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Scritto da nel Il Libro del Viaggiatore, Numero 83 - 1 Ottobre 2011 | 0 commenti

Romani all’opera. I ‘negotia’ nell’immaginario cinematografico.

Romani all’opera. I ‘negotia’ nell’immaginario cinematografico.

Autore: Carlo Modesti Pauer
Titolo: Romani all’opera. I negotia nell’immaginario cinematografico.
Collana: Arti e mestieri nel mondo romano antico.
Strumenti per la conoscenza del mondo romano antico.
Editore: Quasar
Anno: 2009
ISBN: 978-88-7140-412-7


Da più di trent’anni le Edizioni Quasar costituiscono un punto di riferimento importante per chi si interessa di archeologia e di storia antica, con particolare riferimento all’Italia romana e preromana (ma non solo). Le numerose pubblicazioni della casa hanno permesso, non solo agli addetti ai lavori di mantenersi aggiornati con l’avanzare degli studi e delle scoperte, ma anche agli appassionati, più e meno esigenti, di poter accedere a un patrimonio di informazioni non sempre facilmente rintracciabile. Tutto ciò grazie a numerose collane, alcune pensate appositamente per gli specialisti, altre concepite per fornire «un ausilio informativo per gli appassionati e i giovani studiosi della storia di Roma ed una insostituibile biblioteca aggiornata».

Inaugurata nel 2007, la collana Arti e Mestieri nel mondo romano antico «si propone la ricognizione dei vari aspetti delle attività produttive dall’artigianato al commercio, dall’edilizia allo sfruttamento delle materie prime locali o d’importazione, dalle professioni alla loro organizzazione (i “Collegia”) il commercio e il problema dell’immagazzinamento delle derrate, alla distribuzione, al controllo dei prezzi» – come precisato sul sito dell’editore. Le pubblicazioni all’attivo sono al momento 4, tutte comprese nel biennio 2007-2009:

1. DIOSONO F., I Collegia. Le associazioni professionali nel mondo romano (2007);
2. DIOSONO F., Il legno. Produzione e commercio (2008);
3. AUGENTI D., Il lavoro schiavile a Roma (2008);
4. MODESTI PAUER C., Romani all’opera. I negotia nell’immaginario cinematografico (2009).

LOW POWER… “MODESTI”!


Ho iniziato questo libro con grande interesse e curiosità; l’ho divorato, per poi tornare a rileggerne alcune parti.
Il risultato è stato chiedermi continuamente cosa c’entrasse un testo del genere con una collana dedicata ad «Arti e mestieri nel mondo romano antico». Per fortuna l’ho preso a metà prezzo. Comunque, ecco qui le mie personalissime impressioni.

A parte l’ampia galleria di fotogrammi relativi ai negotia in quasi 100 anni di cinema, di «arti e mestieri nel mondo romano antico» in questo libro c’è ben poco. Dopo lunga attesa, finalmente è lo stesso autore a dircelo: «i tanti mestieri … sono presentati nel repertorio fotografico del paragrafo successivo» (p.73!). Peccato però che le didascalie del «repertorio» non permettano al lettore di misurare la distanza fra la ricostruzione cinematografica e la realtà del mestiere antico; bella carrellata, ma al termine ne sappiamo quanto prima.
Non è purtroppo l’unico difetto del libro. Andiamo con ordine.

Il volume consta di 2 parti (più la già citata galleria): una prima lunga e introduttiva presentazione della storia del cinema di ambientazione romana (preceduta da una storia delle origini del cinema, altrettanto introduttiva), cui dovrebbe seguire una parte II sulla «rappresentazione del lavoro e dei mestieri nel cinema storico-romano»… Dovrebbe! perché di arti e mestieri non si parla, se non con accenni assolutamente sporadici, fino a pag. 70 circa (su 77 di testo!). I soli “mestieri” toccati un po’ di più sono il pretoriano/legionario, lo schiavo e il gladiatore, nello spazio approssimativo di 5 pagine.

Come già accennato, grossa mancanza del libro è di non rilevare i più evidenti errori (pochissimi quelli segnalati) nelle ricostruzioni cinematografiche: dalla lorica segmentata in cuoio, alle staffe, al ritorno della repubblica a Roma dopo la morte di Commodo, all’uso delle catapulte come di moderne artiglierie, o alle pareti interne del senato coperte di geroglifici egizi in Scipione l’Africano di Carmine Gallone… e dire che l’autore critica parecchio la pittoresca scenografia da regime di Gallone! Insomma, tutto questo non c’è, tanto meno se limitato ad arti e mestieri.
Il punto però è che alcuni di questi errori sono talmente consolidati nell’immaginario cinematografico, che appare quanto mai strano non parlarne all’interno di un saggio su rapporti fra cinema e negotia nel mondo romano.

Interessante il paragrafo sul rapporto fra pittura e cinema, così come l’iniziale parte storica, la quale però ha il difetto di essere eccessivamente lunga, al punto da sembrare un po’ fuori tema, di fronte al poco spazio dedicato a quello che dovrebbe essere l’argomento del volume (e della collana): insomma, l’impressione è di un monstrum con una testa gigantesca (= introduzione) rispetto al corpo.

Dal nostro punto di vista, però, il “difetto” forse più grave è sotto il profilo metodologico: infatti, qua e là è un fiorire di opinioni personali, giudizi, tali da sembrare veri e propri spunti polemici (anche estranei all’argomento), che in un testo pubblicato entro una collana di carattere storico-archeologico non dovrebbero avere spazio, se non a prezzo di inficiare la presunta obiettività che il lettore si attende.
Ecco che più volte l’autore offre le sue puntualizzazioni su vari argomenti, quali la controversia iconoclasta (a proposito dei film su Cristo, forse confondendo ‘rappresentazione’ e ‘culto’ delle immagini); oppure, per rafforzare l’idea del monopolio culturale esercitato dalla Chiesa, precisa che «il Vaticano interviene sulla Madonna stessa con il dogma dell’Assunzione (1950), aggiungendo un ulteriore tassello alla divinizzazione della Theotokos» (in caratteri greci, con buona pace di tutti i cattolici e di quanti non conoscono né il greco e né la questione della Theotokos/Christotokos). Chissà, forse influssi della Storia criminale Cristianesimo la cui edizione italiana è stata curata proprio dal nostro autore; sta di fatto che il libro che ho comprato dovrebbe parlare di cinema e negotia romani.
Interminabile il pistolotto su Mussolini e i suoi «travestimenti», mentre il lettore va avanti sperando che almeno le ultime 7 pagine gli parlino di questi benedetti mestieri romani nel cinema.
Quanto al ‘cinema secondo l’autore’, le didascalie di D’Annunzio per Cabiria sono «insopportabili», mentre Blasetti pare liquidato come un servo del fascio, ma tra i film citati nessuna parola sulla Corona di Ferro, pellicola agli antipodi della retorica bellicista del regime. Chissà perché!… Accontentiamoci di un ipse dixit, giusto per restare in tema!

Manca poi una coerenza nella citazione dei titoli dei film, in genere in lingua originale (senza però nota che rimandi al titolo in italiano), ma talvolta richiamati anche soltanto in italiano, benché si tratti di produzioni americane o francesi; altre volte invece inglese e italiano coesistono a distanza di poche pagine.

Per finire, a pag. 77 (l’ultima prima del «repertorio fotografico»), l’autore afferma che «la filmografia che in qualche modo entra in contatto con Roma archeologica conta oltre 500 titoli». Peccato che l’elenco sia omesso e che l’autore affermi di aver visionato solo il 13% del totale (complice anche il fatto che alcune pellicole sono andate perdute, bisogna dirlo). Questo metterebbe in allarme circa la completezza dell’indagine, ma per fortuna l’autore più volte (almeno 3) tiene a precisare che quanto non è stato riportato (o visionato!) era «ininfluente ai fini del presente lavoro». Meno male!
Insomma, più che negotia, eccoci una breve storia del cinema “romano”, compilata sulla base del 13% dei film in questione: però un 13% influente!

E così non ci resta che gettarci nel «repertorio fotografico» di arti e mestieri romani nel cinema, provando almeno la soddisfazione (poca) di scoprire che questo film l’abbiamo visto, o che questa scena ce la ricordiamo, dato che le nostre domande sulla fedeltà nelle ricostruzioni cinemato
grafiche continueranno ad essere senza risposta.


Giunti al termine, chiudendo il libro e rileggendo sulla copertina «Strumenti per la conoscenza del mondo romano antico», potremmo restare senza le parole per esprimere il valore di questi strumenti… Per fortuna, poco sopra ci avvisa l’autore: “modesti”.

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