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Scritto da nel Numero 78 - 1 Aprile 2011, Scienza | 0 commenti

Venti radioattivi

Non tira una buona aria in giro per il mondo. Nell'emisfero settentrionale, a diverse latitudini, il profumo della incipiente primavera è corrotto dai miasmi della guerra e della catastrofe nucleare. Il pensiero non può non andare a quegli eroi giapponesi che, come novelli kamikaze, si immolano per provare a tamponare ciò che non può essere fermato. I reattori di Fukushima sono ormai al collasso e da giorni sprigionano fumi ed acqua radioattiva, in concentrazioni tali da stroncare un toro all'istante. Fuor di metafora, quanti danni e quanti lutti verranno causati nei prossimi giorni, mesi ed anni, da questa tragedia immane nessuno lo può dire. Del resto l'atomo o, per meglio dire, le conseguenze del suo utilizzo energetico e militare hanno ancora zone d'ombra per gli esperti, figuriamoci per il popolo bue che le subisce, più o meno consenziente.

Le conoscenze diffuse sono, al più, a livello delle esilaranti farneticazioni del Guzzanti-Zichichi. Ci viene raccontato di fusione anziché scissione, come si trattasse di un uovo alla coque, di centrali di terza, quarta, ventesima generazione, dove si potrà andare a fare i weekend di benessere come alle terme, di contenitori indistruttibili fatti con le migliori sabbie cementizie delle premiate mafie del mondo, di raggio di sicurezza di 30 km dalla centrale, manco si trattasse di una fabbrica di fuochi pirotecnici. La verità è che la materia è assai delicata ed è poco trasparente, per sua stessa natura, aldilà delle orchestrate cortine di silenzio. Sapere cosa sta succedendo e soprattutto cosa potrà succedere in Giappone e nel resto del mondo è insomma impresa ardua; le ipotesi che si possono fare sono comunque meno dubbie delle previsioni meteo di medio e lungo termine dalle quali si vorrebbe evincere verso quali aree geografiche si indirizzeranno i venti radioattivi.

Le ipotesi di danni irreparabili alla salute dei cittadini, in termini di malattie del sangue, sviluppo di tumori, problemi tiroidei, sono purtroppo qualcosa di assai più solido e concreto delle bizzarrie meteorologiche. Così come, per rimanere in ambito climatologico, i rischi dell'energia nucleare sono infinitamente superiori a quelli delle energie prodotte con il contributo degli elementi naturali: sole, piogge e vento.

Ci saranno gli scettici delle energie pulite che tireranno in ballo i costi e la scarsità del reperimento del silicio per l'energia solare, la deturpazione del paesaggio e la rumorosità dell'energia eolica, nonché le difficoltà di immagazzinamento dell'energia che per ovvie ragioni non può essere prodotta a ciclo continuo da tali sistemi. Beh in questo momento a costoro viene da dire solo una cosa: “iatevinne a Fukushima”. Voi, il nucleare e la superlativa idea di affidare in toto a società private la gestione di un settore così “sensibile”. Poi si deve vedere un premier politico con una assurda tuta che davanti agli schermi di tutto il mondo balbetta che non sa una pippa di quanto accade e che è un po' “fastidiato” dal muro di gomma informativo dei vertici dell'azienda. Ma va'!!

Rientrando nei ranghi e tornando a battere i nostri sentieri climatici, sino a qualche giorno fa, prima che il caso Libia oscurasse un po' la cronaca dal Sol Levante, non ancora ripresi dallo shock delle immagini dello tsunami, si è cominciato a scommettere su dove potevano dirigersi i venti radioattivi, sulla base delle configurazioni bariche presenti sull'area dell'estremo oriente. In particolare, interessati alle “puntate” sono soprattutto i governi ed i popoli delle nazioni vicine, quindi russi, coreani, cinesi e in qualche misura canadesi e statunitensi.

Il Giappone è un arcipelago formato da circa 6.000 isole, di cui le 4 principali che si sviluppano lungo i meridiani sono, da nord a sud: Hokkaido, Honshu (che è l'isola più grande, nonchè quella che contiene Tokyo, Osaka e Kyoto), Shikoku e Kyushu; ne consegue che il clima diverga sensibilmente nelle aree geografiche, anche in ragione della presenza di imponenti catene montuose all'interno. Si passa dunque dal clima estremamente rigido, nevoso in inverno e piuttosto secco dell'isola di Hokkaido al clima quasi subtropicale dell'isola di Kyushu, dove le torridi stagioni estive vengono spesso mitigate dall'abbattersi di veri e propri tifoni.

Tale variabilità e complessità climatica è indice di configurazioni bariche e di una disposizione delle correnti altrettanto intricate; i venti predominanti in un dato periodo diversificano notevolmente il clima anche fra le coste dei versanti orientali e quelle dei versanti occidentali. Individuare quindi che direzione hanno preso e dove finiranno prossimamente lo iodio 131 ed il cesio 137 che fuoriescono dalla centrale nucleare dipende dunque dagli scenari meteorologici e pressori che si susseguono. Tendenzialmente, nel periodo tardo invernale, le coste settentrionali dell'isola di Honshu, dove vi sono le martoriate terre di Sendai e Fukushima, sono soggette alle correnti nord occidentali provenienti dalla Siberia; qualcuno avrà memoria delle immagini, ad una settimana dallo tsunami, che facevano vedere uno strato di neve fresca sulle macerie. Con tali correnti i pericoli più grossolani sono scongiurati in quanto spostano i vapori della nube radioattiva dalla costa verso il mare aperto, l'Oceano Pacifico, potendo al più mettere nel mirino le isole Hawaii che distano comunque 6.000 km, ossia uno spazio sufficiente ad “annacquare” la pericolosità della nube stessa. Molto peggio per le popolazioni nipponiche sarebbe un orientarsi delle correnti da nord-est, cosa peraltro avvenuta per qualche giorno, perché le correnti in quota getterebbero letteralmente la radioattività fra le braccia dei cittadini di Tokio e dell'area circostante che raccoglie quasi un terzo dell'intera popolazione giapponese (più di 30 milioni). Se 6.000 km possono sembrare un margine sufficiente (ma il condizionale è d'obbligo perché, come detto, l'alea del rischio e del danno radioattivo è massima), i 200 km scarsi che separano la capitale possono essere davvero una fragilissima barriera alla catastrofe sanitaria. Nei giorni fra il 18 e il 23 marzo in cui persino le autorità californiane, guardando i modelli meteorologici ed i satelliti che raccontavano del prevalere della corrente del Pacifico, si sono allarmate per i propri cittadini, pare che la marina statunitense abbia richiamato una propria portaerei che navigava a 150 km dalle coste di Fukushima perché si erano raggiunti livelli di radioattività estremamente perniciosi per l'equipaggio. Ecco dunque che i 30 km di raggio dalla centrale, entro cui è stata disposta l'evacuazione, paiono un limite pressoché ridicolo.

Dallo scoppio dei reattori ad oggi sono passati una ventina di giorni all'insegna di una situazione anticiclonica sul Giappone; dunque non vi sono stati grossi sommovimenti di masse d'aria, a parte appunto una fase dominata da una corrente occidentale un po' più sostenuta che ha mosso la nube verso gli Stati Uniti. Quello che va capito è però, soprattutto, cosa e quanto ancora fuoriuscirà dalla centrale; la meteo di suo può metterci solo la fiammella di speranza di una rotazione dei venti da sud-ovest che porterebbero il grosso della nube verso i mari artici. Una cosa certa purtroppo c'è già: se anche non si dovesse verificare il malaugurato cedimento di uno o più contenitori dei noccioli, quello che si è sinora riversato in atmosfera e la sua ricaduta al suolo ha ormai contaminato acque, campi e di conseguenza cibi, ed i giapponesi e forse anche altri popoli attigui è bene che tengano i loro occhi a mandorla un po' più sgranati del solito, per l'oggi e per il domani.

A proposito del domani, come partirà il prossimo mese per quanto concerne il clima sull'Italia? Beh pare proprio che il ponte verso l'Africa si rinsaldi anche meteorologicamente. A differenza di quanto spesso accade c'è una totale univocità di previsioni circa una partenza in grande stile della primavera, con scampoli pseudo estivi. Sarà difatti protagonista l'anticiclone sub sahariano che con un possente promontorio abbraccerà il Mediterraneo e l'Europa occidentale, regalando giornate splendide e piuttosto calde, specie in Pianura Padana e sui versanti tirrenici. Si prevedono punte di temperatura massima intorno ai 22°-25°, valori decisamente sopra media. E l'anomalia consisterà anche nella forza che pare avere questa struttura, la quale non dovrebbe dissolversi almeno sino a metà mese, giusto una ripassata di temporali, specie a nord del Po, fra il 4 e il 5 aprile ed una rinfrescata in Adriatico a cavallo del 10 aprile.

Peccato che il pesce d'Aprile si faccia domani e che la previsione l'abbia stilata il 31 marzo altrimenti vi avrei raccontato di imminenti sfuriate gelide e di un ritorno della neve. Del resto se si continua a credere ai piazzisti che, fra l'acquisto di una villa ed una botta a pagamento, sostengono di risolvere qualunque problema in 48 ore, si può credere anche a me, a prescindere da quel che dico.

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