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Scritto da nel Numero 89 - 1 Maggio 2012, Scienza | 0 commenti

Odiati Transalpini

Non corre buon sangue con i cugini francesi nonostante la contiguità territoriale e la comune derivazione linguistica. E' un sentimento diffuso e reciproco, sedimentato da tempi ben più remoti della testata di Zidane, anche se poco razionale tutto sommato. Non vi sono ragioni storiche recenti che possano aver contribuito ad alimentare l'antipatia, a parte un paio di incipit bellici su fronti opposti che, stante il trasformismo ed il non militarismo italico, non possono risultare rilevanti. Non vi sono nemmeno differenze di latitudine che abbiano portato a tratti caratteriali inconciliabili, anzi risultano maggiori le affinità comportamentali. Pure dal punto di vista sociale e politico, di cui qui ci occuperemo, e da quello per noi consueto della meteorologia, Francia e Italia vanno spesso a braccetto. Di fatto è un sentimento d'odio che si autoalimenta inconsapevolmente, per via quasi epidemica, e che fondamentalmente poggia su un presunto doppio complesso, di inferiorità nostra e di superiorità loro. Un mix di ammirazione ed invidia tutto particolare che scivola più sul crinale della passione che su quello della forza che caratterizza invece i rapporti franco-tedeschi.

Certo la storia narra di vicende anche profondamente differenti: si pensi che mentre l'Italia cercava ancora una sua identità comune, la Francia era fieramente uno stato-nazione imperniato sulla centralizzazione amministrativa, nonché il luogo dove per prima si è sperimentata la rivoluzione e sono saltate le teste dell'aristocrazia. Ma venendo ad epoche più recenti, dal dopoguerra in poi, erano invece entrambi questi stati ad avere i più grandi partiti comunisti d'Occidente, erano le loro piazze a vedere le più corpose mobilitazioni di popolo, era nei loro luoghi di lavoro che si radicalizzavano le proteste e si organizzavano gli scioperi più imponenti. Quindi scrutare di là dal Frejus può ancora essere utile per capire quali dinamiche sociali e politiche si potranno produrre anche qui da noi, oltre che per fiutare, in campo progressista e delle sinistre europee, che aria tiri in generale.

Il primo turno delle elezioni presidenziali francesi, appena conclusosi, seppure in attesa del ballottaggio, il quale, comunque andrà, non modifica le linee di fondo dell'analisi, ci dice che forse dalla crisi economica si esce da destra o quanto meno che i cittadini francesi così hanno risposto. Solo i lungimiranti esponenti della sinistra italiana possono esaltarsi per il misero 40% di elettorato d'oltralpe che ha scelto partiti con una visione non schiacciata sul liberismo sfrenato, sulla supremazia della finanza e sulla redistribuzione alla rovescia delle ricchezze. Ed ho volutamente scelto tre variabili sintoniche, perché se invece dovessi sviscerare la visione di mondo che hanno parte del partito socialista di Hollande da un lato e la gauche raggruppatasi attorno a Melenchon dall'altro, probabilmente si finirebbe per rivalutare la foto di Vasto fra gli esponenti delle nostre sinistre.

Il rimanente 60% dell'elettorato ha scelto invece di appoggiare partiti centristi come quello di Bayrou o di centro-destra come quello di Sarkozy ma soprattutto di premiare l'estrema destra populista e nazionalista della figlia di Le Pen, sino a renderle un significativo 18% dei consensi. Cosa c'è dentro a quel voto? Difficile dirlo anche se senz'altro si può ritenere che sia diretta emanazione della crisi economica europea. Non credo che si possa pensare che un quinto dei transalpini improvvisamente abbracci convinto un'ideologia fascista e razzista, storicamente antitetica rispetto alla sua tradizione. E' facile che su quelle schede si siano riversate rabbia e frustrazioni derivanti dal senso di impotenza verso le centrali del potere economico-finanziario e dal senso di insicurezza nel futuro proprio e delle generazioni a venire. Però quand'anche ci fossero ragioni complesse alla base di quel voto esso si è manifestato in quei termini, perdipiù a fronte di un'alta e sorprendente partecipazione, il che significa quantitativamente milioni di voti. La protesta e la delusione non si sono incanalate nella disaffezione e nell'astensionismo ma hanno determinato una scelta precisa nel panorama delle proposte politiche, operando una svolta a destra.

La storia ci ha già insegnato che di fronte ai drammi della stagnazione o recessione economica, se nel panorama politico le sinistre non sanno proporre una forte e strutturata alternativa di sistema, l'elettorato si affida alla versione “popolare” delle formazioni di destra, quando non direttamente all'uomo forte, a colui che in forza di una legittimazione dal basso può porre limiti allo strapotere della finanza. Certo i tempi mutano ed è davvero complicato fare analisi con gli schemi del passato. Però non si può trascurare la malaugurata idea che possa servire una “scossa”, sia per ridare speranze a popolazioni depresse sia per rimettere in moto circuiti economici ingessati. Se la scossa sarà la fine dell'euro ed un'Europa a due velocità, o la nascita di pseudo regimi nazionalisti, o un investimento in arsenali bellici ed in economia della ricostruzione, si entrerà in un lungo tunnel di paura. Se la scossa non ci sarà il rischio concreto è una cottura a fuoco lento che impoverirà dolcemente fette sempre maggiori di popolazione, rimettendo le lancette dell'orologio indietro di qualche secolo.

Sarebbe dunque urgente trovare diverse tensioni di corrente ma nella vicina Francia per ora non si sono intraviste nuove centrali elettriche. In questo clima di apatia generalizzata che inficia le sinistre europee dai tempi della scelta blairiana dell'accettazione del modello capitalista, non credo si possano riporre grandi speranze nemmeno nell'oculatezza dell'elettorato italiano, pure in passato battagliero almeno quanto quello degli odiati cugini. Che non siano allora proprio i tedeschi, che meno soffrono la crisi, a toglierci le castagne dal fuoco il prossimo anno e ad aprirci nuovi orizzonti socialdemocratici?

Se dalla Francia non paiono giungere venti di rivolta altrettanto non si può dire per i venti di tempesta che, pur senza prefigurare alcun scenario tardo invernale e pur scemando di intensità nel loro avanzare verso est, toglieranno velleità ed illusioni di precoci fiammate estive. In sostanza chi è riuscito a prendere la prima tintarella in questo weekend bene, per gli altri ci sarà tempo da dedicare al footing ed alla palestra, prima di poter sfoggiare i costumi da bagno.

Dopo un abbondante apporto di piogge al centro-nord nel giorno della Festa dei lavoratori, accompagnato poi da un calo delle temperature, la situazione generale del tempo nelle nostre regioni dovrebbe ripercorre lo schema tipico primaverile, con alternanza di nu
bi e schiarite e temperature nella norma; più protetto dall'anticiclone sarà però il sud Italia, specie versanti jonici ed adriatici, dove con il richiamo delle correnti calde prefrontali si continuerà ad assaporare un principio di estate. Se le resistenze dell'area di alta pressione alle incursioni dai quadranti occidentali saranno maggiori, la protezione potrebbe estendersi sino alle regioni centrali ed alla Romagna, dove non si verificheranno le piogge torrenziali che potrebbero cadere invece su Piemonte, Lombardia ed aree alpine e prealpine.


Dalla settimana successiva invece il quadro barico volgerà decisamente al bello con un nuovo rialzo pressorio che potrebbe sfociare in una metà mese con punte elevate di temperatura e sole diffuso su tutte le aree a sud del Po, il tutto in un contesto di affermazione dell'anticiclone proprio sui bacini mediterranei occidentali. Sono consigliate le gite in Costa Azzurra dunque, dove magari fra uno champagne ed un giro in Ferrari, potrete amabilmente conversare con qualche elettore lepeniano (nella regione, il Front National ha raggiunto punte del 25-30% dei consensi) che vi spiegherà i motivi del suo voto.

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