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Scritto da nel Numero 81 - 1 Luglio 2011, Tempo e spazio liberi | 0 commenti

Mr T

Non aveva mai saputo se fosse maschio o femmina: la femminilità del suo spirito amorevole, l'innata capacità di sopportare le avversità e i pesi della vita e un certo stile sobrio non impedivano il dispiegarsi nel suo carattere del più maschile senso di curiosità per l'ignoto e del gusto di infilarcisi con un inesauribile spirito d'avventura. Il signor Q sapeva solo di amare questa forma di vita, della quale non parlava il medesimo linguaggio ma con la quale era riuscito a condividere i suoi momenti più intimi, profondi e lontani. Si sentiva legato per sempre e non aveva mai creduto che lei avrebbe potuto davvero fermarsi.
Chissà, forse proprio questa fiducia sconfinata gli aveva impedito di vederne le difficoltà, di capire un attimo prima quando sarebbe stata l'ora di allentare la passione del rapporto. Ma, anche se non comunicavano in una lingua comune diversa da quella dell'amore, era convinto che lei non sarebbe stata d'accordo. Sapeva che avrebbe voluto finire così com'era iniziata, così com'era sempre stato il loro rapporto.

E quindi partirono, anche quella sera, per sempre e per l'ultima volta.
Quando videro Shanghai, in fondo alla laguna di Venezia, cominciarono a sentire voglia di riposare. Fu una sensazione del tutto particolare, non nuova, ma come se quella volte fosse più evoluta e matura. La sgambata di quel pomeriggio assolato, sudato ma ventilato da una delicata brezza serale, sembrava risuonare nelle orecchie di entrambi come una di quelle musiche che segnano le occasioni indimenticabili di una vita. Come una Marcia di Radetzky ascoltata passeggiando lungo un bel Danubio blu, guardando a orecchio in fondo ai viali di Vienna, direbbero Paolo Conte, il generale Radetzky e anche la nonna, seduta in poltrona davanti al concerto di Capodanno mentre il nipote tiratardi pisola in poltrona.

Videro il futuro come se fosse il film della loro vita. Le sterminate steppe dell'Asia, le foci dei fiumi che arrivano nei salati mari interni, le bianche ed innevate montagne con in cima le chiesette sperdute, le dolci compagnie appollaiate e sorridenti, le indicazioni vicine di posti lontani. Anche le isolette sul mare, le dogane mai superate, i primi metri non percorsi. Come se da lì in avanti sarebbe stato un eterno e lungo ritorno, un'eterna e lunga andata e ritorno, un girotondo accompagnato dalla musica che si può udire solo da dentro quel casco, dietro quel parabrezza imbandito di colorate vignette. Lo videro e lo salutarono con un allegro scoppiettio liberatorio contro il cielo, come se mentre lanciati verso il futuro volessero lanciare un ultimo fuoco d'artificio per brindare rumorosamente ai sogni di una vita, con la serenità che se la resurrezione riguarda il figlio di Dio, Dio in persona di tornare in questa vita non ha alcun bisogno e può permettersi di dare la propria vita agli altri donando gli organi.

Quando si sedettero fianco a fianco lungo il fiume della vita, lei vestita per l'occasione con l'abito scuro, lo videro scorrere come sempre, veloce e inesorabile. Si salutarono con le ultime carezze, mentre il sole strizzando l'occhiolino scendeva a coricarsi anche lui. Il viaggio sarebbe continuato l'indomani.

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