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Scritto da nel Letteratura e Filosofia, Numero 75 - 1 Dicembre 2010 | 0 commenti

Who is Garibaldi?!

Un professore del liceo, non molto tempo fa, lamentandosi che secondo lui l'unità d'Italia venne fatta contro la volontà degli italiani, si espresse così: «Io non riesco proprio a sopportare le persone che vogliono portare la pace con il mitra in mano, come Che Guevara e Garibaldi». Fu una folgorazione. Si accese una lampadina nella mia testa: ero indignato e sapevo di doverlo essere ma, riflettendoci, non riuscivo ad argomentare. Cosa sapevo in realtà di Garibaldi per saltare sul tavolo sentendone il nome? Ho iniziato così a riflettere su cosa sapessi in realtà della storia del risorgimento italiano e dei suoi protagonisti, delle sue tappe più importanti e degli ideali che lo alimentarono. Sono arrivato alla conclusione di saperne poco e niente, come la stragrande maggioranza dei ragazzi più o meno giovani che non hanno approfondito per conto loro l'argomento. Ci si ferma a riconoscere il suono dell'espressione “cinque giornate di Milano” o “Giovine Italia”, a sapere che in Sicilia sbarcarono i “Mille” (ma mille erano davvero?) con a capo un signore barbuto vestito eccentricamente che più o meno tutti sanno riconoscere come Garibaldi e che questo esercito in camicia rossa attraversò praticamente indisturbato il meridione italiano conquistandolo per Vittorio Emanuele di Savoia, re del regno di Sardegna e, poi, primo re d'Italia. Questa è l'unità d'Italia per lo studente medio.

Chi era Garibaldi? L'Italia è stata davvero fatta contro la volontà del popolo? Domande che rimangono per la maggior parte senza risposta, anche se oggi è diventato molto di moda liquidare il primo come pirata e rispondere alla seconda affermativamente, giustificandola con le reazione popolari posteriori all'unificazione. Non mi sbilancerò a dare una risposta definitiva alla seconda domanda, ma proverò a rispondere alla prima con l'aiuto di Denis Mack Smith, uno dei più importanti storici stranieri dell'Italia che ha scritto un'interessante biografia di Garibaldi: “Garibaldi. A Great Life in Brief”. Il libro, oltre a narrarci le gesta che resero questo personaggio celebre in tutto il mondo, ci offre soprattutto un ritratto di Garibaldi nudo, privo dell'aurea di mito e leggenda che lo avvolse per anni e anni: l'immagine dell'uomo e non del condottiero.

Giuseppe Garibaldi nacque a Nizza nel 1807 da una famiglia di marinai. La sua infanzia fu tutt'altro che eccezionale, come Garibaldi stesso scrisse nelle sue memorie, e appena ebbe l'età adatta cominciò ad andare per mare. I genitori ne volevano fare un avvocato o un prete e quindi insistettero per fargli avere una istruzione adeguata: fu dunque un uomo di cultura, al contrario di quello che sostennero i suoi detrattori. Nel 1833 entrò in contatto con Giuseppe Mazzini e con la “Giovine Italia” grazie alla quale assorbì e sviluppò il suo nazionalismo repubblicano. Ma in quei tempi fare politica non era certo cosa facile e per un giovane passionale come Garibaldi era quasi inevitabile mettersi nei guai. Nel 1834 fu così costretto da una fallita insurrezione a Genova a fuggire in esilio in Sud America. E' qui che inizierà a guadagnarsi la fama di grande condottiero e amante della libertà, combattendo al fianco dei ribelli Brasiliani e Uruguaiani contro gli oppressori. L'esperienza sudamericana fu essenziale per lo sviluppo dell'uomo Garibaldi. La voglia di libertà dei popoli sudamericani, la loro schiettezza e l'atmosfera che poté respirare condizionarono grandemente il suo modo di percepire la libertà e i mezzi per ottenerla. Fu sempre qui che iniziò a indossare i suoi tipici abiti da “gaucho”, costume che lo rese celebre in tutta Europa e, sempre qui, divenne esperto di quelle tecniche di guerriglia che gli permisero di vincere tante battaglie. Tuttavia, durante tutto il suo soggiorno estero, egli non aveva dimenticato l'Italia e aveva tenuto sempre vivi i contatti con altri adepti della Giovine Italia in patria. Non appena gli si presentò l'occasione giusta, si imbarcò e tornò in Italia. Qui iniziò la lunga serie di eventi che lo consacrò alla storia: dalla difesa della breve repubblica romana, all'esperienza piemontese; contro la Lombardia austriaca e giù, fino alla conquista della Sicilia e del regno dei Borbone e oltre. Garibaldi, grazie alla fama acquisita nelle sue numerose battaglie, divenne ben presto una celebrità ovunque: la sua casa di Caprera era sommersa di lettere di ammiratori e ammiratrici e costantemente assediata da ospiti importantissimi, dignitari stranieri e capi di stato; le contesse e le dame delle corti di tutta Europa facevano carte false per avere colloqui privati con lui e i giornalisti non lo lasciavano mai in pace; numerosissimi paesi stranieri inoltre lo contattavano per ottenere i suoi servigi: lo stesso Abraham Lincoln chiese il suo aiuto nella guerra civile americana, ma Garibaldi fu costretto a rifiutare. Smith inoltre descrive con molti particolari una visita che Garibaldi fece in Inghilterra, nella quale venne accolto dalla gente comune come un vero e proprio divo.

Il suo punto di forza era il suo enorme carisma presso il popolo più umile, affascinato enormemente dalle sue gesta e incantato dai suoi modi schietti. Aveva modi duri, decisi. Il suo modo di parlare era sì retorico, ma vi si scorgeva la semplicità del marinaio. Era una persona intelligente, ma non intelligentissima e spesso le sue idee politiche e le sue posizioni erano confuse e disordinate. Tutto questo, unito alle leggende sulla sua invincibilità, contribuiva a metterlo in buonissima luce nei ceti più bassi. Quando i mille sbarcarono a Marsala, la Sicilia era in rivolta e i rivoltosi accolsero l'esercito garibaldino con uno slancio e una partecipazione tale che nessun altro uomo avrebbe potuto ottenere. A Napoli, Garibaldi ci arrivò comodamente seduto in treno e appena arrivato nella città, dopo aver parlato alla miriade di persone che si erano accalcate nella piazza per salutare il liberatore d'Italia, venne proclamato dittatore di Napoli. Durante la guerra contro gli austriaci per la conquista della Lombardia, il Piemonte si affidò a lui per mettere su un esercito di volontari che, quando c'era Garibaldi, non mancavano mai.

Certo è che non è tutto oro quello che luccica. Garibaldi era pur sempre un soldato e, come in tutte le guerre, una quantità enorme di sangue venne versato. I territori nei quali passava l'esercito garibaldino vennero praticamente saccheggiati dall'esercito che, essendo un esercito irregolare, aveva continuo bisogno di rifornimenti. Quando non venivano dati aiuti volontari, si era costretti a ottenerli con la forza, la requisizione dei raccolti e la coscrizione forzata. I volontari inoltre erano tenuti rigidamente sotto controllo da una ferrea disciplina militare che Garibaldi era costretto a imporre con il terrore e le fucilazioni, metodi che aveva dovuto imparare fin troppo bene in sud America per tenere uniti ribelli con intenti così diversi l'uno dall'altro.

Improvvisandoci avvocati della storia, come si potrà giudicare Garibaldi? Probabilmente egli è stato necessario per l'unificazione dell'Italia. Fu solo grazie al suo carisma che il popolo dei ceti inferiori si alzò e spinse per ottenere una Italia unita. E' vero che dopo l'unione i contadini e le genti più povere si ritrovarono scontente e cominciarono a protestare, ma questo probabilmente fu dovuto al fatto che con l'unione speravano di ottenere una riforma sociale, insieme a quella politica, riforma purtroppo che non ci fu mai. Senza un reale cambiamento delle condizioni sociali era difficile che popoli così diversi si sentissero uniti in una unica nazione. C'è voluta una guerra mondiale e un Mussolini per consolidare una parvenza di sentimento di identità nazionale in tutti gli italiani.

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