erano fatte prevalentemente a fini astrologici. Fra le rovine della biblioteca di Assurbanipal, a Ninive, sono stati rinvenuti testi astronomici e molte lettere di astrologi inviate ai re assiri in cui si spiegava il significato astrologico dei diversi aspetti del cielo.

I testi più importanti dell'astronomia mesopotamica sono databili fra il II° e il I° millennio a.C. Il Mul Apin (“stella aratro”) contiene, oltre a quello che probabilmente è il primo catalogo stellare, l'indicazione di sessanta costellazioni e il metodo per calcolare le ore diurne attraverso l'osservazione delle ombre.
L'altro testo, l'Enuma Anu Enlil, si occupa in particolare della Luna, che, nella mitologia dell'universo, era rappresentata dal dio Sin, figlio di Enlil, la divinità primigenia che regnava sulla Terra. L'interesse per il nostro satellite nasceva dal fatto che il calendario babilonese era lunare, per cui la conoscenza del moto della Luna era fondamentale. Così come era importante il suo aspetto, molte profezie erano legate al modo di presentarsi della Luna.

Il più grande risultato dell'astronomia mesopotamica è stato riuscire a stabilire una serie di relazioni cicliche riguardanti la posizione dei pianeti, del Sole e della Luna.
Per la cosmologia babilonese il cielo era una grande volta solida sostenuta da fondamenta che poggiavano sull'oceano e che sostenevano anche la Terra.
Il Sole usciva il all'alba dalla sua dimora, dalla porta a oriente, rincasava al tramonto dalla porta a occidente, per tornare a oriente attraverso un cammino sotterraneo.

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