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Scritto da nel Numero 82 - 1 Agosto 2011, Politica | 0 commenti

Casta chi era costei

Casta è una termine generalmente utilizzato per rappresentare la realtà indiana e identifica un sistema di stratificazione sociale in base a privilegi di nascita. In sintesi, traendo spunto da fondamenti religiosi, impone all'individuo di aderire ad un meccanismo di obbedienza stretta alla propria condizione sociale che sarà premiata non nell'aldilà ma addirittura nella prossima incarnazione. E' un sistema feroce, che sfrutta e opprime le persone per millenni, che impedisce meccanismi di promozione sociale e si autoalimenta per la convenienza di chiunque a sfruttare chi è più oppresso di lui. E' un modello di società non democratico e non fondato sulla piena possibilità di sviluppo della persona umana.

In Italia si parla di 'casta' per identificare i membri del Parlamento e in generale lo si tende pericolosamente a estendere a tutti i funzionari pubblici. In questa maniera si lascia trapelare l'idea, anzi la si esprime a chiare lettere, che in Italia il voto per esprimere i propri rappresentanti politici sia inutile se non addirittura dannoso. La conseguenze di questa riflessione è evidentemente la presa di coscienza del fallimento delle democrazia repubblicana, il cui delicato meccanismo di funzionamento si fonda sulla rappresentanza della volontà popolare attraverso il ruolo del parlamentare, al quale vengono conferiti privilegi in quanto primo servitore dello Stato. Un sistema di potere sovrano necessariamente richiede che qualcuno lo gestisca ed è altresì normale che costui ricada nella tentazione di goderne personalmente: vogliamo fingre di non notare la differenza tra un primo sacerdote eletto dal popolo e la selezione genetica avvenuta nell'utero materno? Secondo me la differenza è talmente evidente che camuffarla per vendere copie e lanciare slogan equivale a compiere un atto di violenza contro il nostro sistema repubblicano.

L'Italia per secoli è stata occupata da potenze straniere (tanto che anche la sua storia unitaria ha ricalcato il medesimo schema) e la nostra Costituzione che cerca di generare un Paese democratico richiede sforzi generosi da parte di chi desidera realizzarla, sia nella politica che nella partecipazione civile. Le principali forze che hanno difeso la nostra Repubblica e che hanno combattuto per essa versano in situazioni degradanti: tra tutti i partiti storici, abbattuti dalla furia di Tangentopoli e da un'opinione pubblica tanto impreparata a gestire i fisiologici shock democratici quanto ricettiva agli stimoli più ferini, e i sindacati, in difficoltà per le loro mancanze ideologiche ed economiche.

Nello scenario politico attuale le uniche parole d'ordine pubbliche sono quelle forcaiole dell'odio sociale per la classe dirigente eletta dal popolo medesimo e le uniche politiche da implementare sono quelle scritte sotto dettatura a Bruxelles. Una situazione paradossale che potrebbe diventare drammatica ed aprire il campo alle forze che vorrranno approfondire il solco tracciato nel 1992 che ha banalizzato le richieste popolari alla scelta tra il moralismo di sinistra e il protezionismo di destra. Vent'anni di silenzio nel dibattito pubblico stanno asciugando le fondamenta civili della passione politica, stanno allevando la migliore classe dirigente al di fuori di una indipendente logica di autonomia politica. Così invece che a una nuova classe dirigente, il rischio è che l'anti-politica del berlusconismo passi il testimone all'anti-politica delle procure. Il siparietto di Di Pietro e Berlusconi in Parlamento lasciava proprio pensare a quello.
Senza la politica comanda l'economia. La Lega Nord, dopo aver minato la Prima Repubblica, averne sostituito i rapprensentati in diffusi gangli del potere, si avvicina a sferrare il colpo di grazia a Silvio il quale soccomberà non sancendo il fallimento (che di fatto tale è stato) del modello dell'anti-politica al potere (una contraddizione in termini che non vedere significa non avere gli occhi per farlo e che ha proprio nell'ipocrisia razzista della Lega uno dei suoi elementi peggiori), ma proprio in quanto difensore della 'casta'.

Quindi, toccato il fondo, temo si comincerà a scavare se le forze riformiste migliori che hanno appena conquistato l'avanguardia del Paese con il sindaco Pisapia non troveranno la forza di lanciare una volata dopo questi vent'anni di attraversata nel deserto. Non vedo altri punti di forza per questa battaglia se non negli ultimi eredi delle tradizioni democratiche. Il sistema maggioritario e la scarsa responsabilità politica diffusa renderanno tali convergenze difficili, ma la battaglia politica non si esaurirà affatto con l'uscita di scena di Berlusconi (la cui effettiva consistenza è in realtà tutta da misurare) ma rischia di vivere i prossimi decenni tra le difficoltà di una popolazione impoverita e non rappresentata, un'amplificazione mediatica distorta e una politica asservita a poteri esterni.
Ed ecco che sarà bastato propagandare il peggio per realizzarlo, visto che nessuno avrà potuto costruire qualcosa di meglio.

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