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Scritto da nel Numero 87 - 1 Marzo 2012, Scienza | 0 commenti

Che gran nevone!

Saverio sapeva da tempo che sul suo capo pendeva una sentenza di condanna. A morte? Giammai… mica il nostro eroe abitava in uno di quegli Stati a cosiddetta democrazia ridotta, dove si applicano ancora le sentenze capitali, che so… tipo in Texas. No, lui da anni dimorava felicemente nella ex dotta, ex civile, ex bonaria, ex rossa Bologna. E non si trattava nemmeno di una sentenza pronunciata da un giudice bensì da quella sciagurata della sorella che alla veneranda età di 38 anni decideva di unirsi in matrimonio con un bancario di Atripalda e forse di congiungersi carnalmente con questi per la prima volta. Oddio, va bene le lenzuola appese ai balconi, va bene aver abbandonato il paese natio quando ancora qualche mulo scorrazzava per i vicoli dello stesso ma Saverio non avrebbe puntato nemmeno una lira su questa, infausta per la sorella, eventualità.
Quella pazza scatenata di Isabella non solo aveva deciso di organizzare l'evento in pieno inverno ma incredibilmente gli aveva inviato mesi prima anche un formale bigliettino di partecipazione, manco si trattasse di un suo lontano cugino. E da allora questo giaceva intonso e candido sulla mensola dell'unico mobile concessogli in soggiorno dalla sua compagna minimalista.
Il gran giorno era prefissato per domenica 12 febbraio 2012 ma i preparativi in alta Irpinia fervevano già da Natale quando Saverio si era eclissato fra le brume padane con la scusa che doveva assolutamente prepararsi per l'ennesimo vano concorso da ingegnere informatico qual'era, organizzato dalla Provincia di Parma. Alla famiglia aveva assicurato la sua presenza a Bisaccia già dal venerdì sera, al fine di placare, con la sua indolenza, l'isteria collettiva che stava pervadendo l'intero parentado.
Ma il nervosismo cominciò ad insinuarsi in lui già dagli ultimi giorni di febbraio, quando scrutando i siti meteorologici gli si appalesò l'idea di dover affrontare il viaggio sfidando i rigori del “generalissimo” proveniente dalle steppe russe. Si rese definitivamente conto che non si trattava di evanescenti timori quando venne travolto da circa mezzo metro di neve, il sabato precedente la partenza, in quel di San Donnino, ameno rione alla periferia nordest del capoluogo felsineo. Via di badile per due giorni filati allo scopo di liberare dalla bianca slavina la malandata auto cui però aveva da poco montato quattro sagomatissime gomme da neve.
In realtà si era persuaso da tempo di volare sino a Napoli per farsi poi venire a prendere da qualche compaesano a Capodichino. Ciò a scapito della più giovane delle sorelle, Maddalena, appena laureatasi e residente a Urbino, la quale non avrebbe così potuto usufruire di un passaggio a ufo ma si sarebbe dovuta sobbarcare qualche ora di treno da Pesaro a Foggia, più altri svariati traghettamenti. Ma la sorte non era propizia e l'aeroporto Marconi di Bologna funzionava ormai con l'intermittenza di un lampione morente. Il treno? Certo potrebbe risultare una valida alternativa, più economica e senza lo stress della guida; non fosse che per raggiungere le aree interne del sud Italia bisogna munirsi di un buon processore per calcolare tutte le coincidenze d'orario e non fosse che, quando nevica, le rotaie su cui scorre da ferro indistruttibile divengono di burro, col rischio di rimanere ammollati per ore a guardare dal finestrino distese bianche in aperta campagna sino a concepire una sola domanda: quanto tempo occorre all'uomo per l'assideramento?
A quel punto Saverio ruppe gli indugi, chiamò Maddalena e le intimò di non muoversi che venerdì mezzogiorno l'avrebbe aspettata fuori dalle mura dell'incantevole cittadina del Montefeltro con due splendide cresce sfogliate al caldo del cruscotto. Venerdì 10 febbraio di buon mattino, confortato da un pallido sole, nonostante i -9 registrati dal termometro dell'auto, Saverio imboccò la A14 dal casello di San Lazzaro, con la frequenza fissa su Radio Due in attesa degli aggiornamenti di Onda verde….tanto la istituzionale Isoradio non si sente per più di 5 km ogni 100. A Imola era già un inferno di spazzaneve, spandisale, camion traversati, luci blu che convogliavano le auto per controllare la presenza di catene a bordo. Insomma in compagnia di tutti i luoghi comuni che scaturiscono da un viaggio nella tormenta, intorno a mezzogiorno, dopo circa 3 ore di viaggio fra continui stop and go e qualche tazza di caffè negli autogrill, giunse all'uscita di Cesena Nord, dove tante soddisfazioni da viaggiatore furbo si era preso nei giorni estivi da bollino nero, allorquando, salutando la compagnia di rombanti Suv e monovolume diretti verso le limpide acque adriatiche, metteva la freccia in direzione della ruvida E45 Cesena-Perugia-Orte. A sto giro manco a parlarne…la radio puntuale raccontava di metri di neve sul Vedegheto ed i Mandrioli, a spezzare in due l'Appennino, facendo rivivere i tempi di Cesare, il Rubicone e la Gallia.
Quindi santa pazienza e giù verso Pesaro. Ma che cumuli si vedevano di là dal guard rail? Una massa lattiginosa che pareva volersi riversare dai bordi sull'asfalto per imprigionare le auto ed uniformarle alla staticità del paesaggio diffuso, quasi come una ribellione della natura, per una volta dominante, che non accetta il fluire meccanico su una striscia del suo territorio. Dopo peripezie, bestemmie, affratellamenti con altri disgraziati in viaggio, solo al calare delle tenebre Saverio lasciò l'autostrada e si immise sulla Pesaro-Urbino. Lasciata la costa la situazione sfiorava vertici di drammaticità insinuandogli l'idea di non riuscire a raggiungere nemmeno la prima provvisoria tappa della sua personale Odissea.
I lanci di agenzia rimandavano di paesi dell'entroterra irraggiungibili…Pennabilli, Carpegna, Montecopiolo. La neve pareva sgorgare da una condotta fognaria saltata per l'eccessiva pressione, avvolgeva ormai tutto e accendeva la sera di un bianco sfocato. Macchine poche e sempre più impacciate ma lui aveva una missione da compiere, non poteva certo permettersi di lasciare le sorelle disgiunte. Stremato arrivò nella cittadina universitaria quando ormai era ora di cena con un solo pensiero: si rimanda di un giorno e ci si ritempra da tale massacro, a costo di perpetrare un fratricidio nel caso di obiezioni.
All'alba del sabato Saverio e Maddalena si collegarono a Google Maps per verificare le possibili alternative, colazione veloce e furono già in marcia verso sud dove li aspettava una nevicata colossale sia in tutta la zona del Conero, sia lungo l'intera tratta dell'autostrada fra Porto San Giorgio e Ortona. Ormai non c'erano altimetrie o latitudini a confondere l'irruzione della perturbazione nevosa che dai Balcani attraversa l'Adriatico. Sicura come un bisturi, questa dirigeva tutto il suo gelo e il suo carico di umidità e precipitazioni dritto verso la parte orientale dello Stivale ma grazie ad una notevole forza interiore non disdegnava di scavalcare l'Appennino per mettere in croce l
'asfittico Alemanno, non un personaggio teutonico avvezzo ai climi rigidi ma un sindaco capitale che confonde le unità di misura.

Maddalena fungeva da radio numero due, anzi numero uno visto che la frenesia e la concitazione con cui commentava ogni sbandata delle auto avanti sopraffaceva di gran lunga qualsiasi musica o parola provenisse dall'impianto stereo. Dopo ore di viaggio ed una ferma interminabile imposta dalla Polstrada i due malcapitati a metà pomeriggio erano ancora a Giulianova. A tal punto la svolta alla pianificazione incombeva di nuovo sulla testa di Saverio. A San Severo viveva una coppia di amici conosciuti negli anni dell'università che con una laurea in tasca in agronomia avevano deciso di abbandonare la fertile Emilia per coltivare gli ulivi del nonno fra muretti a secco e profumo di grano. Gomitata agile ma innocua per placare le rimostranze della sorella e già era attaccato al cellulare col padre per annunciare l'ennesima dilazione e chiedere se anche al paese si vivevano situazioni scandinave. Preso atto che nella notte la strada che congiunge Lacedonia e Bisaccia sarebbe senz'altro stata chiusa per neve e gelo, Saverio prudente continuò a condurre la sua vettura fuori dalle secche della tormenta ma solo dopo Vasto riuscì a tirare un sospiro di sollievo ed allentare un po' la concentrazione. Finalmente la neve si fece debole, a tratti smetteva, a volte era mista a pioggia. Una ricca cena a base di olive, guarda un po' dove si spinge la fantasia degli agronomi, li attese intorno alle 21 e dopo essa il meritato riposo. L'indomani ripartirono alla volta di Bisaccia e raggiunsero direttamente la chiesa madre del paese ma lì vennero fulminati e raggelati dal sorriso disinvolto e rassicurante di Isabella che avvolta in una mantella d'altri tempi, non fosse per gli sgargianti colori che facevano più Messico che Irpinia, serenamente li apostrofò: “Ma che siete venuti a fare con tutta sta neve? Ah… il matrimonio? Beh… ho mandato tutto a monte stanotte, sapessi mamma.. la pressione gli è schizzata subito a mille. Papà no, stranamente tranquillo si è messo a spalare neve dal tetto, forse perché terrorizzato dalle scarpe nuove, scomode e a rischio capitombolo sul ghiaccio”. Saverio stava per strozzarla quando si interpose la sorella che riuscì solo a pronunciare: “Ma perché? Che ti è successo? E Antonio?”. La risposta serafica di Isabella: “Ma ho sempre esaltato i rapporti di convivenza e poi mi smentisco clamorosamente? E poi…ma mi ci vedevate proprio con una bancario di Atripalda? Dai che oggi si festeggia la rimpatriata davanti ad un bel piatto di maccaronara”.
Escamotage narrativo di bassa lega sia per riassumere quali popolazioni italiche hanno subito maggiormente il calvario della zampata invernale che ha sconvolto il mese di febbraio, sia per non debordare dall'argomento meteo proprio in questo numero della rivista tutto dedicato a tale materia.
Ed anche una sintesi della diatriba accennata in fase di previsione quando ci si pose il quesito se si trattasse di un evento eccezionale paragonabile alle storiche annate del '29, '56 e '85 o di un normale seppur cruento episodio invernale? Bene, per le regioni attraversate in questo viaggio immaginario si può propendere per la prima ipotesi ma a mio avviso per assurgere ad evento storico doveva propagarsi su una fetta di territorio più vasta e durare qualcosa più di una dozzina di giorni.
Ma che meteo ci aspetta in marzo? Si filerà sulla falsariga del clamore di eventi estremi o si avrà un tranquillo mese di transizione verso la stagione calda? Marzo di per sé tranquillo non lo è mai come suffragato anche dai proverbi che lo avvicinano abbastanza all'instabilità di Isabella. Però le correnti europee alle alte quote sono tornate a disporsi abbastanza sulla linea dei paralleli, come si intravide già per l'ultima decade di questo mese. Di conseguenza le alte pressioni dovrebbero avere vita facile per assicurare bel tempo al bacino mediterraneo. Un colpo di coda invernale pare però si presenterà fra il 5 e il 10 marzo, dopo che ci saremo fatti la bocca alle temperature diurne sui 20°. Ma sarà probabilmente un sussulto estremo di una stagione moribonda. Anche se intorno al 20 marzo potrebbe riproporsi pazzeriello e regalare un po' di precipitazioni anche ad un Nord che oltre Po e specie sul Triveneto è stato piuttosto siccitoso. Insomma un mese non proprio tranquillo ma pupazzi di neve davanti a Montecitorio certo non ce ne saranno più….magari qualche pupazzo “tecnico”, quello sì…va di moda.

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