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Scritto da nel Numero 85 - 1 Dicembre 2011, Politica | 0 commenti

La sconfitta della classe politica italiana

Il governo Monti è senza dubbio la soluzione migliore per provare a far uscire la politica italiana, ancor più dell'economia, da una fase di empasse preoccupante. E' stata sconcertante la passività dell'ultimo governo Berlusconi, dell'intero parlamento di questa legislatura e di tutte le forze politiche che ne fanno parte.

L'andamento dei principali indici economici del nostro Paese è invece frutto del sistema Italia nel suo complesso, con i pregi e difetti che lo contraddistinguono. E' opportuno ricordare, inoltre, che la crisi economica attuale è anche causa di un sistema capitalista che, così strutturato, ha tragicamente fallito. L'ingannevole fumo negli occhi della crescita infinita ha prodotto una costante devastazione dell'ambiente, una distribuzione a dir poco iniqua della ricchezza e la creazione di sacche di benessere talmente assuefatte alla loro condizione da non desiderare altro che il perpetuarsi della stessa, non importa se a scapito del prossimo.

Tornando alla soluzione Monti optata dal Presiedente della Repubblica Napolitano, si può concludere che essa rappresenti banalmente la sconfitta della classe politica italiana. Domati e monopolizzati dal fenomeno Berlusconi, i nostri politicanti non sono stati in grado di prendere delle decisioni al fine di garantirsi un minimo di dignità né durante il governo precedente né durante la scontata caduta dell'egoarca.

Del resto, quasi tutti i singoli parlamentari e vecchi ministri impallidiscono di fronte ai curriculum esibiti dai componenti della squadra di “Super Mario”; finalmente si può inoltre notare e gioire di una certa coerenza fra le esperienze dei vari professionisti facenti parte del nuovo governo e i ministeri che presiedono. Non deve sorprendere lo stupore che questa situazione genera: non bisogna dimenticare che si era abituati a ministri come Rotondi, Carfagna, Romani, Bonaiuti, Giovanardi, Miccichè, Brambilla, Vito, Romano, Galan, Bondi…

Ora, la speranza è che questa fenomenale squadra di governo riesca a supplire a tutto il lavoro che non è stato fatto dai politici negli ultimi dieci anni: una gran mole di riforme cosiddette strutturali che sanciscano il passaggio dalla prima alla seconda repubblica. A cominciare dalla legge elettorale (pare che già tutti si siano dimenticati del milione e seicento mila firme raccolte in un battibaleno a sostegno del referendum per tornare al meno peggio Mattarellum), dalla riduzione del numero dei parlamentari, dall'abolizione del bicameralismo imperfetto, dalla revisione degli ordini professionali e via discorrendo.

Certo, risulta veramente incomprensibile come la classe politica attuale stia a guardare con assoluta indifferenza mentre sulla sua fronte si sta incidendo la dicitura «asino» (con il dovuto rispetto per il sobrio e pacifico erbivoro) laddove i «tecnici» stanno assemblando in poche settimane ciò che la casta avrebbe dovuto svolgere negli anni passati.

Indenne all'umiliazione è soprattutto la sinistra. Si, poiché dal circo proposto dalla destra italiana non si possono pretendere scatti d'orgoglio dopo che in massa ha votato il provvedimento alla Camera sul conflitto d'attribuzione sul caso Ruby, assodando così che Berlusconi avesse creduto che la simpatica e seducente marocchina fosse realmente la nipote del (destituito) Mubarak. Invece dal progressismo italiano, in parlamento rappresentato (ahinoi) dal Partito democratico e solo in parte dall'Italia dei Valori, era lecito attendersi un chiaro e dettagliato programma alternativo di riforme, già pronto per essere depositato. Completo anche di una nuova proposta di legge elettorale, tanto per levare ogni malizioso pensiero che ipotizzi come il porcellum in qualche modo potrebbe anche andar bene alle segreterie di Bersani e Di Pietro.

Nulla di tutto ciò è stato realizzato. Si è invece trattato di affermare la filantropia del partito: l'appoggio al governo Monti dimostra come il Pd anteponga agli interessi del partito il bene del Paese. Così sottintendendo che in questo momento è bene che il Paese sia governato da una compagine di «professori» certamente non di sinistra e in gran parte cattolici militanti, piuttosto che dal Partito democratico in queste condizioni, con qualche idea ma senza un chiaro programma. L'alibi che le elezioni anticipate avrebbero fatto perdere del tempo prezioso all'economia italiana per l'elaborazione di nuove riforme che «rassicurino i mercati» è solo parzialmente attendibile: presentarsi alle elezioni con un'alleanza definita e un programma di pochi punti in cui i provvedimenti di legge sono già esplicitati e pronti per essere depositati in parlamento sarebbe stato ugualmente un segnale positivo per i mercati. Magari ci sarebbe stato il cruccio di votare con l'attuale obbrobriosa legge elettorale: allora perché non spingere per un governo di transizione col solo compito di approvare un decreto sullo sviluppo e una nuova straordinaria legge elettorale da Paese normale, ad esempio un sistema proporzionale con sbarramento o un maggioritario puro in collegi uninominali…

Tempi duri per i compagni in Italia. Osannare un governo che la storia confermerà essere assolutamente di destra e con l'aggravante della presenza di diversi ministri vicini al Vaticano. Oppure, per quelli «veri» della sinistra extra parlamentare, continuare a brancolare nel buio frustrati dai capricci dei loro piccoli leader. Ma che non esulti il berlusconiano o il leghista (ora placato da una sterile e strumentale opposizione solitaria): aver consegnato il potere a Monti rappresenta il clamoroso e definitivo fallimento di un progetto epocale. In generale, si tratta dell'ennesima sconfitta della classe politica italiana.

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