Corea del Nord: il futuro incerto di un misterioso regime
“Sono tanto solo” cantava Kim Jong Il, dittatore coreano, nel geniale “Team America: World Police”, film d'animazione recitato da marionette, ideato nel 2004 dagli stessi autori di South Park. Il regime di Pyongyang è isolato e domina un paese impenetrabile, con una delle economie più chiuse del mondo: di quello che accade in Corea del Nord poco si sa, solo con la morte del Caro Leader Kim Jong Il, avvenuta lo scorso dicembre, i media di tutto il mondo hanno cercato di scoprire e divulgare i retroscena di una dittatura misteriosa. Le immagini del faraonico funerale del dittatore hanno fatto il giro del mondo, suscitando anche una certa ilarità nel sottolineare la forzata disperazione di milioni (secondo il regime) di figuranti in lacrime per la scomparsa del Caro Leader.
Dalla morte di Kim Jong Il le diplomazie di tutto il mondo sono in fibrillazione: timorose del venir meno di un accettabile status quo in Estremo Oriente, si tenta di prevedere le mosse del semisconosciuto successore Kim Jong Un.
La Corea del Nord è un paese animato da bizzarre liturgie di difficile comprensione per un osservatore occidentale, alla cui guida vi è un regime comunemente definito come marxista-leninista e stalinista con contaminazioni confuciane; lo spontaneo paragone con il mondo sovietico è però inappropriato: la Repubblica Popolare Democratica è infatti nella sua ideologia più simile al vecchio Giappone imperiale, con una visione razziale del mondo, che all'URSS di Stalin. La superiorità razziale, e la sua omogeneità, viene ripetutamente messa in mostra nel corso di manifestazioni di massa, come appunto il funerale di Kim, in un rituale apparentemente stalinista-militare ma di fatto razziale. Per il Regime quella coreana è la razza pura e virtuosa, incarnata dalla famiglia Kim: il Presidente Eterno/Grande Leader Kim Il Sung, il Caro Leader Kim Jong Il, e ora il Brillante Compagno Kim Jong Un. Il popolo coreano è buono e virtuoso – pregio/difetto – e quindi ha bisogno di un leader puro e illuminato, un genitore protettivo piuttosto che un capopopolo che incita le masse al progresso e alla rivoluzione. La letteratura, la musica, il cinema e il teatro glorificano i leader.
La complessa ideologia nordcoreana, e il suo sistema politico, si riassume nel termine Juche, “Corrente tradizionale”, che vede nell'autosufficienza la propria base.
Statolatria e culto della personalità.
L'apprensione della comunità internazionale deriva dal futuro incerto della Corea del Nord, e dalle scelte del misterioso Kim Jong Un. Il punto di partenza è che la feroce dittatura nordcoreana fa comodo. Formalmente la guerra tra le due Coree, iniziata nel 1953, non si è mai conclusa, nonostante i buoni propositi della “Dichiarazione congiunta Nord-Sud” del 2000. In una situazione di apparente stallo i vincitori della Guerra di Corea sono principalmente la Cina e il Giappone: meglio le incertezze dello status quo piuttosto che la minaccia di una potentissima (dal punto di vista economico) Corea unita.
La politica estera della Corea del Nord si basa su xenofobia e antiamericanismo: “Avamposto della Tirannia” e parte dell' “Asse del Male” per il Presidente Goerge W. Bush, i rapporti con gli Stati Uniti, anche se non ufficiali, sono in realtà ambigui, con positive aperture raggiunte soprattutto durante la Presidenza Clinton. Per il Regime la contrapposizione con chi sta oltre confine, e in particolare con gli Stati Uniti, è fondamentale per giustificare la povertà diffusa e i problemi del paese, e l'annunciato crollo dell'economia non può che portare a una rapida degenerazione nei rapporti internazionali.
Kim Jong Un prende in mano un paese di 24,5 milioni di abitanti la cui età media è di 33 anni, un territorio ricco di risorse ma abitato da poveri, e , soprattutto, un regime che dispone di un arsenale nucleare. I dubbi sul nuovo leader sono tanti, si invoca principalmente la sua giovane età e inesperienza, ma in realtà del Brillante Compagno si sa ancora poco: esperto d'artiglieria e abile informatico, coreografo di fuochi d'artificio, violento, determinato e imprevedibile – secondo dichiarazioni del cuoco giapponese di Kim Jong Il – il figlio terzogenito del Caro Leader, età esatta ignota, ha studiato in Europa e ha avuto una rapidissima carriera militare e politica raggiungendo prematuramente i vertici dell'Esercito e dello Stato, assumendo infine la carica di Grande Successore.
Dalla morte di Kim Jong Il le diplomazie di tutto il mondo sono in fibrillazione: timorose del venir meno di un accettabile status quo in Estremo Oriente, si tenta di prevedere le mosse del semisconosciuto successore Kim Jong Un.
La Corea del Nord è un paese animato da bizzarre liturgie di difficile comprensione per un osservatore occidentale, alla cui guida vi è un regime comunemente definito come marxista-leninista e stalinista con contaminazioni confuciane; lo spontaneo paragone con il mondo sovietico è però inappropriato: la Repubblica Popolare Democratica è infatti nella sua ideologia più simile al vecchio Giappone imperiale, con una visione razziale del mondo, che all'URSS di Stalin. La superiorità razziale, e la sua omogeneità, viene ripetutamente messa in mostra nel corso di manifestazioni di massa, come appunto il funerale di Kim, in un rituale apparentemente stalinista-militare ma di fatto razziale. Per il Regime quella coreana è la razza pura e virtuosa, incarnata dalla famiglia Kim: il Presidente Eterno/Grande Leader Kim Il Sung, il Caro Leader Kim Jong Il, e ora il Brillante Compagno Kim Jong Un. Il popolo coreano è buono e virtuoso – pregio/difetto – e quindi ha bisogno di un leader puro e illuminato, un genitore protettivo piuttosto che un capopopolo che incita le masse al progresso e alla rivoluzione. La letteratura, la musica, il cinema e il teatro glorificano i leader.
La complessa ideologia nordcoreana, e il suo sistema politico, si riassume nel termine Juche, “Corrente tradizionale”, che vede nell'autosufficienza la propria base.
Statolatria e culto della personalità.
L'apprensione della comunità internazionale deriva dal futuro incerto della Corea del Nord, e dalle scelte del misterioso Kim Jong Un. Il punto di partenza è che la feroce dittatura nordcoreana fa comodo. Formalmente la guerra tra le due Coree, iniziata nel 1953, non si è mai conclusa, nonostante i buoni propositi della “Dichiarazione congiunta Nord-Sud” del 2000. In una situazione di apparente stallo i vincitori della Guerra di Corea sono principalmente la Cina e il Giappone: meglio le incertezze dello status quo piuttosto che la minaccia di una potentissima (dal punto di vista economico) Corea unita.
La politica estera della Corea del Nord si basa su xenofobia e antiamericanismo: “Avamposto della Tirannia” e parte dell' “Asse del Male” per il Presidente Goerge W. Bush, i rapporti con gli Stati Uniti, anche se non ufficiali, sono in realtà ambigui, con positive aperture raggiunte soprattutto durante la Presidenza Clinton. Per il Regime la contrapposizione con chi sta oltre confine, e in particolare con gli Stati Uniti, è fondamentale per giustificare la povertà diffusa e i problemi del paese, e l'annunciato crollo dell'economia non può che portare a una rapida degenerazione nei rapporti internazionali.
Kim Jong Un prende in mano un paese di 24,5 milioni di abitanti la cui età media è di 33 anni, un territorio ricco di risorse ma abitato da poveri, e , soprattutto, un regime che dispone di un arsenale nucleare. I dubbi sul nuovo leader sono tanti, si invoca principalmente la sua giovane età e inesperienza, ma in realtà del Brillante Compagno si sa ancora poco: esperto d'artiglieria e abile informatico, coreografo di fuochi d'artificio, violento, determinato e imprevedibile – secondo dichiarazioni del cuoco giapponese di Kim Jong Il – il figlio terzogenito del Caro Leader, età esatta ignota, ha studiato in Europa e ha avuto una rapidissima carriera militare e politica raggiungendo prematuramente i vertici dell'Esercito e dello Stato, assumendo infine la carica di Grande Successore.