Racconto di Maiale
Stavo soffriggendo della pancetta per preparare la carbonara.
Aprii il frigo, e mentre cercavo le uova da sbattere, mi accorsi di avere del ragù iniziato.
La mente vagò nei meandri dei miei ricordi, frammenti piuttosto malmessi, per ricordare quando questa prelibatezza fosse stata scongelata.
Scusate la modestia, non che sia un gran cuoco, ma il ragù mi viene proprio bene.
Tradizione che mi è stata tramandata da mio padre, Nerio, che iniziò a mescolare sapientemente il ragù prima di dire la prima parola, che imparò a sua volta da mia nonna Elvira, che leggenda vuole fece il primo ragù prima ancora di muovere i primi passi.
Insomma, mentre gli sherpa della mia memoria litigavano ancora sul pranzo di due giorni prima, colto da dubbio che cotesto ragù potesse andare a male, decisi senza alcun dubbio di unire il tutto.
Semplicemente sublime.
Come d'incanto la cucina tramutò, e mi ritrovai catapultato in mondo nuovo, un mondo migliore.
Branchi di braciole inseguite da costolette fameliche, maialetti da latte che facevano il bagno in fiumi di strutto, per poi andare ad infilzarsi da soli in spiedi che, non chiedetemi come potessi saperlo, roteavano da secoli. Non prima di essersi educatamente messi in bocca una dolcissima mela.
Di lato potevano scorgersi fontane di Nduja, che andavano ad irrigare piantagioni di salami.
Più in fondo, salsicce di varia fattura tra cui potevo scorgere luganesi, sulzezza zala bouna e fina, salsicce di maiale sott'olio, salsiccia di pignone, sartizzu, salsiccia pasqualora e tante altre che pregavano verso un grande totem di Salsiccia Matta.
Fu il campanello di casa mia a risvegliarmi.
Quando aprii la porta, ad aspettarmi c'era un cinghiale.
Gli occhi più dolci che avessi mai visto.
Aprii il frigo, e mentre cercavo le uova da sbattere, mi accorsi di avere del ragù iniziato.
La mente vagò nei meandri dei miei ricordi, frammenti piuttosto malmessi, per ricordare quando questa prelibatezza fosse stata scongelata.
Scusate la modestia, non che sia un gran cuoco, ma il ragù mi viene proprio bene.
Tradizione che mi è stata tramandata da mio padre, Nerio, che iniziò a mescolare sapientemente il ragù prima di dire la prima parola, che imparò a sua volta da mia nonna Elvira, che leggenda vuole fece il primo ragù prima ancora di muovere i primi passi.
Insomma, mentre gli sherpa della mia memoria litigavano ancora sul pranzo di due giorni prima, colto da dubbio che cotesto ragù potesse andare a male, decisi senza alcun dubbio di unire il tutto.
Semplicemente sublime.
Come d'incanto la cucina tramutò, e mi ritrovai catapultato in mondo nuovo, un mondo migliore.
Branchi di braciole inseguite da costolette fameliche, maialetti da latte che facevano il bagno in fiumi di strutto, per poi andare ad infilzarsi da soli in spiedi che, non chiedetemi come potessi saperlo, roteavano da secoli. Non prima di essersi educatamente messi in bocca una dolcissima mela.
Di lato potevano scorgersi fontane di Nduja, che andavano ad irrigare piantagioni di salami.
Più in fondo, salsicce di varia fattura tra cui potevo scorgere luganesi, sulzezza zala bouna e fina, salsicce di maiale sott'olio, salsiccia di pignone, sartizzu, salsiccia pasqualora e tante altre che pregavano verso un grande totem di Salsiccia Matta.
Fu il campanello di casa mia a risvegliarmi.
Quando aprii la porta, ad aspettarmi c'era un cinghiale.
Gli occhi più dolci che avessi mai visto.
