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Scritto da nel Economia e Mercati, Numero 86 - 1 Febbraio 2012 | 0 commenti

I soldi delle scimmie

Tanto tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana, uno sparuto gruppo di scimmie si era trasformato in un gigantesco pianeta minuscolo, in cui le chilometriche distanze che i primi esemplari coprivano in migliaia di anni venivano superate con un semplice gesto delle dita. Quelle che una volta servivano a strappare i tuberi da sotto terra, a cogliere i frutti degli alberi e poi a tirare l'aratro del bue e il pesce attaccato alla canna, ora si erano staccate dal corpo per condurre un'esistenza metafisica appese a veloci macchine snelle. Un millenario gioco di società ormai trasformato in un videogioco non riusciva a terminare il mostro finale, che le perverse menti del Grande Programmatore avevano inventato.
In quella galassia lontana lontana, il problema principale era stato risolto: non vi era più scarsità dei beni necessari alla sopravvivenza, non c'era più paura di non riempire la pancia dei figli, si poteva vivere dell'ozio e della gestione di quella tecnologia che consentiva uno sviluppo sostenibile dei beni di consumo. Mancava la sconfitta del mostro finale per consentire a quel gruppo evoluto di scimmie di riuscire a trovare pace. Questo mostro finale non si trovava, pur essendo in fondo alle dita di tutti.

Erano i soldi.
Il gioco era questo. I soldi rappresentavano lo strumento per scambiarsi i beni: l'ultimo bene scarso, grazie al quale le scimmie erano state in grado di rendere gli altri beni infiniti, perché avevano potuto concentrare le risorse sui progetti a maggior valore aggiunto, accumulare risorse per costruire macchinari, per mantenere gente improduttiva che aveva potuto studiare e a sua volta migliorare la tecnologia di produzione futura. Così facendo avrebbero potuto stare tutti bene, ma il mostro finale lo impediva. Come fare a sconfiggerlo?

L'esperienza storica di questo pianeta delle scimmie può essere d'aiuto per leggere la vicenda di oggi. In un mondo fortemente antropizzato dove nelle mani dell'uomo stanno le leve della gestione della vita e la natura è sempre più sottomessa al suo volere, larga parte della popolazione mondiale non ha accesso neppure all'acqua potabile e in anni di vita tocca meno soldi di quanti un occidentale non faccia quotidianamente.
Che fare dunque? Si tratta semplicemente di trasformare i soldi in opere e lavoro, le opere e il lavoro in valore per la popolazione o perlomeno di evitare che i soldi impediscano il lavoro e le opere delle persone che non ne dispongono.
Davvero difficile, questo videogioco di società. Lo stesso processo di accumulazione che ci ha condotti fin qui ci potrà distruggere se non siamo in grado di rallentarne l'attrazione gravitazionale. Non potendo ancora avvalerci della consulenza di
Oioio Nqnqn dovremo provare a cavarcela da soli nel capirne la fisica. Quando i soldi erano complessivamente pochi, come le piccole particelle che si aggregavano a costruire il brodo primordiale, la loro aggregazione era necessaria per dare una dimensione al tempo: ora che gli ammassi stellari di soldi sono a uno stadio più maturo di sviluppo rischiano di trasformarsi in buchi neri che inghiottono tutto.

Stiamo scoprendo che per uscire dai buchi neri è sufficiente accendere i motori, ora appesantiti e ingolfati. La scintilla ci scocca nel cervello, se riusciamo a riprendere il collegamento tra esso e la punta delle dita la storia delle scimmie continuerà.

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