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Scritto da nel Economia e Mercati, Numero 79 - 1 Maggio 2011 | 0 commenti

Giovani e donne sempre più scoraggiati

Che un giovane che cerca lavoro fatica a trovarlo è già un problema grave, ma lo è altrettanto il fatto che sono pochi i giovani che prima di 25 anni si mettono alla ricerca di un'occupazione. Il primo problema si chiama disoccupazione giovanile e il secondo inattività giovanile. Se in tutta l'area del Centro-Nord mediamente un cittadino su tre non cerca un'occupazione, nella fascia d'età compresa tra i 25 e i 34 anni il dato sale fortemente e nel 2010 oltre due giovani su tre non si mettono alla ricerca di un posto di lavoro. Già dunque si entra tardi sul mercato del lavoro, anche a causa dell'allungamento del periodo di istruzione o comunque di un difficile passaggio dal mondo della scuola a quello del lavoro, ma dall'Istat fanno sapere che soprattutto tra i giovani «la crescita del numero di inattivi in questi ultimi anni è motivata da fenomeni di scoraggiamento in senso stretto e dall'attesa degli esiti di passate azioni di ricerca del lavoro».
Pur registrando un dato molto positivo sulla disoccupazione, sono le Marche a far segnare un livello di inattività tra i giovani molto elevato e pari al 70,9%, in crescita di quattro punti percentuali rispetto al 2009. Seguono la Toscana (70,5%), l'Umbria (68,3%) e l'Emilia-Romagna (66,4%), ma in tutti i casi i dati sono risultati in crescita nell'ultimo anno, anche se inferiori al dato tendenziale italiano che vede un'inattività giovanile pari al 71,6%.
A livello provinciale, è la provincia di Ferrara a godere di un indicatore positivo (57,7%) che comunque evidenzia come oltre un giovane su due tra i 15 e 24 anni non rientri tra la forza lavoro attiva, mentre l'area dorica risulta a più alto livello di inattività giovanile, pari al 74% e in crescita dal 69,9% rispetto all'anno precedente. Secondo il presidente di Confindustria Ancona, Giuseppe Casali, il dato negativo può essere spiegato «da un lavoro sommerso, soprattutto giovanile, nei settori terziario e turistico, che sul piano statistico va a ridurre la quota di occupati e ad aumentare quella degli apparentemente inattivi, associato a un allungarsi del periodo di studi che incentiva i giovani ad arrotondare durante il periodo di studi e ricercare questi tipi di attività stagionali».
Nella provincia di Bologna invece il più basso tasso di inattività complessiva (27,3%) non è tanto dovuta a un maggiore dinamismo giovanile quanto a una maggiore partecipazione del genere femminile, in un territorio da sempre attento e all'avanguardia su questo tema. «Percepiamo il disagio giovanile – spiega Alessandro Alberani, segretario generale Cisl Bologna – attraverso il nostro sportello degli atipici e ciò sconta l'effetto della crisi su questo territorio, che si è trovato impreparato e non abituato a un momento di difficoltà diffusa, ma bisogna rilevare come a Bologna nell'ultimo anno ci sia stato un altissimo ritorno all'iscrizione dei giovani alle liste di collocamento». Questa area, inoltre, è considerata la maglia rosa italiana grazie all'alta partecipazione femminile e al più basso livello di inattività di genere pari al 33,1%, nonostante il dato sia risultato in crescita nel 2010 dal 32,6% fatto registrare nell'anno precedente. «Tutto dipende – dice Alberani – da un traino di welfare favorevole per giovani e madri, in una territorio come questo che ha sempre creduto nella professionalità femminile e nel mantenere sempre basso il livello di inattività grazie all'utilizzo della flessibilità, grazie ad una politica sugli orari di lavoro e sull'utilizzo del part-time. È per questo motivo che ci stiamo scontrando contro il governo e i tagli al welfare perché significherebbe vanificare tutte quelle politiche attive sul lavoro messe in campo su questo territorio per favorire l'alta partecipazione giovanile e femminile».

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