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Scritto da nel Internazionale, Numero 92 - 1 Agosto 2012 | 0 commenti

La Primavera araba travolge anche Assad. Su Damasco l'ombra di Al Qaida

L'esponenente dell'opposizione siriana Haytham Al Maleh ha annunciato in conferenza stampa di essere stato incaricato di formare un governo in esilio che avrà la sua base al Cairo. “Sono stato incaricato di guidare un governo di transizione e di avviare le consultazioni” con l'opposizione in Siria e in esilio, ha dichiarato Al Maleh nella capitale egiziana
Questa è l'ultima novità sulla crisi siriana, ultimo focolaio acceso in quel complicato scacchiere che è il medioriente, ultimo di quell'onda provocata dalla cosidetta primavera araba, cominciata, simbolicamente, il 18 dicembre 2010 in Tunisia.
La voglia di democrazia e diritti da parte delle popolazioni arabe sembrerebbe intatta, anche se il conflitto non può essere affidato ad una sola chiave di lettura.
Secondo il “Guardian”, Al Qaida starebbe combattendo al fianco dei ribelli siriani nell'est del Paese, mettendo a disposizione la propria esperienza in ordigni e autobomba.
Il corrispondente del giornale britannico, Deir Ezzor, ha incontrato i combattenti che hanno lasciato l'Esercito libero siriano per unirsi ai jihadisti, definiti 'ghuraba'a' (stranieri).
I combattenti di al Qaida cercano però di nascondere la loro presenza. “Alcune persone hanno paura di sventolare la bandiera nera – ha raccontato al quotidiano britannico Abu Khunder, comandante di una brigata di jihadisti – temono che l'America decida di intervenire per combattere contro di noi. Per questo combattiamo in segreto. Perchè fornire a Bashar (al Assad) e all'Occidente un pretesto?”. Tuttavia, ha puntualizzato, i combattenti di al Qaida operano a stretto contatto con il consiglio militare che comanda le brigate dell'Esercito libero siriano nella regione: “Ci incontriamo quasi ogni giorno. Abbiamo chiare istruzioni dalla nostra leadership sul fatto che se l'Esercito libero siriano ha bisogno del nostro aiuto dobbiamo intervenire. Li aiutiamo con ordigni e autobomba. La nostra specialità sono le operazioni con ordigni esplosivi”.
“All'inizio eravamo in pochi – ha aggiunto – ora, grazie ad Allah, ci sono immigrati che si stanno unendo a noi, portando la loro esperienza. Uomini provenienti da Yemen, Arabia Saudita, Iraq e Giordania”. L'obiettivo di al Qaida è “creare uno Stato islamico e non uno Stato siriano”, ha concluso.
Già al Jazeera e il New York Times avevano riferito di un crescente ruolo dei jihadisti stranieri nella guerra in atto in Siria.
Assad ha rifiutato di accettare un salvacondotto e lasciare la Siria cos' come proposto dalla Lega Araba, così come non lo ha fatto Gheddafi e Mubarak, l'unico ad accettare fu il tunisino Ben Alì.
Lo scorso 18 luglio un kamikaze, facendosi saltare in aria ha ucciso il ministro della Difesa, il generale cristiano Dawoud Rajha, e il suo vice, Assef Shawkat, cognato di Assad, e il ministro dell'Interno, Mohammad Ibrahim Al-Shaar, e il consigliere militare del Presidente ed ex ministro della Difesa, Hassan Turkman.
Cosa accadrà in Siria? Assad finirà in carcere, scapperà all'estero o avrà una terribile sorte come Gheddafi?
L'unico dato, finora certo, è che dall'inizio della crisi siriana sono state solo nella prima metà di marzo 2011, oltre 9.000 vittime, più di 700.000 siriani sono rimasti sfollati e oggi è quanto mai difficile fare un bilancio esatto.
Per gli interventi in Siria, l'UNICEF ha urgente bisogno di 18,8 milioni di dollari: finora ha ricevuto appena il 26% dei fondi necessari, con un ammanco di 14 milioni di dollari.

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