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Scritto da nel Numero 85 - 1 Dicembre 2011, Scienza | 0 commenti

Basilicata coast to coast

Se la Padania si chiama così perché si produce il Grana Padano, la Basilicata sarà mica la patria del pesto? Intanto i liguri potrebbero avanzare significative rimostranze, ed inoltre gli “strascinati” lucani, più che al pesto, si ricordano conditi con ricotta e salsiccia. Questa oscura regione in realtà potrebbe, grazie al suo doppio appellativo, far pensare ad una concentrazione di neonati battezzati Luca. Mah…facezie nominalistiche, trite e banali, che invero nulla aggiungono al mistero che avvolge questa terra, baciata da due mari ma tipicamente montana. Già quest'ultima definizione dovrebbe svelarci le sue tante contraddizioni. Senz'altro quando si parla di tale regione si palesano spesso imbarazzi, smarrimenti, incongruenze ed una certa dose di ignoranza; il dato diffuso che emerge è l'identificare il territorio lucano come un ripostiglio ricavato fra le camere Campania, Puglia e Calabria, sorvolando allegramente sulle sue specificità, al contempo primigenie e frutto di una fusione armonica delle caratteristiche sociologiche delle citate tre regioni confinanti.

La Basilicata o Lucania, in effetti, è da un lato un crogiuolo di identità tipizzanti i più noti popoli campano, pugliese e calabrese, che si ritrovano stratificate viaggiando da ovest ad est e a sud; dall'altro è una potenziale macroregione che potrebbe conglobare parte delle province attigue di Benevento, Avellino, Salerno, Cosenza, Bari e Foggia, dando luogo ad un'area culturalmente, sociologicamente e linguisticamente omogenea e dotata di un proprio marchio di fabbrica. Anche dal punto di vista meteorologico essa si nutre di un suo peculiare schema dietetico che la distingue dalle regioni confinanti. Del resto ciò dipende dalla sua particolare conformazione geomorfologica che ne rimarca la diversità del clima, improntandolo ad un maggior rigore rispetto alle regioni limitrofe e che al contempo, stante la varietà del territorio, crea tante microzone climatiche, il cui attraversamento consegna una incredula sensazione di mutazione continua e ravvicinata.

Le elucubrazioni su tale regione sono state stimolate e corroborate dopo aver incocciato recentemente un alto momento di discussione sulle mafie italiche, in cui magistrati con gli attributi ricomponevano il mosaico di quella pagina nera che da decenni sporca la storia della nostra nazione. Anche da questo doloroso punto di vista la Basilicata parrebbe esibire la sua penombra, la sua marginalità rispetto al fascio di luce che investe le popolari mafie meridionali, ossia la 'ndrangheta e la camorra (in misura minore la criminalità mafiosa pugliese). Un ex pm della procura di Potenza, presente al dibattito, ha invece giustamente rinverdito i tristi fasti della mafia lucana, rammentando la propria indagine sui Basilischi, un'organizzazione criminale nata a Potenza ed estesasi a tutta la regione, specialmente nella zona di Melfi e nel metapontino. Dunque un ibrido anche sul piano delle attività delinquenziali ed in effetti la struttura che è venuta svelandosi ricalcava esattamente quella propria delle 'ndrine calabresi ma con una fisionomia propria, adattata alle contingenze socio-economiche della regione.

Chi avesse visto il divertente e ben confezionato film di Rocco Papaleo si sarebbe potuto fare un'idea precisa di questa natura multiforme della regione Basilicata, che, come detto, è tale anche dal punto di vista meteo. Anzi proprio la varietà di climi crea un paesaggio così difforme da zona a zona in un'area relativamente poco estesa. Il viaggio che fanno i protagonisti del film, da ovest verso est, dalle coste tirreniche alla piana di Metaponto, ricomprende quasi tutte le diversità geomorfologiche e climatiche della regione; in sintesi possiamo configurare quattro macroaree: la fascia costiera del Tirreno, la zona montuosa che collega i massicci del Sirino e del Pollino, gli altopiani potentini che sfumano a nord verso le colline e le montagne del Vulture e la mezza collina e la pianura che si estende per quasi l'intera provincia di Matera sino al litorale jonico. Dunque si passa dalle zone occidentali, caratterizzate da una natura rigogliosa, frutto di ragguardevoli quantitativi medi di precipitazioni piovose, alle zone orientali che presentano aspetti singolarmente aridi e siccitosi. E la mutevolezza del paesaggio si manifesta in modo clamoroso ovunque, con un picco nei 20-30 km che separano l'area del Parco delle dolomiti lucane, ove si incontrano montagne e vegetazione che ricordano proprio quelle alpine, dalla zona di Tricarico e Grassano, ove cominciano gli scenari in stile Nevada, caratterizzati da alture spoglie e rocciose, sulle cui sommità svettano cittadine “imbiancate” da un'accecante luce solare.

Quanto inoltre è tipicamente “meridionale” il clima estivo della Basilicata, caratterizzato da scarse precipitazioni piovose e da temperature che nella piana del metapontino raggiungono facilmente i 40°, in ciò non distinguendosi particolarmente dai climi delle zone limitrofe, così invece è peculiare il clima invernale che, pur apparentandosi ai climi delle immediate zone di confine, è da considerare senz'altro molto più rigido e “settentrionale” rispetto a quelli generici della Campania, della Puglia e della Calabria. L'altimetria complessivamente elevata comporta frequenti e copiose nevicate, che risparmiano solo le coste tirreniche, in quanto sulle pianure della provincia di Matera, esposte al vento di grecale, non è insolito vedere i fertili terreni ricoperti dal manto nevoso. La temperatura rimane per lunghi periodi estremamente bassa, specie nelle ore notturne e negli altopiani potentini, tanto che il capoluogo di regione ha spesso temperature assimilabili a quelle della pianura padana, scontando anche un relativamente alto tasso di umidità. I massicci montuosi più elevati raggiungono quota 2.000 metri e dunque le nevicate sono abbondanti e durature, rendendo assai fredde anche le vallate interne dei fiumi Bradano, Basento, Agri e Sinni. Insomma una bella sferzata di rigore invernale per chi volesse andare in visita da quelle parti da ottobre ad aprile; il che non preclude, durante le sciroccate, di poter godere di giornate dal tepore tipicamente mediterraneo, quanto meno al mattino e sino al calar del sole. Buon viaggio.

Ed eccoci come al solito alle previsioni per il prossimo mese. Ciò che si intravede all'orizzonte nell'immediato non va in direzione dell'inverno pieno. Le grandi configurazioni bariche in Europa si assesteranno ancor più sulla linea dei paralleli, con vigorosi getti di corrente da ovest verso est e dunque con un Nord Europa burrascoso, di stampo invernale ma più per il vento e le piogge che per il freddo e la neve, come già in questi giorni, ed un sud mediterraneo all'insegna della variabilità e del clima mite. Senz'altro dovrebbero sparire le nebbie che, seppur non così consistenti e relegate a cavallo della stretta linea del Po, da ormai un paio di settimane rendono l'aria stagnante ed inquinata. Ciò perché si
andranno alimentando veloci correnti occidentali, già dai primissimi giorni del mese. Esse porteranno piogge sporadiche specie sui versanti tirrenici. Più asciutto e mite il clima sulle regioni adriatiche; non al sud Italia, dove inizialmente vi sarà un passaggio perturbato a causa di una blanda saccatura ciclonica che si muove lungo le coste nordafricane ma che va colmandosi.


La catena di basse pressioni presente sul Nord Europa proverà ad abbassarsi a cavallo del ponte dell'Immacolata e secondo la modellistica americana troverà uno sbocco in direzione sud, portando nevicate sulle Alpi e Prealpi e poi anche sugli Appennini orientali. Su questo tentativo d'incursione vi sono pareri contrastanti da parte dei modelli previsionali europei che insistono sulla direzione ovest – est, la quale favorirebbe nevicate abbondanti solo sui crinali alpini svizzeri ed austriaci risparmiando del tutto l'Italia, che anzi potrebbe assistere nella prima settimana del mese a sfuriate favoniche (foen alpino e appenninico) che farebbero salire sopra la norma le temperature delle città settentrionali ed adriatiche. Propendo per questa seconda ipotesi con un cambiamento di rotta verso il 10 quando il rallentamento della corrente a getto polare potrebbe rimescolare le carte bariche in direzione nord – sud, anziché ovest- est, ma comunque con l'incognita di dove andrebbe eventualmente ad alzarsi a nord l'anticiclone: se sulla penisola iberica allora l'inverno piomberebbe sulle nostre regioni dopo la metà del mese, se invece su tutto il bacino mediterraneo, Italia compresa, allora dovremmo rassegnarci all'idea che arriveremo a Natale, confortati, per il mio personalissimo gusto, da questo autunno prolungato. Un calice di Aglianico per augurarvi buone feste e staremo a vedere.

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