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Scritto da nel Letteratura e Filosofia, Numero 83 - 1 Ottobre 2011 | 0 commenti

Morale e criminalità

Via la mano brutale, infame sbirro!
Te stesso frusta, non quella puttana!
Tu bruci dalla voglia di far con lei
Ciò per cui la punisci!

Re Lear, W. Shakespeare


Poeta, scrittore, commediografo, Karl Kraus (1874 – 1936) è noto soprattutto per la sua attività di giornalista, che svolse a Vienna agli inizi del XX secolo. Intorno al 1909 uscì Morale e criminalità, raccolta di una serie di articoli pubblicati tra il 1902 e il 1907 nella rivista Die Fackel (“La Fiaccola”), diretta dallo stesso Kraus.

Nel solco della tradizione liberale, Kraus riteneva che la competenza dello Stato dovesse limitarsi agli aspetti economici della vita dell'individuo. Tutt'al più la tutela fornita dallo Stato si sarebbe potuta estendere alla salute, alla protezione dell'inviolabilità del corpo, della vita e di altri beni giuridici personalissimi. Ma un'intromissione nella sfera privata dei cittadini non dovrebbe mai rientrare tra i compiti di uno Stato moderno. Infatti, “quanto più lo stato è elevato culturalmente, tanto più le leggi si avvicineranno al controllo dei beni sociali, tanto più esse si allontaneranno altresì dal controllo della vita dei sentimenti individuali”.

Il campo di battaglia di Kraus era quello della morale sessuale, poiché era in questa sfera che appariva più evidente l'intrusione dell'apparato giuridico nella vita privata dei singoli. La società viennese era scossa in quegli anni dal germe del nazionalismo antisemita del “Movimento cristiano-sociale” di Karl Lueger. Dominava la “morale borghese” carica di pregiudizi e di ipocrisie. La legge criminalizzava i rapporti affettivi e sessuali tra individui consenzienti (tra uomo e donna fuori dal matrimonio e tra uomo e uomo).

Kraus, è bene precisarlo, non rifiutava la necessità di una legislazione sui reati sessuali, anzi riteneva che questa fosse necessaria a scongiurare un'inevitabile degenerazione dei costumi. Ciò che lo preoccupava era l'abuso nell'applicazione di tale legislazione, non la legislazione in sé.

La retorica pungente di Kraus si abbatteva contro i processi e/o contro i giudici e/o contro la stampa, che alla ricerca di fama e notorietà, invadevano la privacy di imputati e testimoni mettendoli alla gogna. Oggetto dei suoi articoli erano spesso i processi per adulterio, oppure contro chi era sospettato di esercitare la prostituzione o di fare il “mediatore”. In tali contesti, osservava Kraus, spesso il giudice rendeva pubbliche informazioni personali dei soggetti coinvolti nel processo che in nulla contribuivano all'esito dello stesso, e addirittura formava il proprio convincimento riguardo l'attendibilità di un teste o la colpevolezza dell'imputato sulla base di un giudizio morale sulla loro vita privata. Cassa di risonanza e serva di un'opinione pubblica bigotta e avida di pettegolezzi, la stampa contribuiva, agli occhi di Kraus, alla diffusione di tali informazioni.

Da qui la raccolta di articoli intitolata Morale e Criminalità, dove con morale si intende quell'insieme di valori che tutti riconoscono validi, e con criminalità si intende il dominio della legge che deve tutelare i diritti. La “e” posta tra le due parole, nella concezione iniziale di Kraus, aveva un valore disgiuntivo, separava il privato dal pubblico. Criminalità era quindi sinonimo di legalità, perché non faceva riferimento all'attività di chi delinque ma si riferiva alla sfera giuridica che definisce le colpe.

In alcuni casi però, secondo Kraus, la morale diveniva, non solo metro di giudizio, ma addirittura bene giuridico da tutelare, che determinava la proibizione di tutti quei costumi e rapporti che evadevano la “normalità” e il “buon senso comune”. Kraus sosteneva che la morale dominante che criminalizzava la prostituzione favorisse la clandestinità e lo sfruttamento di tale attività. Allo stesso modo, la morale comune nella Vienna dei primi del '900 criminalizzava i rapporti consenzienti e privati tra due individui maturi dello stesso sesso, costringendo così le persone alla clandestinità e creando l'opportunità del ricatto e della delazione domestica.

Con le sue “sentenze inappellabili” (Elias Canetti), Kraus racconta di una società ipocrita e non molto diversa, nella sostanza, dalla nostra. Morale e criminalità è un'ottima lettura per riflettere sull'evoluzione della sensibilità della pubblica opinione: si rischia di scoprire che poco è cambiato rispetto a cento anni fa, o forse che, certe cose non possono cambiare.

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