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Scritto da nel Internazionale, Numero 71 - 1 Luglio 2010 | 1 commento

Sussurri dall'Oriente

Circondatevi di spezie dalle innumerevoli fragranze e avvolgetevi nella più morbida seta. Ora immaginate una vita da trascorrere nella casa dove siete nati. Dove è nato vostro padre. Dove prima di lui è nato vostro nonno, prima ancora il vostro bisnonno, e cosi via per cinque generazioni.
Ora, immaginate ruspe e bulldozer avvicinarsi con intenti ben poco amichevoli alla vostra casa costruita in mattoni di fango (perfettamente in grado di sopportare le angherie del tempo). Bene, questo è a grandi linee lʼincubo mattutino di moltissimi Uiguri che vivono nella parte più antica di Kashgar, città dellʼodierna Cina situata nellʼ estremo nord-ovest del paese, nella grande provincia chiamata Xinjiang. Questa parte della città è con ogni probabilità la stessa che Marco Polo vide durante il suo lunghissimo viaggio nel 1273/4.
Kashgar, Urumqi, Komul, Khotan sono state per secoli città-oasi dalle quali e lungo le quali transitavano carovane che avrebbero percorso la leggendaria via della seta. Dopo innumerevoli vicissitudini e velleità indipendentiste nel diciannovesimo e ventesimo secolo, questa grande regione venne (ancora una volta) legata al destino cinese. Oggi quelle ruspe sono manovrate dagli Han (lʼetnia che costituisce il 92% della popolazione cinese) che da Pechino e le altre megalopoli sulla costa pianificano il futuro dellʼentroterra cinese, un futuro ricco, ma non per tutti.
I viottoli e i cunicoli delle antiche vie di Kashgar sono stretti, molto ramificati, in sostanza difficilissimi da controllare. Eʼ una zona dove le decine di migliaia di soldati inviati da Pechino dopo i disordini della scorsa estate fanno fatica ad entrare: si è quindi optato per la soluzione tabula rasa.
Volendo si potrebbe considerare il caso di Kashgar come una grande metafora da
applicare a tutto lo Xinjiang, che negli ultimi sessantʼanni ha visto demolire drasticamente i propri equilibri interni. Nel 1947, insieme ai tre milioni e mezzo di Uiguri vivevano appena 220.000 Han che costituivano il 5% della popolazione. Nel 2007 quei 220.000 sono diventati 8.2 milioni, di fronte a 9.6 milioni di Uiguri.
Gli Han hanno accesso a posti dirigenziali e statali importanti, vuoi perchè riservati a loro, vuoi perchè riservati ai membri del partito. La quasi totalità degli Uiguri rifiuta di farne parte in quanto per i membri vige il divieto di seguire il credo religioso, ed essendo gli Uiguri una popolazione musulmana dalle antichissime tradizioni, è facile capire il perchè del loro rifiuto.
Tuttavia la “colonizzazione” non si ferma qui. Avendo forse preso spunto dai più biechi tentativi di russificazione del passato, Pechino sta lentamente imponendo il suo linguaggio e i suoi costumi nelle scuole e nella società, insomma una “cinesizzazione” a tutti gli effetti.
A riportare in alto le speranze del popolo Uiguro cʼè una donna, classe ʼ47: Rebiya Kadeer. La Kadeer si è rivelata una spina nel fianco del regime perchè dopo aver fatto fortuna ed essersi spostata in esilio negli Stati Uniti, cominciò a divulgare quello che realmente accadeva nello Xinjiang e di cui si sapeva poco o niente. Nella Cina di oggi, fare il suo nome in pubblico può essere estremamente lesivo, sia per la libertà che per la sicurezza personale.
La Kadeer ad ogni modo non è il vero cuore delle preoccupazioni del regime: movimenti sotterranei come lʼEast Turkestan Islamic Movement destano timori ben più grandi.
Presidente dal 2006 del Congresso Mondiale Uiguro, la Kadeer ha sempre previsto lʼopzione dialogo, nella speranza di una ritrovata ed effettiva autonomia allʼinterno della Repubblica Popolare Cinese. Non si è mai negato però, che in mancanza di dialogo si arrivi ad una lotta per lʼindipendenza.
Quello che ne nascerebbe sarebbe il Turkestan dellʼ est, un troncone di quello che fu lʼantico Turkestan comprendente tutte le altre repubbliche centroasiatiche, immenso calderone di etnie di origine turca, kazaka, uzbeka, khirghiza, uigura, mongola, tatara e via discorrendo.
Dopo una richiesta cinese effettuata immediatamente dopo lʼ11/9 e rifiutata da parte degli Stati Uniti, lʼEast Turkestan Islamic Movement è stato inserito nella lista delle organizzazioni terroriste nel 2002, a seguito di una visita del Vice Segretario di Stato Armitage a Pechino, durante i preparativi dellʼ invasione in Iraq. La mossa rientra perfettamente nel pragmatismo cinese: bollare lʼ ETIM come movimento terrorista giustificando in tal modo le durissime rappresaglie e il bisogno di sicurezza nello Xinjiang, spostando gli Uiguri in nuovi quartieri nelle periferie dove possano essere debitamente controllati e via discorrendo.
Un tale dispiegamento di forze e risorse potrebbe sembrare ingiustificato non considerando che nello Xinjiang si trova un terzo delle risorse di gas naturale cinesi, il 40% delle riserve di carbone , pozzi petroliferi, miniere di sale, dʼoro e di numerosi altri minerali. Senza contare poi che la regione confina con 7 paesi diversi: ha quindi una immensa strategicità per stabilire unʼinfluenza nellʼ Asia Centrale.
Una completa e aggiornata conoscenza di quello che accade viene ovviamente ostacolata dalle autorità. Ci rimangono solamente sussurri di un qualcosa che cova nel sottosuolo cinese. Non è detto che sia solo un altro filone di gas.

1 Commento

  1. gran bell'articolo Ste!!!
    Complimenti

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