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Scritto da nel Economia e Mercati, Numero 87 - 1 Marzo 2012 | 0 commenti

Un piano di piccole opere per salvare il territorio

A Cardinale, un paesino dell'entroterra calabrese, nella zona cosiddetta delle preserre, sono bastati un paio di giorni di pioggia intensa per far franare parte di una collina che lo sormonta. L'ondata di fango che ha invaso il centro storico non ha fatto breccia nei media nazionali poiché, fortunatamente, non vi sono stati danni alle persone, ma solamente tanta paura e lo sgombero di decine di abitazioni. La ricognizione del territorio dall'alto fatta dai tecnici della protezione civile, che hanno sorvolato diverse volte la collina, ha evidenziato le ferite della montagna, ossia la presenza di diverse crepe che hanno originato una miriade di smottamenti, generando un effetto a catena e trascinando a valle fango, acqua, detriti. Le cause: disboscamento selvaggio, lavori di contenimento incompleti (iniziati 12 anni fa, spesi oltre 9 miliardi delle vecchie lire), folle progetto di costruzione di una strada panoramica sulla collina per valorizzare il centro storico.

Le piogge abbondanti, che si sono aggiunte alle copiose nevicate delle prime settimane di febbraio, hanno causato la piena di diversi fiumi, torrenti e fiumare, che sono esondati in vari punti della provincia di Catanzaro. I danni maggiori sono stati registrati proprio in prossimità dei cantieri della «nuova» superstrada che un giorno collegherà il mar Tirreno al mar Ionio, e per l'esattezza due delle «perle» della Calabria, Soverato e Tropea, passando per la deliziosa Serra San Bruno. Creare un varco nelle verdissime e impervie serre calabresi, forando e disboscando, evidentemente ha comportato e comporterà delle conseguenze proporzionali allo scempio eseguito.

Questa premessa è utile per alimentare una breve riflessione ad ampio raggio sull'opportunità della costruzione delle grandi opere, viste da molti come uno degli ultimi volano di sviluppo e creazione di nuovi posti di lavoro in questa epoca di crisi economica o sistemica della quale è arduo vedere la fine. Tale riflessione è necessaria in quanto proprio queste infrastrutture, in determinati casi, sono necessarie per agevolare la quotidianità della popolazione. Allo stesso modo, in un territorio ormai deturpato da decenni di menefreghismo e illegalità, nuove colate di cemento pare possano compromettere definitivamente l'ormai logoro equilibrio idrogeologico dell'intera penisola.

Si, perché finalmente non si tratta di un problema del solo Mezzogiorno, dovuto alla proverbiale imperizia di governanti e funzionari meridionali. Ma riguarda l'interna nazione, visto che le alluvioni si susseguono senza soluzione di continuità da autunno a primavera in tutta Italia, evidenziando l'impreparazione delle amministrazioni comunali ad affrontare eventi del genere; ma soprattutto mettendo in risalto una quantità abnorme di costruzioni abusive e altresì l'assenza di tutela dei corsi d'acqua, non più rispettati né puliti come in passato.

E' certo che l'argomento riscuoterà sempre maggiore attenzione in quanto i fenomeni atmosferici «estremi» aumenteranno in futuro la loro cadenza, facendo emergere chiaramente l'instabilità del territorio italico. L'inverno in corso ne è un esempio lampante: piogge torrenziali concentrate in breve tempo, nevicate epocali, freddo polare alternato a giornate primaverili. E alcuni meteorologi preannunciano già un'estate secca e caldissima.

Per minimizzare i danni ed affrontare al meglio il conto che la Natura presenterà all'uomo, è quindi opportuna un'accurata selezione degli ulteriori deturpamenti da infliggere alle nostre pianure, colline e montagne. Un esempio di grande attualità: è proprio necessario fare un buco di 50 chilometri di lunghezza in Val di Susa (già perforata da un'autostrada, una doppia rete ferroviaria, tre elettrodotti) per l'alta velocità destinata al trasporto merci, nonostante proprio gli scambi commerciali che attraversano questa dogana siano in diminuzione e l'attuale rete ferroviaria venga sfruttata solo al 30%? Inoltre, durante parte dei 15 anni che occorreranno per completare i lavori gli attuali binari saranno chiusi e il traffico merci sarà interamente su gomma, con notevole impatto ambientale per vallata (che già dovrebbe sopportare l'inquinamento dei mezzi da lavoro). E infine pare proprio che i treni ad alta velocità non possano trasportare merci particolarmente pesanti, altrimenti si danneggerebbero. E gli stessi mezzi potrebbero viaggiare solo di giorno perché di notte è obbligatoria la manutenzione. Per non parlare della costruzione di una stazione internazionale in un piccolo borgo della valle…

Insomma, il buon senso dovrebbe consigliare a tutti i governanti di ridiscutere l'opera, se non di accantonarla definitivamente, per il bene della montagna e dei soldi pubblici. Piuttosto, sarebbe opportuno investire il denaro delle grandi opere che presentano tanti lati negativi (come la TAV in Val di Susa) in una miriade di piccole opere pubbliche destinate a stabilizzare l'assetto idrogeologico del territorio, abbellire i nostri paesaggi e le nostre città e migliorare i servizi al cittadino (pulizia e tutela di corsi d'acqua, foci e verde pubblico, ristrutturazione edifici ed infrastrutture esistenti, miglioramento servizi di trasporto pubblico, ecc.). E' auspicabile quindi optare per tantissimi interventi mirati e limitati nel tempo, nell'ambito di una concezione più umana della pianificazione industriale ed economica.

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