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Scritto da nel Internazionale, Numero 71 - 1 Luglio 2010 | 0 commenti

Il conflitto senza fine

Tra disastri ambientali e crisi dell'economia, gli stati sono quanto mai distratti da quello che può essere definito come il conflitto senza fine,in cui ogni exit strategy è risultata inutile, parliamo del conflitto arabo – israeliano.
Come una ferita che negli ultimi trenta anni premier, presidenti e primi ministri hanno cercato di medicare e guarire ottenendo scarsi risultati, con il sangue che puntualmente è tornato a scorrere a fiumi. L'ultimo episodio risale allo scorso 30 maggio: un commando di militari israeliani, le teste di cuoio, alle quattro del mattino assale, in acque internazionali, al largo della striscia palestinese “Freedom Flotilla” , nove navi impegnate in una missione umanitaria provocando 19 morti e trenta feriti. Il mondo si indigna, la brutalità e la forza dello Stato di Israele sembra questa volta non trovare sponda nemmeno tra gli storici alleati europei, troppo cruente le immagini che scorrono sui blog, i socialnetwork e i siti della rete. L'Unione Europea condanna l'uso della violenza, la Nato si riunisce in via del tutto speciale, ambasciatori israeliani convocati nei singoli paesi, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu che si trovava in Canada annulla la sua visita alla Casa Bianca e torna immediatamente a Gerusalemme, il Governo turco si riunisce in tutta fretta, dall'Iran tuonano “Israele è un tumore”. Martin Schulz, portavoce del gruppo europarlamentare dei Socialisti e Democratici: “Israele ha oltrepassato i limiti nell'azione militare vista sugli schermi televisivi”.
“…una povocazione da parte degli estremisti islamici, che erano su quelle navi” la risposta di Avi Pazner, portavoce del governo israeliano. L'ONU decide di aprire un'inchiesta che accerti la verità, il ministro degli esteri italiano Frattini in un primo momento sembra essere sulla stessa linea d'onda delle nazioni unite per poi dissociarsi affermando: “Gli occupanti della nave cercarono lo scontro con Israele” (larepubblica.it del 16 giugno 2010).

Con il passare dei giorni l'episodio viene in qualche modo ridimensionato, l'attenzione dei principali media si sposta sulla violenza dell'Iran e sulla sindrome d'accerchiamento di Israele rispetto al mondo arabo.
Barack Obama all'indomani della sua elezione alla Casa Bianca auspicò un nuovo corso all'isegna della pace per tutto il Medioriente: il diritto alla patria per i Palestinesi ed il diritto alla sicurezza per gli ebrei. Oggi, il 3 giugno 2009 quando il primo presidente nero della storia degli stati Uniti parlò in vista al Cairo di pace e Medioriente appare quanto mai lontano.

La ferita tra arabi ed israeliani è quanto mai viva. Ad un mese dall'attacco alla Freedom Flotilla, il governo israeliano fa sapere che la politica interna in merito al blocco imposto sulla striscia di gaza è cambiato: il ministro Yitzhak Herzog annuncia: “non c'è più bisogno dell'arrivo di altre flottiglie perchè si può annunciare al mondo che Israele ha cambiato la sua politica per tutto ciò che concerne il blocco” (www.peacereporter.net 21 gigno). A Gaza potranno quindi arrivare tutti i beni civili, in un lenzuolo di terra in cui la gente si divide tra miseria ed integralismo religioso sognando l'agognata patria. Era il 1974 quando Yesser Arafat, l'ulimo leader capace di tenere insieme le diverse anime palestinesi all'assemlbela delle nazioni unite disse: “Oggi sono venuto con un ramoscello di ulivo ed un fucile a combattere per libertà. Non lasciate che il ramoscello di ulivo cada dalle mie mani”. Israele circa il blocco sulla striscia di Gaza in palese violazione dei diritti umani ed inseguito all'ingiustificato attacco alla Freedom Flotilla non ha ricevuto dalla comuità internazionale nessun tipo di sanzione.

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